Anonimo
chiede:
Gentilissima Dott.ssa,
sono una mamma di una bimba di 2 anni e 8 mesi e le scrivo perché è da diverso tempo che mia figlia ha un comportamento ostile verso gli adulti, in modo particolare nei confronti degli uomini.
Fin dall’inizio è sempre stata una bambina molto abitudinaria e faticava a stare in ambienti estranei a casa sua e ho sempre dovuto farla dormire nel letto della sua cameretta (le ho sempre cantato ninne nanne, fatto ascoltare carillon, letto un libro e fatto tante tante coccole).
Adora i bambini e gioca volentieri con loro, tant’è che ha iniziato a frequentare l’asilo nido a 7 mesi.
Non ha mai avuto particolari problemi di inserimento, e anche adesso che ha iniziato a frequentare la materna, piangeva solo al momento dello stacco da me.
Abbiamo sempre cercato di farla stare in mezzo alla gente e la portiamo spesso fuori ai giardini, alle feste di paese, e anche dove magari c’è un po’ di confusione, ma verso i due anni abbiamo notato che quando si trova in un luogo con tanti adulti o che non conosce, si intimidisce, piange e si attacca a me come un koala per cercare protezione.
Anche quest’estate che siamo andati in montagna, non ci ha lasciati dormire una notte e quando doveva mangiare, piangeva per mezz’ora prima di deglutire un boccone. In albergo, alla fine si è un po’ ambientata, ma se cambiavamo posto, ogni volta che doveva pranzare, era una tragedia. A volte si nascondeva sotto il tavolo, ma non voleva farsi prendere in braccio. Le dicevamo che la gente non la stava guardando, ma nulla cambiava.
Quando un vicino di casa la saluta, lei si gira dall’altra parte , si attacca alla mia gamba, e mi chiede di essere presa in braccio.
Addirittura una volta si è messa ad urlare al supermercato perché un signore con il carrello si era avvicinato alla cassa…alla fine l’ho presa in braccio e a poco a poco si è calmata.
Un’altra cosa che ho notato è che se vede un papà con il proprio figlio al parchetto, evita di andare nella direzione dove si trova questa persona e se ci sono diverse figure adulte vicino ad uno scivolo sul quale lei vorrebbe salire, vuole la mia mano e vuole che l’accompagno perché mi dice che “C’è gente!”.
In effetti, l’ho sempre seguita a giocare e le sono sempre stata vicina, ma ho anche cercato di spronarla a lasciarmi da parte per seguire i bambini, ma, vedo che a differenza di come si comporta all’asilo, senza di me non ci riesce a stare.
L’ultimo caso che è successo di recente, è che sono venuti a cena una coppia di amici,e mentre colorava volentieri con la mia amica, aveva invece una paura tremenda del suo ragazzo, che tra l’altro è una persona pacifica, e prendendola in disparte, mi ha confidato che aveva paura perché aveva la barba e la felpa con il cappuccio..alla fine, per farla cenare, mio marito l’ha portata nella sua cameretta, ma con me non voleva mangiare.
Questo atteggiamento è alquanto strano, perché solitamente cerca sempre me, invece in questa occasione ha voluto che ci fosse mio marito.
La bimba ha comunque un carattere forte e nonostante ho sempre cercato di parlarle per farle capire le cose, lei si intestardisce, e addirittura a volte si butta per terra ed inizia ad urlare e a piangere come se fosse isterica perché non ottiene quello che vuole. Qualche volta ci è scappato anche qualche sculaccione con tanto di castigo; la faccio sedere in un angolo a pensare a quello che ha fatto e finché non chiede scusa, rimane lì..ho seguito l’esempio del castigo dalla maestra del nido, perché molte volte era costretta a mettercela perché picchiava i bambini o tirava loro i capelli, con mio marito invece, basta una parola con un tono di voce un po’ alto , che subito obbedisce.
Ok che è ancora piccola, ma a volte non so proprio come prenderla, e se le faccio una domanda,non mi risponde e da sfacciata cerca un diversivo per cambiare argomento.
Ho provato a chiederle se è successo qualcosa all’asilo, o se qualcuno l’ha fatta spaventare, ma assolutamente non mi risponde.
Ho notato che da quando ha iniziato la materna, è regredita un pochino, nel senso che si vuole far imboccare quando mangia e che vuole stare appiccicata a me,cosa che prima non faceva perché mangiava da sola nel suo seggiolino, vicino sia a me che a mio marito.
Ho contattato la pediatra e mi detto che molto probabilmente ha assistito ad una scena forte, magari ha visto un’immagine brutta al telegiornale o un gioco della playstation non adatto a lei.
Veramente, non so più cosa pensare…
Spero di averle illustrato chiaramente il problema, e di non avere tralasciato nessun dettaglio sul carattere della piccola.
La ringrazio per la sua attenzione e in attesa di una sua gradita risposta, le porgo cordiali saluti.
Gentile Monica,
come in tutti i casi di risposta ad una lettera scritta in cui non si ha un contatto diretto, proverò a partire da quanto scrive per proporre delle considerazioni che spero possano aprire uno spazio di riflessione su quanto vi sta accadendo.
Partendo dall’inizio non mi è chiaro se i suoi comportamenti nei confronti della bambina siano frutto di un sua personale idea o conseguenza del modo di essere della bambina.
Mi spiego: il farla dormire nel letto della sua cameretta è stata una sua precisa scelta di mamma che ritiene il lettino il posto giusto per un bimbo o perché lei ritiene sia il comportamento giusto per una bambina abitudinaria?
Io penso che la motivazione che ci spinge ad adottare certi comportamenti sia molto importante perché influenza fortemente la modalità con cui proponiamo le cose. Una madre convinta, serena e che si prende la responsabilità delle sue scelte è diversa da una madre che non lo è.
Parliamo ora del nido. Dalla sua lettera sembra che lei abbia mandato la bambina al nido a 7 mesi perché “adora i bambini”. Il nido può essere un’utile e valida soluzione per i genitori che lavorano, ma non è certo il luogo ideale per un bambino di 7 mesi. Il fatto che i bambini (soprattutto quelli così piccoli) appaiano ben inseriti, non è tanto un indice della loro serenità, quanto del fatto che ancora sono troppo piccoli anche per protestare o talvolta sono rassegnati. Un bambino di 7 mesi soffre se staccato dalle sue figure di riferimento. Ripeto, talvolta è l’unica alternativa possibile e l’ottima preparazione di molti educatori è spesso in grado di lenire la sofferenza dei bambini, ma il vero bisogno di socializzazione non compare prima dei 3 anni di età. Prima dei 3 anni i bambini gradiscono (anche molto!) stare in compagnia dei coetanei, ma hanno comunque bisogno di una figura di riferimento che stia al loro fianco.
È possibile che sua figlia a 2 anni e 8 mesi (tra l’altro un po’ piccina anche per la scuola dell’infanzia) le stia portando il conto per tutto questo tempo in cui ha dovuto “stringere i denti”.
Penso sia inaccettabile che un educatore del nido sculacci un bambino. Anche l’essere messo in castigo può essere vissuto come un’umiliazione che il bambino piccolo ha difficoltà ad elaborare. Tanto meno penso che sia utile prendere questo comportamento da esempio. Come fa il bambino a capire che non deve picchiare se è lui il primo a subire questo comportamento dai grandi? Quando i bambini ricevono questo tipo di trattamento apprendono solo che devono avere paura dei più forti e che eventualmente possono scaricare la loro frustrazione sui più piccoli.
Quando un bambino aggredisce fisicamente non sta riuscendo a regolare le proprie emozioni e questo può impararlo solo vedendo un adulto che è in grado di farlo, che non risponde con la legge del taglione, ma che spiega perché un determinato comportamento non è adeguato e fa soffrire gli altri.
Rispetto alle paure che lei mi riporta, in linea di massima i bambini si spaventano per ciò che a volte a noi sembra perfettamente innocuo. Ma le paure passano molto rapidamente se trovano un adulto calmo, disposto ad accoglierli e ad accettare per un po’ di essere una “mamma col marsupio” che accoglie il suo piccolo koala timoroso. Questo comportamento fornirà una dose di sicurezza che permetterà al bambino di esplorare con più tranquillità il mondo esterno, certo che al momento del bisogno avrà una mamma pronta ad accoglierlo.
* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento
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