
La placenta è un organo in comune tra la donna e il feto, si sviluppa con l'embrione e garantisce il passaggio dei nutrimenti e lo scambio di ossi...
La placenta accreta si riconosce, solitamente, al momento del parto, quando la placenta non viene espulsa. Può causare emorragie anche potenzialmente fatali. Ne abbiamo parlato con l'esperto.
Quando questi villi crescono oltre misura, in maniera patologica, e arrivano al miometrio uterino, si parla di placenta accreta. Si tratta di una condizione difficile da diagnosticare e che può creare problemi al momento del parto. Ne abbiamo parlato con il dottor Luca Zurzolo, specialista in ginecologia e ostetricia.
La placenta è un organo in comune tra la donna e il feto, si sviluppa con l'embrione e garantisce il passaggio dei nutrimenti e lo scambio di ossi...
La placenta agisce come un filtro, che lascia passare le sostanze nutritive dalla mamma al feto e depura il sangue dalle sostanze nocive, così come ci spiega il dottor Zurzolo:
La placenta è un organo di connessione tra la mamma e il feto. Per cui, da un lato avremo una faccia materna della placenta con una serie di vasi che perforano le pareti dell’utero e creano delle connessioni vascolari; dall’altro lato, sulla faccia fetale, si formerà il cordone ombelicale, che si connette al bimbo per fargli arrivare il nutrimento e l’ossigeno. La placenta depura il sangue materno dalle sostanze potenzialmente nocive per il feto.
Cosa vuol dire però se è accreta?
La placenta ha un certo grado di invasione della parete uterina: normalmente si creano dei piccoli vasi, poco tenaci, che dopo il parto fisiologicamente si chiudono, e la placenta si stacca. Il tutto avviene solitamente entro massimo trenta minuti dalla nascita. A volte, però, tende a creare delle connessioni troppo forti con la parete dell’utero, arrivando alla muscolatura uterina, e non riesce a staccarsi correttamente. Questa condizione è nota come placenta accreta: una placenta che non si stacca dall’utero dopo la nascita del bambino.
Ci sono fattori che possono predisporre a questa condizione?
La placenta previa è un fattore predisponente. Ovvero, nel suo sviluppo la placenta può andare fisiologicamente a posizionarsi in vari punti dell’utero, e si parla perciò di placenta posteriore, anteriore, laterale destra o sinistra e fundica. Non è fisiologico invece il posizionamento davanti all’orifizio uterino interno, cioè davanti alla via di uscita del feto. In questo caso parliamo di placenta previa. Si tratta di un fattore predisponente all’accretismo placentare perché la placenta va a posizionarsi in un punto dell’utero che è più sottile ed è quindi più facile che questi vasi non abbiano le loro regolari connessioni.
Altri possibili fattori di rischio includono:
La placenta accreta è quasi sempre asintomatica, così come ci spiega il dottore Zurzolo:
Solitamente è solo al momento del parto che ci si rende conto della presenza di accretismo placentare, proprio a causa del ritardo nel secondamento, e perché può esserci un sanguinamento profuso.
Come si può diagnosticare la placenta accreta?
Proprio perché è asintomatica, è difficile da diagnosticare. Servono degli esami specifici che però non fanno parte della normale routine prevista dalle linee guida generali. Succede che la diagnosi molto spesso venga fatta in presenza di altre malformazioni della placenta, che portano ad approfondire il livello d’indagine. Come quando è previa, che già è una condizione che deve portare a sospettare l’accretismo. Altrimenti lo si scopre in maniera casuale durante il parto.
L’accretismo placentare può compromettere in qualche modo la gravidanza?
Tranne nei casi più gravi, in cui l’utero è talmente tanto invaso da non riuscire ad avere più la sua funzionalità, la placenta accreta non crea problemi durante la gravidanza ma li crea alla madre al momento del parto.
Una placenta che non si stacca dall’utero dopo la nascita del bambino, così come dovrebbe, può creare problemi seri perché può generare un’emorragia. Richiede quindi l’intervento del ginecologo, che deve staccarla manualmente o, se non riesce, con uno strumento specifico, chiamato curette, che serve proprio a grattare via i pezzi di placenta dall’utero.
Se invece viene individuata tramite ecografia durante la gravidanza, si programma un taglio cesareo, che è più indicato in caso di placenta accreta.
E per quanto riguarda le gravidanze successive?
Potrebbe essere un problema avere altre gravidanze. In alcuni casi, quando non si riesce a staccare la placenta dall’utero, è necessario intervenire chirurgicamente con un taglio simile a quello cesareo, ovvero si apre l’utero e si prova a pulirlo. Ma quando questo non è sufficiente, l’utero va proprio asportato perché non riuscirebbe mai a contrarsi e porterebbe a un’emorragia anche potenzialmente fatale per la mamma.
A parte questa situazione più estrema, potrebbe anche capitare che la placenta accreta si ripresenti in pazienti che l’hanno già avuta in precedenti gravidanze. Questi casi vanno tenuti sotto stretta osservazione.
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