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In Italia sempre più coppie con problemi di infertilità si rivolgono a centri specializzati in tecniche di fecondazione assistita. Tra le varie opzioni, a seconda dei casi, c'è la procedura di tipo omologo. Ma di cosa si tratta esattamente e in cosa si differenzia da quella eterologa?
La fecondazione omologa è una tecnica di procreazione medicalmente assistita finalizzata a realizzare una gravidanza in presenza di problemi di infertilità di coppia.
Un po’ come il procedimento eterologo, anche la fecondazione omologa si articola in più stadi e rientra tra le opzioni terapeutiche disponibili per tutti coloro che non riescono a concepire un bambino in modo naturale. Vediamo, dunque, in cosa consiste, come funziona e in che modo si differenzia questa tecnica dalla fecondazione assistita di tipo eterologo.
Per fecondazione omologa si intende la tecnica di procreazione assistita che consiste nell’impianto di uno o più embrioni nell’utero della donna derivanti da gameti (ovocita e spermatozoo) appartenenti alla coppia richiedente e non a un donatore esterno.
Alla base di questa opzione terapeutica vige, dunque, un principio di “omogeneità” dei soggetti coinvolti, con una madre biologica che coincide necessariamente con la madre genetica e con un padre genetico altrettanto coincidente con quello biologico essendo colui che fornisce il proprio seme per la formazione dell’embrione da impiantare.
La principale differenza tra fecondazione omologa ed eterologa consiste negli spermatozoi impiegati per la formazione dell’embrione.
Nel primo caso (fecondazione assistita di tipo omologo) i gameti maschili impiegati sono quelli del partner facente parte della coppia richiedente. Nel caso della fecondazione eterologa, invece, vengono utilizzati spermatozoi di un soggetto esterno (“donatore”) oppure provenienti da una banca del seme.
Si parla, dunque, di fecondazione omologa quando il seme e l’ovulo utilizzati appartengono alla coppia genitoriale del futuro nascituro, il quale presenterà necessariamente il patrimonio genetico ereditato dai genitori biologici, genetici e “sociali”.
La fecondazione eterologa in Italia può essere richiesta solo in caso di infertilità comprovata di uno dei due partner, e non è possibile scegliere le caratteristiche del donatore.
L’Italia è il paese europeo in cui si registrano più richieste di trattamenti finalizzati alla procreazione assistita, in particolare fra le donne over 40. Tuttavia, esistono precisi limiti legali e biologici per accedere a un percorso di procreazione assistita, compreso quello di tipo omologo.
Nel nostro Paese questa fattispecie è disciplinata dalla Legge 40 (19 febbraio 2004), in particolare dagli articoli 4 e 5 della normativa, che stabiliscono i requisiti oggettivi e soggettivi per accedere alla fecondazione omologa.
Il testo ha subito numerose modifiche nel corso degli anni, primo fra tutti quello riguardante il superamento del divieto alla fecondazione eterologa. In linea di massima, il legislatore stabilisce che possano accedere alla procreazione medicalmente assistita “le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi“. Il riferimento, dunque, è ad una condizione biologica limitante di uno o entrambi i partner, non ad una soglia anagrafica.
I tempi di attesa variano molto fra centri pubblici e privati. Nel primo caso si supera facilmente un anno, mentre nel secondo l’inizio della terapia avviene mediamente entro tre mesi dalla richiesta.
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L’inseminazione omologa si può richiedere in tutti i casi di:
La fecondazione omologa può essere eseguita con tecniche di primo, secondo e terzo livello (così suddivise in base al loro grado di invasività).
La fecondazione omologa con tecniche di primo livello è l’inseminazione artificiale, che prevede l’introduzione nella cavità uterina della donna di un campione di seme selezionato del partner. Tale intervento di norma viene effettuato al momento dell’ovulazione.
Si tratta di una procedura semplice, indolore e poco invasiva, molto simile ad una normalissima visita ginecologica che non prevede anestesia. Dopo la seduta, la donna può tornare alle sue normali attività quotidiane. L’unica raccomandazione medica sarà quella di assumere progesterone nelle modalità e nelle dosi indicate dallo specialista.
La fecondazione omologa di secondo livello può invece riguardare la fecondazione in vitro o Fivet (la fecondazione dell’ovulo avviene in vitro e successivamente l’embrione viene inserito nella cavità uterina), oppure ICSI, GIFT per via vaginale o isteroscopica, crioconservazione.
Tra le tecniche di terzo livello, che necessitano di un intervento chirurgico, si trovano invece il prelievo microchirurgico di gameti dal testicolo o il prelievo degli ovociti per via laparoscopica e il trasferimento intratubarico dei gameti, maschili e femminili (GIFT) sempre per via laparoscopica.
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Il ricorso alla fecondazione omologa, come alle altre tecniche di procreazione assistita, può essere fonte di grande stress psicologico per la coppia. Alle normali ansie legate al concepimento e all’attesa di un bambino, si somma la frustrazione dell’infertilità e la paura di un altro fallimento.
Fondamentale è il ricorso ad un supporto psicologico adeguato che sostenga la coppia per tutta la durata del trattamento, preparandola alla transizione verso la genitorialità. Nell’ambito di una consulenza psicologica, vengono confessate ansie, dubbi e paure che gli operatori specializzati dei centri dedicati alla procreazione medicalmente assistita possono aiutare a gestire.
L’ intervento psicologico è fonte di rassicurazione e sostegno e può essere integrato anche dal ricordo a tecniche di rilassamento e di “mindfulness“.
I costi del trattamento variano molto a seconda del tipo di trattamento richiesto (tecniche di I, II o III livello) e possono andare da qualche centinaia a diverse migliaia di euro, con un range che va da 500 a 10mila euro. Il costo varia anche da regione a regione, ed è molto diverso a seconda che ci si rivolga a una struttura pubblica o privata.
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