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Con la crioconservazione degli ovuli si preserva la fertilità femminile rimandando l'eventuale ricerca di una gravidanza. Ecco come funziona e in quali casi è consigliata.
Si tratta di una pratica che preserva la capacità riproduttiva delle donne consentendo di procrastinare il momento in cui cercare la gravidanza rispondendo alle nuove esigenze della società moderna. Sebbene l’orologio biologico sia sempre lo stesso (nonostante siano aumentate le possibilità di avere gravidanze in età avanzata), da diversi anni per le donne il desiderio di maternità viene, per scelta o per necessità, rimandato.
Oggi le donne hanno maggiori possibilità di accedere al mondo del lavoro (pur con sempre elevati disuguaglianze rispetto agli uomini) e spesso l’avvio della carriera professionale non può essere rimandato (rischiando, altrimenti, di perdere ogni possibilità), portando le coppie a decidere di rimandare il momento nel quale provare ad avere un figlio (social freezing). Ecco perché il congelamento degli ovuli può rappresentare un’opportunità da prendere in considerazione.
Il congelamento degli ovuli altro non è che una tecnica di raccolta e conservazione degli ovuli di una donna per poi scongelarli a distanza di anni in modo che possano essere utilizzati per cercare una gravidanza.
Il congelamento a basse temperature è destinato a conservare le proprietà degli ovuli in modo da permettere di fecondarli, quando lo si desidera, tramite gli spermatozoi e seguire un impianto tramite fecondazione in vitro.
La crioconservazione degli ovuli inizia tramite la stimolazione ormonale delle ovaie preceduta dallo screening delle malattie infettive (soprattutto HIV ed epatite B e c) per poi procedere al prelievo transvaginale degli ovuli e il loro successivo congelamento per la conservazione. Il processo di crioconservazione vero e proprio può essere lento o istantaneo e quest’ultima modalità si è rivelata migliore per assicurare la sopravvivenza degli ovociti dopo lo scongelamento aumentando i tassi di gravidanza.
La stimolazione delle ovaie è orientata ad aumentare il numero di ovuli disponibili in modo da massimizzare l’utilità della tecnica. A questo proposito alle donne che si sottopongono a un processo di congelamento degli ovuli verrà prescritta l’assunzione della pillola anticoncezionale in modo da sospendere il ciclo mestruale e migliorare l’efficacia del trattamento ormonale.
Solitamente, ma possono esserci delle differenze, il trattamento ormonale prevede l’iniezioni di ormoni FSH e LH per circa 2 settimane, quindi l’iniziazione dell’ormone di rilascio delle gonadotropine e, infine, un’iniezione di hCG per scatenare l’ovulazione.
A questo punto avviene il prelievo degli ovuli (pick-up) che vengono poi valutati selezionando solamente quelli maturi, lavati (per eliminare l’acqua ed evitare che durante il congelamento si formino dei cristalli che lo possano danneggiare) e poi immersi nell’azoto liquido a una temperatura di -196°C.
Il ricorso al congelamento degli ovuli è un processo consigliato in diverse situazioni, non solo alle donne che decidono di rimandare la ricerca di una gravidanza per ragioni personali o professionali. La vitrificazione degli ovuli, infatti, è indicata anche per quelle donne che vivono una condizione che influenza la fertilità. Malattie, infezioni, ma anche terapie e trattamenti che possono condizionare la fertilità per un periodo prolungato (come le cure oncologiche) possono portare una donna a valutare il ricorso a questo tipo di tecnica.
Il congelamento degli ovuli si rivela adatto per le donne che, per motivi etici o religiosi, non vogliono ricorrere al congelamento degli embrioni, a quelle che nel momento in cui vi ricorrono non hanno un partner, a quelle che si stanno sottoponendo a un trattamento per il cambio di genere.
Oltre ai benefici e ai vantaggi del congelamento degli ovuli è importante porre l’attenzione anche sui limiti, i rischi e le controindicazioni a esso associate.
Il congelamento degli ovuli ha un tasso di successo che varia con il passare degli anni della donna. Sebbene la crioconservazione mantiene intatte le caratteristiche degli ovuli, questi devono poi essere impiantati in un organismo che con il passare del tempo riduce la sua disponibilità ad accogliere un embrione e, quindi, a intraprendere una gravidanza. Nelle donne fino ai 37 anni il tasso di successo è superiore al 50% e poi tende a diminuire fino a non essere superiore al 28% nelle donne con più di 40 anni.
Parliamo di una tecnica sicura e praticata da circa trent’anni, con metodi e approcci sempre più all’avanguardia per migliorarne l’efficacia e ridurre i rischi. È infatti considerata una soluzione che riduce il rischio di anomalie cromosomiche, è un metodo completamente indolore e reversibile. Nel caso in cui una donna abbia congelato i suoi ovuli e poi non decida di utilizzarli può scegliere di eliminarli, donarli ad altre coppie e destinarli alla ricerca scientifica.
Di per sé il congelamento è un metodo privo di effetti collaterali. I rischi, infatti, sono legati alla stimolazione ovarica o all’impianto.
Durante la stimolazione ormonale c’è il rischio di cisti multiple come effetto della sindrome da iperstimolazione ovarica. L’altro grande rischio è, sebbene non propriamente legato alla tecnica di congelamento in sé, quello delle complicanze di una gravidanza in età avanzata.
Generalmente si ricorre al congelamento proprio per posticipare la ricerca della gravidanza, ma con il passare degli anni aumentano i rischi causati dalla gestazione sull’organismo femminile. Ipertensione, preeclampsia, diabete gestazionale, gravidanza extrauterina ma anche parto pretermine e maggiori rischi per il sano sviluppo del feto.
Un aspetto delicato e importante di cui tenere conto è quello economico. Mediamente per tutta la procedura di congelamento degli ovuli (esami preliminari, farmaci per la stimolazione ovarica, monitoraggio, prelievo chirurgico e vitrificazione) il prezzo non è inferiore ai 2000-2500€. Questa cifra non comprende l’eventuale trattamento di procreazione medicalmente assistita cui ci si sottoporrà al momento dello scongelamento.
Per le donne e le coppie interessate possono fare riferimenti ai centri di PMA di secondo e terzo livello autorizzati presenti nel Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita tenuto e aggiornato dall’Istituto Superiore di Sanità.
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