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L'enzima della fosfatasi alcalina in gravidanza: cos'è, cosa indicano i valori alti e bassi e quali possono essere le conseguenze.
Se siete in dolce attesa, avrete forse sentito parlare di “fosfatasi alcalina” (ALP). Questo termine indica un enzima presente in diversi tessuti dell’organismo, in particolare nelle ossa e nel fegato, e in concentrazioni inferiori anche nelle cellule dell’intestino, nei reni e nella placenta delle donne in gravidanza.
A seconda del tipo di tessuto che produce questi enzimi, esistono diversi tipi di fosfatasi alcalina che prendono il nome di isoenzimi.
Una concentrazione della fosfatasi alcalina nel sangue superiore o inferiore alla norma potrebbe indicare la presenza di una patologia; il test per la sua misurazione può essere prescritto dal medico in presenza di sintomi riferibili a malattie tipiche del fegato o delle ossa, dove l’enzima è maggiormente presente.
La misurazione dell’ALP infatti si usa spesso per la diagnosi di patologie ossee o malattie epatiche come la colestasi gravidica. L’esame consiste nel prelievo di un piccolo campione di sangue che verrà sottoposto in laboratorio per permettere la misurazione della concentrazione dell’enzima.
Per riportare alla norma i valori di questo enzima non esiste una terapia specifica: l’ALP è un marcatore importante ed estremamente utile per la diagnosi di alcune malattie. Bisogna piuttosto risalire alla causa e agire su quella per ristabilire i valori corretti.
Quando i valori della fosfatasi alcalina non sono su livelli normali, è possibile che sia insorta qualche complicazione. I valori normali dell’ALP vengono descritti in un range che va dai 30 ai 140 UI/L. Quando questi livelli superano il limite, si può sospettare della presenza di alcune malattie:
Valori superiori alla norma si registrano anche durante la seconda metà della gravidanza; è bene non sottovalutarli perché un aumento particolarmente significativo di essi può indicare, in alcuni casi, la presenza di una patologia.
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Una fosfatasi alcalina bassa può essere ricondotta ad alcune patologie più o meno serie ma anche a malnutrizione o, al contrario, a una dieta eccessivamente ricca di alcune vitamine.
Se le analisi del sangue evidenziano valori inferiori alla norma, le cause potrebbero essere di natura patologica oppure nutrizionale: malnutrizione, carenza di zinco, carenza di proteine, eccesso di vitamina D, celiachia e fibrosi cistica o insufficienza placentare sono i principali fattori di quest’alterazione.
Se la causa dell’anomalia di valori della fosfatasi alcalina è una patologia occorre innanzitutto curarla, mentre se il problema è di tipo nutrizionale bisogna seguire una dieta specifica. Con un’ALP bassa generalmente si tratta di rivedere correttamente la propria alimentazione per riportare la fosfatasi alcalina a livelli normali.
I livelli dell’ALP sono strettamente legati a varianti come l’età (nei bambini e negli adolescenti in fase di crescita i valori sono più alti), e il sesso: le donne tendono ad avere valori più bassi degli uomini, ma nelle donne anziane o durante la gravidanza si riscontra generalmente un incremento dei valori.
A partire dal terzo trimestre infatti, la placenta inizia a produrre l’enzima influenzando i valori generali e aumentandone la concentrazione, che solitamente si situa tra i 140 e i 250 UI/L.
Trattandosi di una condizione fisiologica, questo incremento non deve suscitare allarme: l’ALP è infatti necessaria per la sintesi delle proteine, la calcificazione delle ossa e delle cartilagini nel feto. L’enzima tornerà ad assestarsi su valori normali una volta terminato il periodo di maggior necessità da parte dell’organismo.
Insomma, non bisogna preoccuparsi troppo se in gravidanza si registrano valori superiori alla norma; è però una condizione da verificare perché potrebbe indicare anche una patologia della gravidanza.
Se dopo la nascita i livelli dell’enzima continuano a essere elevati, sarò opportuno fare dei controlli più approfonditi.
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