Anonimo
chiede:
Gentile Dr.ssa, le chiedo un consiglio per un gravissimo
problema. Purtroppo pochi giorni fa ho perso la mia bambina, nata alla 36ma
settimana con una grave cardiopatia congenita e vissuta solo 18 giorni e
in una terapia intensiva.
La cosa per me più terribile è che io sapevo già dalla prima ecografia
morfologica effettuata intorno alla 18.ma settimana che c’era un problema
al cuore. Purtroppo il ginecologo non è riuscito a valutare l’entità della
patologia, non potendo neanche farlo trattandosi di patologia evolutiva, e
io dal quinto mese in poi ho portato avanti la gravidanza tra ansia
preoccupazioni continue e tanto stress. È stato un continuo andare in
ospedali e fare visite mediche. Ad aprile scorso sono andata fino a Milano
per un’ecografia, io vivo in Calabria e mi sono sobbarcata un viaggio di
12 ore incinta al 7.mo mese.
E proprio in quell’occasione la specialista che ha effettuato l’eco mi ha
detto che per la mia bimba c’erano pochissime speranze e che avrei dovuto
partorire a Milano, in modo che poi la bimba potesse essere trasferita
presso il loro centro a S. Donato Milanese. Il dolore di quel giorno è stato
terribile e così tutto il periodo seguente, finché le condizioni della
bimba sono peggiorate e un giorno sono dovuta partire d’urgenza per
Milano. È stato un viaggio massacrante, anch’io non stavo bene, mi hanno
ricoverato il giorno successivo e a furia di farmi farmaci per ridurre le
contrazioni sono riusciti a portare avanti la gravidanza per altre due
settimane. Poi il 17 maggio, d’urgenza mi hanno dovuto fare il cesareo, avevo
tanta paura per la mia piccola e anche per me, devo ammetterlo, dopo tante
sofferenze e notti insonni ero stremata e un po’ esaurita. Poi la bimba
aveva reagito bene e avevamo ripreso a sperare. Ma la speranza è durata
solo due giorni perché poi hanno scoperto che c’erano stati danni
cerebrali e che il problema al cuore già gravissimo era peggio di quello
che si aspettavano. Ancora una volta mi è crollato il mondo addosso. Ero in
ospedale e non potevo muovermi, non potevo vedere mia figlia che stava
morendo. E i giorni successivi sono stati un susseguirsi di analisi eco tac
su una povera creatura che già sapevano destinata a morire e questo mi ha
fatto molto male. Per fortuna che lì abbiamo avuto il supporto di validi
psicologi. Adesso che sono tornata a casa mi sento sola e giù di morale, è
come se risentissi solo adesso di tutta la tensione di questi mesi. Sono
andata da uno psichiatra che conosco perché in passato ho sofferto di
ansia e attacchi di panico e mi ha di nuovo prescritto dei farmaci, io
però non sono tanto convinta di fare questa cura. E poi mi sento tanto in
colpa per quello che è successo anche se razionalmente so che non è colpa
di nessuno. I primi mesi ho avuto un atteggiamenti ambivalente nei
confronti della gravidanza, di felicità ma anche di paura. A volte mi sono
pentita perché attraversavo un brutto periodo con mio marito che stava
perdendo il lavoro, io non lavoro neanche ed ero molto preoccupata. Temo
che le mie ansie, paure, litigi abbiano fatto ammalare mia figlia, che lei
in qualche modo non si sia sentita accettata e amata abbastanza, anche se
io l’ho amata più di me stessa e per lei ho vinto le mie paure peggiori. La
prego mi risponda e mi aiuti, sono disperata!
Grazie
Carissima signora, la sua lettera, straziante, mi parla di un dolore così
grande da essere probabilmente troppo pesante per le sue spalle già
affaticate da questi mesi così difficili e dolorosi. I suoi timori di aver
in qualche modo causato la malattia di sua figlia credo che anche lei,
razionalmente, li troverà senza fondamento. Ma il suo mondo emotivo le sta
dicendo altro, le sta facendo sentire un senso di colpa dolorosissimo da
sostenere, come se avesse bisogno di un’assoluzione per trovare pace in
questa perdita così tragica. L’assoluzione non gliela potrò dare né io, né
nessun altro. So già che qualunque medico le direbbe (e già le avrà detto)
che la cardiopatia congenita nulla aveva a che vedere con il suo stato
emotivo durante la gravidanza. Ma credo anche che parole come queste non le
arrechino alcun sollievo. Da una parte riconosce di aver fatto tutto il
possibile per la sua piccola, dall’altra si auto-infligge colpe
inesistenti. L’unica che può alleggerire se stessa da questo fardello di
colpa che sta portando sulle spalle è solo lei, signora. Non rifiuti l’aiuto
farmacologico che il suo psichiatra le ha offerto, ma non pensi che i soli
farmaci possano mettere ordine nel turbinio di sentimenti e dolore che le
sta girando vorticosamente nel cuore da quando sua figlia l’ha lasciata. Si
rivolga ad uno psicoterapeuta, per ricostruire insieme una narrativa
diversa, meno oppressa dalla colpa, di quello che è successo, per ritrovare
il giusto senso delle cose che in questo momento di grande dolore le è così
difficile vedere.
Un caloroso abbraccio
* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento
Specializzazione
- Psicologo