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La crescita del feto può procedere in maniera anomala rispetto a quanto dovrebbe e potrebbe e tale irregolarità può essere responsabile di tante conseguenze, alcune anche molto gravi.
Il portale WebMD la definisce come la condizione per cui un feto è più piccolo di quanto dovrebbe essere in quanto non cresce a un ritmo normale. Più precisamente questo studio suggerisce la definizione di una condizione che presenta un tasso di crescita fetale inferiore a quello normale alla luce del potenziale di crescita di quello specifico neonato.
Il riferimento della norma è dato dalle cosiddette curve di crescita (curve di Fenton) che, come precisa il Manuale MSD, tenendo conto dell’età gestazionale e di alcuni parametri fisici (altezza, peso e circonferenza cranica), consentono una valutazione più precisa. Si parla di “normalità” quando il peso alla nascita del bambino è compreso tra il 10° e il 90° percentile rispetto all’età gestazionale, sesso e razza, senza elementi di malnutrizione e ritardo di crescita.
Il ritardo di crescita intrauterino è una valutazione fondamentale da condurre durante la gravidanza in quanto, come riferito dall’American Academy of Family Physicians (AAFP), rappresenta una condizione responsabile di significativi casi di morbilità e mortalità fetale. È un fenomeno tristemente diffuso nei Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo con un’incidenza maggiore nel continente asiatico (circa il 75% di tutti i neonati con ritardo di crescita intrauterino) e poi in quello africano e latinoamericano.
Il ritardo di crescita intrauterino può essere causato da diversi fattori. Uno studio pubblicato su ScienceDirect indica come prevalentemente si tratti di una conseguenza di disturbi materni, uterini, placentari o fetali.
Questi disturbi, infatti, possono: influenzare l’apporto di ossigeno e nutrienti alla placenta (cause materne), anomalie nel trasferimento di nutrienti e ossigeno (cause placentari) o problemi nell’assorbimento dei nutrienti o la regolazione dei processi di crescita (cause fetali) in modo da condizionare quello che avrebbe dovuto essere il normale sviluppo del feto.
La restrizione della crescita fetale può essere simmetrica, asimmetrica o mista. Nel primo caso l’altezza, il peso e la circonferenza cranica sono ugualmente interessati, mentre in quella asimmetrica è il peso a essere maggiormente colpito. Nella forma mista i neonati hanno cellule più piccole in numero minore manifestando caratteristiche cliniche sia del ritardo di crescita intrauterino simmetrico che di quello asimmetrico.
Come anticipato possono esserci diverse cause e fattori di rischio che determinano un ritardo nella crescita del feto. Generalmente le forme simmetriche insorgono all’inizio della gestazione (nel primo trimestre) e dipendono a da patologie genetiche o da infezioni come la toxoplasmosi, la rosolia e il cytomegalovirus. Le forme asimmetriche, invece, si manifestano prevalentemente tra il secondo e il terzo trimestre di gestazione a causa di malattie che determinano un’insufficienza placentare o una malnutrizione materna.
Tra le principali rientrano le malattie vascolari, i disturbi ipertensivi della gravidanza, infezioni materne, la malattia renale cronica, la trombofilia, un diabete di lunga durata, le malformazioni congenite e le anomalie cromosomiche (come la Trisomia 18 e la Sindrome di Down).
Tra i fattori di rischio vanno considerati anche l’uso prolungato di alcol, tabacco, cocaina e oppiacei durante la gravidanza, l’assunzione di farmaci antiepilettici, il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e una gravidanza multipla, specialmente quelle nelle quali vi è la condivisione della placenta (gravidanza monocoriale) e il conseguente rischio di sindrome da trasfusione feto fetale (TTTS).
Generalmente il ritardo di crescita intrauterino, che interessa il 10% di tutte le gravidanze, evidenzia il Cleveland Clinic, si diagnostica a partire dalla ventesima settimana di gestazione, quando vengono effettuate le prime misurazioni fetali. Vengono utilizzate, come detto, le curve di crescita basate sul calcolo dell’età gestazionale.
Le principali misurazioni impiegate sono quelle legate all’altezza del fondo uterino (la dimensione presa dalla parte superiore dell’osso pubico fino alla parte superiore dell’utero), il peso materno, il monitoraggio della frequenza cardiaca fetale e la biometria fetale (peso stimato, circonferenza cranica e circonferenza addominale) misurate attraverso l’ecografia.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità utilizza come criterio per la diagnosi di IUGR un peso inferiore a 2500g o più basso rispetto al 10° percentile per l’età gestazionale.
Sebbene i neonati piccoli per l’età gestazionale nati a termine non presentino le complicanze tipiche legate all’immaturità degli organi dei nati pretermine, essi non sono esenti da numerose e gravi complicanze. Tra le principali vanno segnalate la necessità di parto cesareo, l’asfissia perinatale, l’aspirazione di meconio, l’ipoglicemia, la policitemia e l’ipotermia.
A eccezione dell’asfissia perinatale, nelle altre condizioni solitamente la prognosi legata al ritardo di crescita intrauterino è abbastanza buona, anche se non è da escludere che con il passare degli anni l’adulto nato con un IUGR possa andare incontro a ictus, ipertensione e cardiopatia ischemica per effetto di anormale sviluppo vascolare.
Nei ritardi di crescita causati da infezioni, tossicodipendenza materna o fattori genetici, la prognosi è peggiore, mentre se esso è conseguente a un’insufficienza placentare cronica è possibile prevedere un sufficiente recupero dopo la nascita tramite un’adeguata nutrizione.
Di per sé non esiste una cura risolutiva del ritardo di crescita intrauterino e la terapia si basa sulle condizioni sottostanti responsabili del fenomeno e la prevenzione e gestione delle complicanze.
Si rivela fondamentale l’investimento sulla prevenzione evitando fumo, alcol e droghe durante la gravidanza e seguendo un’alimentazione sana e adeguata.
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