Tra le tecniche di procreazione medicalmente assistita c’è anche la cosiddetta fecondazione eterologa, che si distingue dalla fecondazione omologa per l’utilizzo di gameti provenienti da individui esterni alla coppia. Nel caso in cui a essere utilizzati siano gli ovuli, si deve ricorrere all’ovodonazione un processo mediante il quale, appunto, si procede alla donazione degli ovuli.

Nel nostro Paese, come riassume l’I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele, la fecondazione eterologa è possibile dal 2014 a seguito della sentenza della Corte Costituzionale.

Nonostante l’apertura alla fecondazione eterologa, questa è possibile solamente per le coppie eterosessuali, sposate o conviventi, con entrambi i partner in vita.

Vediamo più nel dettaglio come funziona questa procedura, chi può ricorrervi e quali aspetti vengono interessati dalla decisione di ricorrervi sia come donatrici che come riceventi.

Cos’è l’ovodonazione?

L’ovodonazione è propriamente la procedura attraverso la quale vengono raccolti alcuni ovuli da una donna che decide di donarli a un’altra persona per consentirle di avere una gravidanza.

Questa tecnica consente a donne infertili o con problemi nella produzione di ovociti in numero e di qualità adeguata per una gestazione, di utilizzare quelli di un’altra donna per poter intraprendere una gravidanza.

Una volta raccolti, gli ovociti vengono sottoposti alla ICSI (Inseminazione Intracitoplasmatica dello Spermatozoo) in quanto spesso l’ovodonazione avviene dopo raccolta ovocitaria e spedizione, spesso dopo una crioconservazione.

Chi può ricorrere all’ovodonazione?

L’Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) riporta i diversi casi in cui le donne possono ricorrere a un processo di ovodonazione:

  • donarli a un’altra persona per permetterle di avere una gravidanza;
  • avere una gravidanza tramite una gestazione per altri;
  • procedere con il congelamento degli ovuli.

Per poter accedere come donatrici di ovuli bisogna essere in possesso di specifici requisiti che possono variare da Paese a Paese. Generalmente si richiede che la donatrice abbia tra i 18 e i 35 anni e che abbia svolto esami medici per escludere gravi malattie o condizioni mediche che possono essere trasmesse all’embrione o condizionare la gravidanza.

Alcuni centri possono richiedere anche il rispetto di un particolare valore di indice di massa corporea (BMI) e il sottoporsi a uno screening esteso per identificare se quella donna, anche inconsapevolmente, è portatrice di varianti genetiche associate a malattie che possono essere trasmesse al feto.

Il John Hopkins Medicine precisa come l’ovodonazione renda la genitorialità più accessibile a coloro che hanno problemi di infertilità, non riescono ad avere una gravidanza sana per la scarsa qualità degli ovuli, per l’insufficienza ovarica primaria o per l’assenza delle ovaie, ma anche per le coppie e le persone LGBTQ+ e le persone portatrici di una malattia genetica.

Il processo passo dopo passo: dall’accettazione alla fecondazione

Processo-ovodonazione
Fonte: iStock

Anche considerando le implicazioni, i costi e le potenziali difficoltà che la fecondazione eterologa può comportare, il processo di ovodonazione è piuttosto articolato. Un processo che parte da un primo colloquio e incontro nel quale vengono discussi gli aspetti medici, tecnici e legali della procedura andando poi ad analizzare la storia clinica della donatrice.

Lo step successivo, spiega IVI Italia, è quello che prevede una valutazione psicologica con uno psicologo esperto in salute mentale. Scopo di questo colloquio è quello di accertarsi che dietro la decisione di percorrere l’ovodonazione ci sia la piena e libera consapevolezza del significato, delle implicazioni e dei possibili rischi.

Viene quindi effettuato un esame ginecologico completo anche per valutare la riserva ovarica della donatrice. Quindi si effettuano analisi per individuare il gruppo sanguigno, il cariotipo, il fattore Rh e altri esami che consentono di ottenere tutte le informazioni utili per portare a termine l’ovodonazione.

A questo proposito è importante ricordare che l’ovodonazione non consiste nella “semplice” raccolta dell’ovocita dalla donatrice, ma anche nella valutazione dello stesso perché abbia tutti i requisiti necessari per consentirne l’utilizzo alla ricevente.

Vi è poi la fase di assegnazione della donatrice. Tramite alcune informazioni chiare (come la compatibilità del gruppo sanguigno, il colore degli occhi e le caratteristiche fisiche) viene individuato il donatore che abbia il più alto grado di somiglianza con il ricevente.

Si procede, quindi, con la stimolazione ovarica e la raccolta degli ovociti che vengono fecondati con lo sperma maschile tramite FIVET o ICSI. Gli embrioni formati vengono poi analizzati e selezionati prevedendo il trasferimento, tramite deposito all’interno dell’utero mediante una cannula, di quello in possesso delle migliori caratteristiche. Precedentemente la ricevente ha intrapreso l’assunzione di progesterone per preparare l’utero all’impianto.

Al termine del transfer la ricevente può già tornare alle sue normali attività quotidiane, essendo una procedura eseguita senza anestesia in quanto indolore.

Il giorno successivo si effettua un test di gravidanza ematico (tramite prelievo di sangue) per poi proseguire con l’iter solito di qualsiasi gravidanza.

Aspetti emotivi e psicologici

Un breve approfondimento a parte lo merita la dimensione emotiva e psicologica dell’ovodonazione. Può capitare di non sentirsi a proprio agio nella decisione di donare. Le ragioni possono essere le più diverse e possono andare dal senso di insicurezza al timore che il futuro bambino possa un giorno sentire l’esigenza di conoscere i genitori biologici alla quale non si può (o non si vuole) rispondere.

Anche se non necessariamente terzi debbano conoscere le proprie scelte sulla fertilità, decidere di donare gli ovuli può essere percepito negativamente dal proprio ambiente sociale. Lo stigma e le pressioni in tal senso possono generare tensioni e disagio nella decisione di donare.

Sono tutte motivazioni personali e molto delicate che vengono affrontate durante la prima fase del percorso di ovodonazione proprio per evitare scelte irrevocabili con le quali doversi confrontare per tutta la vita.

Legislazione e aspetti etici in Italia e all’estero

In Italia la fecondazione eterologa per la quale è prevista l’ovodonazione è possibile solamente su base altruistica volontaria. In altri Paesi, invece, è prevista e regolamentata l’eventuale retribuzione economica, ma è comunque considerato un reato la commercializzazione di gameti.

Tornando all’Italia, la donazione degli ovuli è anonima e donatrici e riceventi non possono richiedere di conoscere l’identità dell’altro. Inoltre, chi procede con la donazione di gameti non acquisisce alcun titolo giuridico con il nascituro.

In Italia, dove la fecondazione eterologa è possibile solamente da 10 anni (dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2014), il numero delle donatrici è molto basso, tanto che nella quasi totalità dei casi i cicli di donazione vengono eseguiti tramite gameti acquistati da banche estere.

Le ragioni sono diverse e sono da individuare nella cultura per cui c’è un forte legame tra identità genetica e biologica per cui i figli sono quelli nati dai genitori biologici, ma anche il timore legato al possibile sfruttamento delle donatrici e i rischi legati all’anonimato.

Successo e rischi dell’ovodonazione: cosa aspettarsi?

I dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sul ricorso in Italia alle tecniche di PMA che utilizzano gameti donati mostrano comunque un aumento significativo. Nel primo decennio di possibilità di ricorso alla fecondazione eterologa si è passati dai 246 cicli nel 2014 (0,03%) ai 15.131 cicli nel 2022 (13,8%).

In generale, l’American Society for Reproductive Medicine (ASRM) riporta come il tasso di natalità medio a seguito del trasferimento di embrioni provenienti da programmi di donazione di ovociti freschi si attesta sul 53,5% (i dati sono relativi al 2020).

L’ovodonazione è considerata una procedura sicura, tanto che nella maggior parte dei casi le donne che vi si sottopongono non va incontro a problemi di salute. Gli unici fastidi sono riconducibili al disagio che si sperimenta durante la stimolazione delle ovaie e il prelievo degli ovuli.

Tra i rischi dell’ovodonazione c’è la possibilità di una reazione allergica ai farmaci per la fertilità che può dare mal di testa, nausea o sensazione di gonfiore. Si tratta comunque solitamente di sintomi lievi.

Molto raramente, invece, si può sviluppare la sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS), che è una condizione potenzialmente fatale che si può verificare all’incirca una settimana dopo il prelievo degli ovuli.

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  • Fecondazione Assistita