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Avere la pressione alta in gravidanza è un problema molto serio. Scopriamo perché, quando preoccuparsi e cosa è possibile fare.
In Italia si stima che 1 gravidanza su 10 sia complicata dalla presenza di ipertensione arteriosa; scopriamo quindi cause, sintomi, possibili rischi e indicazioni sull’ipertensione in gravidanza.
L’ipertensione è propriamente la pressione alta, ovvero un aumento della forza con cui il sangue viene spinto contro le pareti delle arterie. Durante la gravidanza la pressione arteriosa, spiega un documento della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA), ha un andamento caratterizzato dalla riduzione dei valori sistolici/diastolici che si verificano generalmente intorno al secondo trimestre. Nel trimestre successivo i livelli della pressione tornano su quelli precedenti l’inizio della gravidanza o superiori a essi.
Per completezza di informazione va chiarito come l’ipertensione è solamente uno dei disturbi ipertensivi che si possono verificare in gravidanza. La Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO), come riportato dalle linee guida della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) riconosce nove tipologie di disturbi ipertensivi.
Oltre all’ipertensione ci sono:
I disturbi dell’ipertensione in gravidanza si classificano in:
Il Manuale MSD distingue anche tra ipertensione cronica (esistente già prima della gravidanza) e gestazionale (la pressione sanguigna aumenta per la prima volta dopo 20 settimane di gestazione, solitamente dopo la trentasettesima).
I motivi per cui alcune donne possono andare incontro all’aumento della pressione in gravidanza non sono ancora del tutto noti. Le donne maggiormente a rischio di sviluppare un’ipertensione in gravidanza sono quelle, riferisce il Cleveland Clinic, con meno di 20 anni o più di 40, quelle che hanno avuto una precedente storia di disturbi ipertensivi o una familiarità con questi problemi e quelle che soffrono di malattie renali, diabete mellito, trombofilia e malattie autoimmuni.
Anche una gravidanza multipla può essere considerata un fattore di rischio per l’ipertensione gravidica.
Spesso la pressione alta non si presenta con sintomi specifici e molti di questi, come il mal di testa e la nausea, possono essere considerati normali nel corso della gravidanza. In altri casi l’aumento della pressione si associa a edema, aumento improvviso di peso, vomito, cambiamenti nella vista e dolore addominale.
Tra i controlli eseguiti dal ginecologo durante le visite di routine della gravidanza c’è proprio la misurazione della pressione sanguigna. I controlli vengono intensificati nel caso di pressione alta e nell’ipertensione gestazionale vengono effettuati altri esami per escludere altre cause di ipertensione.
L’esame di laboratorio di riferimento prevede il controllo dell’emoglobina, dell’ematocrito, l’analisi delle urine, enzimi epatici, creatinina sierica e acido urico sierico. Dopo la ventesima settimana di gestazione l’ecografia Doppler delle arterie uterine può aiutare a individuare i soggetti più a rischio di ipertensione gestazionale, preeclampsia e ritardo della crescita intrauterina.
Se l’ipertensione gestazionale solitamente si risolve entro 6 settimane dopo il parto, non è esclusa dall’insorgenza di complicanze così come la forma cronica. Tra le principali si segnala la preeclampsia, la sindrome HELLP, il peggioramento dell’ipertensione arteriosa, l’ictus, l’insufficienza renale, l’insufficienza cardiaca, una crescita insufficiente del feto, il parto pretermine, il distacco della placenta e morte in utero del feto.
Nelle complicanze della gravidanza si è soliti porre l’attenzione sugli effetti che queste hanno sull’esito della gestazione e sullo sviluppo del bambino dopo la nascita. L’ipertensione arteriosa in gravidanza può segnare le donne nel prosieguo della loro vita. È quanto riporta l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) facendo riferimento a uno studio pubblicato da Neurology, dal quale emerge come le donne che affette da questo disturbo hanno un rischio maggiore di problemi cognitivi in età avanzata. Il rischio si concretizza anche per le donne affette da preeclampsia che hanno un rischio maggiore in età avanzata di sviluppare un declino cognitivo.
Attualmente non esiste un modo certo per prevenire l’ipertensione e non è chiaro come i cambiamenti nello stile di vita possano avere un ruolo chiave nell’abbassare la pressione. Si ricorre alla prescrizione di farmaci antipertensivi quando la pressione è superiore a 150/95 mmHg (nelle pazienti con ipertensione preesistente) o a 140/90 mmHg (nell’ipertensione gestazionale) per ridurre la progressione verso un’ipertensione grave che richiederebbe il ricovero in ospedale.
È difficile prevenire l’ipertensione anche alla luce della poca chiarezza con cui questo fenomeno si manifesta. Le indicazioni per le donne a rischio è quella di limitare le attività prevedendo un riposo a letto e il seguire una dieta con un contenuto calorico tale da consentire l’incremento ponderale fisiologico. In generale, il sottoporsi a tutte le visite di controllo è fondamentale per individuare tempestivamente i segnali di rischio e adottare le misure necessarie.
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