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Essere mamme in alcune zone del mondo è tutt’altro che semplice: se pensiamo a molti Paesi africani, ad esempio, ci vengono in mente gli altissimi tassi di mortalità sia fra le partorienti che fra i neonati, le difficoltà legate alla precarietà delle risorse igieniche e sanitarie, e anche le tante imposizioni culturali che riducono all’osso i diritti delle donne.
Ma, nonostante gli aspetti complicati e gli ostacoli, diventare mamme è uno dei momenti più importanti anche nella vita di queste donne, che dimostrano nel momento del parto una forza e una potenza difficilmente immaginabili; e a raccogliere queste fortissime emozioni ci sono le stupende fotografie scattate dalla fiorentina Ginevra Terenzi, che nel 2018 ha trascorso alcuni mesi in Burkina Faso immortalando proprio alcune delle nuove nascite in un piccolo ospedale cittadino.
L’idea iniziale di Ginevra, come lei stessa ci spiega, era in realtà di sviluppare un progetto sulla potenza del parto in Italia, ma le lungaggini burocratiche e la reticenza delle coppie a lasciare entrare una sconosciuta in un momento tanto intimo e particolare delle proprie vite l’hanno spinta a prendere in considerazione nientemeno che un altro continente. Dove ha imparato molte cose, prima fra tutte che
Essere donna là non è molto semplice.
I motivi sono presto spiegati:
La maggior parte non termina gli studi – il 90% non ottiene la quinta elementare – in quanto chiamate ad occuparsi della casa, dei fratelli minori e di prendere l’acqua nei pozzi distanti chilometri dalla propria abitazione. In età fertile vengono date in sposa per procreare, ma non smettono comunque di gestire la casa, i fratelli-figli, gli orti e il lavoro che gli permette di mangiare.
Precaria è anche la situazione degli ospedali e del personale medico: “Gli ospedali pubblici non funzionano molto bene e quelli privati costano tanto, impedendo quindi alle persone di usufruirne“.
Le operatrici sanitarie che lavorano all’interno dell’ospedale solo in pochi casi sono laureate in ostetricia, mentre altre non dispongono di alcun tipo di titolo di studio, eppure si occupano al meglio delle partorienti, che spesso sono mamme davvero giovanissime.
Ginevra, nella sua esperienza sul campo, ha assistito a dieci parti, uno di una bambina e nove di maschietti, e ricorda le giovani donne incontrate nell’angusta stanzetta adibita allo stesso tempo a sala parto e a sala per le visite.
Le dieci protagoniste delle mie fotografie sono tutte donne di età compresa tra i 15 e 25 anni. Di dieci solo una ha terminato gli studi e ottenuto un lavoro inerente al titolo di studio conseguito, le altre non possiedono la quinta elementare.
Molte di loro appartengono alla religione musulmana e sono quasi tutte quarte/quinte mogli. Per tale motivo tre giorni dopo il parto i rispettivi mariti si presentano in clinica con tutte le mogli e i figli avuti da loro. Questo però solo per le nascite di genere maschili.
Di queste dieci solo la ragazza di 15 anni ha partorito il primo figlio, mentre le altre hanno dato alla luce il terzo, quarto o quinto figlio.
Fra le tante problematiche riscontrate anche la questione culturale di cui parlavamo all’inizio, che relega le donne a un isolamento preoccupante, visto che i mariti non sono tenuti a occuparsene nel momento del parto.
La figura maschile è totalmente assente – spiega infatti Ginevra – Assente è stata durante il parto e nei giorni successivi a questo. Infatti come lasciavano la rispettiva moglie sulla porta dell’ospedale andavano a riprenderla 3 giorni dopo. Hanno quindi partorito senza il supporto del marito, ma solo con quello delle operatrici sanitarie.
Ma, al di là degli aspetti negativi, lo scopo del progetto di Ginevra è ben chiaro:
La motivazione che mi ha spinta nel realizzare questo progetto non è la sfida a un genere, ma la volontà di propormi come fotografa, di offrire un servizio, in un momento intimo che conduce alla formazione di un nucleo familiare e per cercare di aiutare le persone a vedere la maternità e il momento del parto con occhi diversi e non con pregiudizi o qualcosa di scandaloso.
Questo progetto è stato pensato proprio per abbattere lo stigma sociale che riveste il mondo della maternità e del parto. Le mie immagini comportano la realizzazione di un reportage molto personale, ma al tempo stesso condiviso e significativo nella vita di molti. Credo sia un’opportunità anche per coloro che reputano scandalosi questi avvenimenti per vivere o rivivere con occhi differenti l’esperienza del parto, perché guardare il corpo di una donna che cambia e la nascita di un bambino penso siano due delle cose più incredibili al mondo.
Credo che le mie fotografie possano mostrare la potenza delle donne – che nei nove mesi precedenti al parto e in quelli successivi vedono il proprio corpo cambiare per mettere al mondo un essere umano – e quella della vita che nasce.
Abbiamo raccolto in gallery alcune delle foto più belle e significative di Ginevra.
L'ospedale
Le mie fotografie sono state sviluppate all’interno di un ospedale privato dove la maternità non è molto grande, è composta da quattro stanze: una per le operatrici sanitarie, una utilizzata come magazzino dei medicinali e degli strumenti necessari, una allestita con quattro letti e qualche culla per ospitare le mamme in procinto di partorire e una invece adibita a sala parto.
Il dolore
Quest’ultima però era suddivisa, mediante l’utilizzo di separé in legno, in due spazi: la parte più grande conteneva il lettino sopra il quale le future mamme potevano partorire, mentre la parte più piccola aveva la funzione di accettazione. Infatti se da una parte era in corso un parto, dall’altra potevano essere presenti donne in procinto di essere visitate.
L'attesa
Gli strumenti e le strutture che hanno a disposizione sono ridotti e non sempre funzionanti: all’interno della maternità ad esempio è presente un solo letto per il parto, il materiale per la rianimazione neonatale è datato e questo può comportare dei rischi nel caso in cui ce ne fosse bisogno e, inoltre, la madre assistita deve procurarsi il materiale necessario da consegnare alle operatrici prima di essere visitata. Si parla di guanti sterili, di pinze e di tutto ciò di cui si ha bisogno nel momento del parto.
Operatrici sanitarie
È necessario parlare delle operatrici sanitarie che operano all’interno di questo spazio. Poche sono laureate in ostetricia, altre invece assistono senza alcun titolo di studio.
Misurato
Queste si occupano di pesare, di misurare e di controllare il bambino nel momento in qui nasce, ma sono chiamate anche ad occuparsi della pulizia interna della struttura ospedaliera.
Insieme
Non tutte inoltre hanno la possibilità di lasciare a casa il proprio bambino e, come è possibile vedere in alcune immagini, per questo motivo sono costrette a portarlo a lavoro.
Il primo pianto
Nonostante alcune di queste non abbiano alcuna specializzazione è gratificante vedere come si adoperano nell’essere sempre disponibili nei confronti del prossimo.
Sta prendendo confidenza con il mondo
Ginevra ha seguito dieci mamme nel suo progetto.
I controlli
Nel Paese c’è purtroppo un alto tasso di mortalità materna, pari a 484 decessi per 100.000 nati vivi, dovuto a cause dirette quali la scarsa igiene, emorragie, rottura dell’utero, aborti, gravidanze molto ravvicinate, malaria, anemia e HIV.
Al seno
Per combattere questi gravi problemi il Burkina Faso, seguendo le indicazioni OMS , si è dotato di un sistema sanitario che comprende un ospedale generale a cui fanno riferimento una quindicina di centri di salute di prima linea distribuiti sul territorio. I centri di salute sono gestiti da paramedici ed offrono servizi di dispensario, di consultorio materno infantile e di maternità.
I padri
Sono figure assenti, che dopo aver lasciato le mogli in ospedale tornano solo 3 giorni dopo il parto. Solo nel caso in cui il neonato sia un maschio, però.
A contatto
Una giovane mamma stringe finalmente il suo bambino.
La preparazione
Pur mancando degli studi necessari le ostetriche fanno davvero di tutto per occuparsi di mamme e bambini.
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- Parto
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