La diastasi addominale è un problema che ha diverse cause, e si verifica soprattutto durante la gravidanza. Scopriamo cos'è, quali sono i fattori...
La Pozzolis Family riesce a raccontare i piccoli problemi quotidiani dei genitori alle prese con i figli in maniera sempre molto spiritosa, ma sincera. E allo stesso modo Alice ha deciso di affrontare una questione che affligge moltissime neomamme, ma di cui spesso, per imbarazzo, ma anche per scarsa consapevolezza, si fatica a parlare.
Ci riferiamo alla diastasi addominale, ovvero dell’allontanamento dei muscoli addominali che avviene in seguito a un parto e che, se talvolta si risolve spontaneamente, in altre circostanze richiede invece un intervento.
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“Pensavamo di chiamarla Sofia, invece è Diastasi”, scherza Alice nel video pubblicato su Instagram, che ha raccolto molti commenti, alcuni dei quali contenenti le testimonianze di altre mamme che hanno sperimentato il problema.
Come detto, generalmente la separazione del muscolo retto addominale si risolve entro 8-12 settimane dopo il parto, fino anche a 6 mesi, mentre se la situazione resta la stessa dopo questo lasso di tempo allora è presumibile iniziare a parlare di diastasi post parto, che per i medici si ha quando lo “spazio” tra i muscoli della fascia addominale è di circa 2 cm (una distanza inferiore viene infatti giudicata fisiologica). Ci sono certamente alcuni fattori di rischio che possono facilitare l’insorgenza della diastasi, fra cui un’età materna superiore ai 35 anni, un parto gemellare, un peso elevato del bambino, ma anche obesità, eccessivi sforzi dovuti all’attività fisica, forte tosse cronica o patologie che comportano conati di vomito.
Benché non ci siano dati certi su quante donne in Italia soffrano di diastasi, all’argomento, per fortuna, viene riservato sempre più spazio, grazie anche alla creazione di gruppi social e di siti web, come diastasiaddominale.com, che raccolgono esperienze e testimonianze grazie alle quali altre neomamme possono sentirsi meno sole e comprendere che parliamo di un problema più comune di quanto si pensi.
In effetti, dopo il video di Alice anche altre influencer hanno deciso di esprimersi sulla diastasi, come Laura Renieri, blogger di The old now magazine, che proprio sulle pagine del suo blog ha voluto approfondire la sua storia, avendo provato la diastasi in seguito alla gravidanza gemellare delle sue bambine. Vi raccontiamo la sua esperienza in gallery, dove abbiamo raccolto anche alcuni dei commenti scritti sotto il post di Alice.
L'ironia di Alice
Con la solita ironia Alice ha affrontato l’argomento diastasi, raccogliendo svariati commenti di donne che hanno voluto raccontare la propria esperienza.
Laura Renieri
In alcune stories pubblicate sul suo profilo la blogger, madre di due bambine, ha raccontato di aver subito un intervento per correggere la diastasi addominale due anni fa. La sua esperienza è raccontata in maniera approfondita sul suo blog.
La storia di Laura
Il giorno dell’operazione, il 26 ottobre 2017, avevo una gran – umana – paura. Non solo per l’anestesia totale (prima volta nella mia vita) e le due operazioni che mi attendevano (due perché nel medesimo intervento ho subito sia una colicistectomia sia una addominoplastica correttiva) ma anche perché sapevo che, in caso di successo, mi avrebbero comunque atteso 7/8 settimane complicate ed impattanti sulla quotidianità mia e della mia famiglia che potevano diventare un periodo ancora più lungo.
[…] Quando a dicembre 2015 sono diventata mamma di Gaia e Giada, le mie meravigliose gemelle omozigote, venute alla luce con un cesareo gemellare nell’ospedale Mangiagalli, ho ereditato una diastasi dei retti addominali che mi è stata diagnostica mesi dopo la loro nascita.
[…] Nel mio caso la diastasi era di 8 centimetri e, come nel peggiore dei casi avviene, dalla sua formazione all’operazione aveva lasciato spazio alla formazione di 3 ernie che era necessario rimuovere. Così, dopo aver individuato la struttura e il chirurgo, ho deciso di procedere. […]
8 centimetri e 3 ernie, a 35 anni e con gli strascichi estetici di una gravidanza gemellare non era una situazione da chirurgo generico, perché avrei risolto il problema internamente odiando il mio corpo per il resto della vita a causa delle cicatrici in evidenza (nella maggior parte dei casi viene praticato un taglio verticale che dall’ombelico arriva fino al pube) e della pancia che non avrebbe mai più riacquistato il tono e la forma di prima. Da qui la mia decisione di avvalermi della chirurgia plastica.
[…] Il problema della diastasi addominale è più frequente di quanto non si pensi, ma purtroppo non essendo ancora riconosciuto a tutti gli effetti ed essendoci troppa disinformazione in merito, spesso si pensa di dover solo “dimagrire sulla pancia e fare addominali tutti i giorni” per ritornare alla nostra forma fisica dopo il parto.
E invece non c’è nulla di più sbagliato di questo, perché la diastasi non si cura né con la dieta (per esperienza personale si dimagrisce ovunque tranne che nel punto di massima sporgenza fra l’ombelico e il pube) né facendo gli addominali (che peraltro se vengono esercitati non essendo nella posizione corretta possono creare problemi funzionali agli organi sui quali erroneamente poggiano), ma con la chirurgia e una grandissima dose di coraggio. Perché per “andare sotto i ferri” e affrontare tutto questo ci vuole coraggio, inutile negarlo. Ma stare male due mesi per poi stare bene tutta la vita è impagabile.
I ricordi di Laura
[…] Il primo giorno [post operazione, ndr.] è il peggiore. È quello che segue sempre una notte insonne, è quello dei dolori, è quello della consapevolezza dell’immobilità quasi totale. È quello durante il quale il chirurgo viene e toglie il drenaggio della colecisti e ti rimuovono il catetere e ti devi alzare anche se ti senti uno straccio. Il tuo corpo non è più anestetizzato e sente tutto quello che ha subito. La testa inizia a pensare e inizia a lottare per stare meglio.
Il primo giorno è il più lungo, perché devi fare solo una cosa: alzarti ed è l’unica cosa che non vuoi fare perché sai che soffrirai tantissimo. E alla fine lo fai: ti alzi, con l’aiuto delle infermiere e delle persone che ti stanno accanto. Le mani sono piene di aghi e ti fa paura guardarti ma sai che fino a che non andrai a casa non li toglieranno e devi fare pace con la tua mente che li vorrebbe rimuovere. Il primo giorno è terribile perché tutto quello che non hai visto e sentito il giorno prima lo rivedi e risenti adesso. Però il primo giorno ha un lato positivo: dopo un po’ finisce.
Il secondo giorno è quello della sperimentazione dei tuoi nuovi limiti. Inizi a capire che sei in ospedale ma non durerà molto e che le flebo di antidolorifico inizieranno a diminuire la loro frequenza ed efficacia e quindi ti rimbocchi le maniche e segui alla lettera quello che ti dicono i chirurghi: mangiare, bere, camminare ed andare in bagno. E ti sembra di essere tornato un po’ bambino, ti sembra di dover ricominciare tutto daccapo come se tutto quello che hai imparato sia stato cancellato nell’arco di una notte. […]
Mentre per il dolore c’è l’antidolorifico, che ti viene somministrato direttamente nelle vene in maniera che faccia il suo effetto nella maniera più rapida ed efficace possibile, per il fastidio non c’è rimedio. Il fastidio di non potersi muovere autonomamente, il fastidio di non avere il pieno possesso delle proprie mani a causa degli aghi, il fastidio di non poter andare in bagno da soli, il fastidio di non potersi lavare, il fastidio di dover obbedire a regole e orari imposti che, per la legge di Murphy, vedranno sempre l’infermiere arrivare nel momento in cui ti sei appena assopito.
Il fastidio delle calze antitrombosi che, dal giorno zero, non ho mai potuto togliere e stringono a tal punto le gambe da procurare una sensazione talmente spiacevole da non riuscire a dormire. Il fastidio di essere nel post operatorio con la testa che vorrebbe già uscire dall’ospedale ed il corpo che non può seguirla.
[…] Una volta arrivati a casa tutto diventa più semplice, almeno lo diventa psicologicamente. Essere a casa, contornati dalle proprie cose, dai propri effetti, dagli odori che rendono le nostre quattro mura così uniche sono sensazioni che diamo sempre per scontato ma che, in realtà, sono energia pura. Una volta a casa diventa tutto più semplice psicologicamente ma tutto più complesso a livello logistico ed organizzativo.
Dopo un’operazione di questo tipo ogni movimento deve essere pensato e calcolato sulla base di quello che il nostro corpo ha subito. E io, il mio corpo, l’ho strapazzato davvero molto e devo fare un’attenzione ancora maggiore perché il rischio di recidive e di tornare in sala operatoria è altissimo.
Se me lo avessero raccontato non c’avrei sicuramente creduto. Se mi avessero detto che avrei atteso la sensazione del prurito, notoriamente una sensazione molto fastidiosa soprattutto se a prudere è una parte del nostro corpo che non possiamo assolutamente grattare, con trepidazione non ci avrei mai creduto. Eppure, questa sensazione di prurito è solo un buon segno. La cicatrizzazione dei punti esterni, infatti, quando avviene, provoca una sensazione pari a quella del prurito e quindi sì, non vedevo l’ora che arrivasse.
Ha aggiornato il post dopo il video di Alice
Laura ha scritto un ulteriore aggiornamento sul suo blog, dopo aver visto il post di Alice:
“Torno a scrivere qui dopo più di due anni perché un aggiornamento era assolutamente necessario. Oggi è il 28 maggio 2020 e l’operazione di diastasi addominale è per me un lontano ricordo, ma il suo effetto è qualcosa che mi ha cambiato letteralmente la vita ridandomi libertà e salute. Ci sono voluti tre mesi per ritornare alla quotidianità, poter ricominciare e sollevare piccoli pesi (ho iniziato con le bottiglie d’acqua per poi arrivare alle mie bimbe) e per riacquistare mobilità completa sull’addome.
Per fare questo percorso mi sono fatta seguire da un fisioterapista competente in materia che, dopo circa otto mesi dall’operazione, hai iniziato con me un percorso fisico ma anche psicologico durante il quale “ho fatto pace con addome”.
Vi scrivo questo perché, finita l’operazione di diastasi addominale, come mi era stato anticipato dal chirurgo, ho perso completamente la sensibilità sulla parte operata, ovvero dall’inizio delle costole fino al pube. Inoltre essendo il mio un intervento di chirurgia plastica mi è stato ricostruito l’ombelico e quindi anche quella zona che, solitamente, è molto sensibile ha perso completamente la sua caratteristica. A distanza di più di due anni la sensibilità è ritornata quasi del tutto: il punto più centrale che si trova fra l’ombelico ricostruito ed il pube, è ancora privo di sensibilità totale.
Nel mio caso, non è stata inserita una rete di contenimento, opzione che a volte viene proposta dal chirurgo plastico. Nel mio caso è stato scelto di non inserire un corpo estraneo all’interno, fiduciosi del fatto che i miei tessuti fossero abbastanza giovani ed elastici per farcela da soli: ipotesi che il mio corpo ha sostenuto successo. […]
Ovviamente ci tengo a precisare ulteriormente che queste sono le mie sensazioni e considerazioni dopo l’intervento di sistemazione della diastasi addominale: ogni persona, ogni corpo, ogni mente reagisce all’intervento chirurgico maniera differente. Un’altra cosa che ci tengo a precisare è che ho deciso di sottopormi all’intervento di sistemazione della diastasi addominale consapevole del fatto che, dopo l’operazione, non avrei più potuto avere bambini.
Tecnicamente posso rimanere incinta, ma il chirurgo ha fortemente sconsigliato una ulteriore gravidanza perché andrebbe a inficiare l’operazione di chirurgia plastica effettuata, nonché a mettere a repentaglio la cucitura artificiale delle pareti addominali. Comprendo che questa decisione sia molto difficile, soprattutto dopo il primo figlio, soprattutto se sia ha un’età che permette un’ulteriore gravidanza. Nel mio specifico caso, avendo portato a termine una gravidanza gemellare che aveva lasciato complicanze sul mio corpo, già il ginecologo mi aveva sconsigliato di cercare un ulteriore figlio e quindi, fino a quel momento, non ci siamo sentiti di mettere a rischio la salute del mio corpo ulteriormente.
Quello che ho imparato da questa esperienza e che un’operazione dolorosa e con un post operatorio lungo può però cambiare completamente la qualità della nostra vita futura. La diastasi addominale, nella maggior parte dei casi, non può essere sistemata in autonomia e più si attende e più può peggiorare la sua situazione (compromettendo gli organi interni, dando vita a ernia addominali..). A due anni di distanza dall’operazione è come se io non l’avessi mai avuta, non solo dal punto di vista estetico, ma soprattutto dal punto di vista medico e della mia salute“.
I commenti al post di Alice
Sotto il video di Alice, però, molte donne hanno voluto lasciare il proprio commento, raccontando l’esperienza vissuta con la diastasi.
Fra i fattori di rischio anche un'esperienza di diastasi vissuta dopo altri parti
Come nel caso di questa mamma.
Spesso le persone non sanno davvero di cosa si parla
E criticano l’aspetto altrui, o fanno commenti sgradevoli che possono ferire.
Anche la diagnosi, talvolta, è sbagliata
Così pure i rimedi che vengono proposti.
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- Post parto
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