La supplementazione e l’integrazione di nutrienti alla dieta è, anche in gravidanza, una prassi consolidata. Questo perché, come riportato anche da uno studio pubblicato su Nutrition Reviews, dalla qualità della dieta materna dipende lo stato di salute del feto. Molte malformazioni e problemi di salute materno-fetali sono riconducibili a carenze di nutrienti essenziali.

A questo proposito, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nel Decalogo per la gravidanza pone l’attenzione a come la supplementazione e il ricorso agli integratori alimentari vada prevista solamente in presenza di una carenza specifica. I rischi, infatti, non sono legati solamente alle carenze di nutrienti, ma anche agli eccessi che sono associati a una dimostrata tossicità.

A questo proposito è utile porre l’attenzione sul ferro in gravidanza, sulle sue funzioni, quando si registra una carenza e come intervenire correttamente nella sua integrazione.

Il ruolo del ferro nell’organismo

Il ferro, spiega l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è un nutriente essenziale fondamentale per il benessere dell’organismo in quanto è necessario alla produzione dell’emoglobina e della mioglobina.

L’emoglobina è una proteina presente nei globuli rossi e si occupa di trasportare l’ossigeno in tutto il corpo, mentre la mioglobina è una proteina che si lega all’ossigeno che si trova nelle fibre muscolari entrando a far parte degli enzimi che svolgono numerose reazioni metaboliche all’interno dell’organismo.

Il ferro viene quotidianamente perso tramite l’urina, le feci e la sudorazione e introdotto nell’organismo mediante l’alimentazione.

Il ferro in gravidanza

Circa il 40% delle donne in gravidanza è anemica (insufficienti livelli di ferro nell’organismo). Questi i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che segnala come almeno la metà di questi episodi di anemia nelle donne in gravidanza sia causato da carenza di ferro.

Le donne in gravidanza (e i bambini) sono i soggetti più vulnerabili alle carenze di ferro in quanto ne assorbono di più; durante la gestazione l’integrazione di ferro è fondamentale, come evidenziato in questo studio, per rifornire il feto e la placenta e per aumentare la massa di globuli rossi materni.

Durante la gravidanza, infatti, aumenta il volume del sangue nel corpo e l’organismo ha bisogno di più ferro per fornire ossigeno al feto.

Ferro basso in gravidanza: sintomi e rischi

La carenza di ferro, come riportato in questo studio, ha effetti negativi sugli esiti della gravidanza e sulla funzione immunitaria e lo sviluppo neurologico dei bambini. Si parla di anemia in presenza di una concentrazione di emoglobina al di sotto di più di 2 deviazioni standard della media della stessa età, sesso e stadio della gravidanza. Le cause principali dell’anemia in gravidanza, spiega il Manuale MSD, sono da individuare nella carenza di ferro e di folati. Altre cause di anemia, infatti, possono essere riconducibili a infezioni, fattori genetici e altre condizioni.

Un’anemia grave da carenza di ferro aumenta il rischio di parto prematuro, basso peso alla nascita, sepsi puerperale e depressione post-partum. Il Mayo Clinic riferisce anche di studi per i quali vi è un aumento anche del rischio di morte infantile immediatamente primo o dopo la nascita.

I sintomi che possono far sospettare una condizione di ferro basso in gravidanza sono: debolezza, vertigini, stordimento, mal di testa, affanno, pelle pallida. Bassa pressione sanguigna, battito cardiaco accelerato e difficoltà di concentrazione sono sintomi di un’anemia grave. Sono maggiormente a rischio di sviluppare l’anemia in gravidanza le donne con gravidanze gemellari, che hanno una storia di anemia, che avevano un flusso mestruale abbondante e quelle che hanno sofferto all’inizio della gestazione di nausea mattutina tale da provocare vomito frequente.

Come integrare una carenza di ferro in gravidanza

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Fonte: iStock

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda un’integrazione giornaliera orale di ferro (e acido folico) di 30-60 mg di ferro elementare. 60 mg di ferro elementare corrispondono a 180mg di fumarato ferroso, 300 mg di solfato ferroso eptaidrato e 500 mg di gluconato ferroso. L’integrazione di ferro è raccomandata (anche se in quantità minori) anche alle donne che allattano al seno.

Per una corretta integrazione di ferro in gravidanza è doveroso distinguere tra ferro eme e ferro non eme e individuare quali sono gli alimenti più ricchi di ferro. Il ferro eme, innanzitutto, è quello presente nelle carni ed è più facilmente assimilabile. Il ferro non eme, invece, è di origine vegetale e la sua assimilazione viene influenzata da diversi fattori. Tra gli alimenti maggiormente ricchi di ferro il portale WebMD indica:

  • Fegato di pollo (85 grammi) – 11 mg;
  • Farina d’avena istantanea arricchita con ferro – 11 mg;
  • Cereali pronti arricchiti con ferro – 18 mg;
  • Uvetta (mezza tazza) – 1,6 mg;
  • Fagioli rossi (1 tazza) – 5,2 mg;
  • Lenticchie (1 tazza) — 6,6 mg;
  • Fagioli di Lima (1 tazza) – 4,5 mg;
  • Ostriche (85 grammi once, in scatola) – 5,7 mg;
  • Semi di soia (1 tazza) – 8,8 mg.

Inoltre il consiglio è quello di prevedere l’assunzione di cibi contenenti vitamina C che aiutano l’organismo ad assorbire meglio il ferro, specialmente quello non eme. L’assunzione di integratori di ferro è legata anche a una serie di effetti collaterali come bruciore di stomaco, nausea, disturbi addominali superiori, costipazione e diarrea, ma alcuni di questi disturbi (come la costipazione e i disturbi addominali) sono comuni in gravidanza a prescindere dall’assunzione degli integratori.

Ferro alto in gravidanza: sintomi e rischi

L’International Journal of Molecular Sciences evidenzia come un eccesso di supplementazione di ferro in gravidanza (specialmente tramite integratori) può essere dannoso per la gravidanza e può determinare numerosi disturbi riproduttivi. L’eccesso di ferro può causare danni a tessuti e organi come il cuore, il pancreas e il fegato e provocare l’emocromatosi, una condizione patologica che se non trattata può essere responsabile di complicanze gravi (danno al fegato, diabete, artrite e problemi di cuore).

Solitamente la presenza di ferro alto nel sangue provoca sintomi poco specifici (e per questo spesso sottovalutati) come dolori addominali, dolori articolari, debolezza e stanchezza.

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