Anonimo
chiede:
Gentilissima dottoressa, da poco ho scoperto la vostra rubrica, e proprio nel momento in cui mi sento più confusa e preoccupata. Ho 31 anni, sposata da 3, ho preso la pillola per circa 8 anni, fino all’estate
scorsa, in cui l’ho smessa perché io e mio marito ci siamo sentiti pronti ad avere un bambino. Da allora è nata la confusione: il ciclo non è più stato regolare, la ginecologa, ad ogni mia richiesta di aiuto e consiglio, mi prescriveva un medicinale che “induce” le mestruazioni, dicendomi ogni
volta che è normale… mai una spiegazione scientifica, oppure un esame di approfondimento per accertarne la causa. All’inizio ero tranquilla, ma
poi, dopo tre mesi di “ritardo” e vari test di gravidanza ho preso l’iniziativa
e ho prenotato un’ecografia. Il medico che me l’ha eseguita, sentendo che vorrei avere un bambino, e diagnosticandomi entrambe le ovaie
policistiche, mi ha detto con estrema leggerezza che di questo passo, non ovulando, non rimarrò mai incinta, che ho l’utero troppo piccolo, che sono tutta “bloccata” e che se voglio uscirne dovrò affrontare un lungo percorso di terapie per la sterilità di coppia. Pur comprendendo che il suo ruolo non
è quello di un consulente, né di un ginecologo, ho trovato poco corretto da parte di questo medico liquidare il caso buttando lì poche frasi su una
cosa così delicata, senza né approfondirle, né consigliarmi, con il risultato
che ora sono ancor più preoccupata di prima, e inoltre mi sento “presa in
giro” anche dalla mia ginecologa, che non è stata capace di seguirmi né di spiegarmi né di rassicurarmi, e mi ha fatto “perdere” un anno della mia
vita in cui ho sperato che fosse tutto a posto. Adesso ho in programma una
visita da un altro ginecologo, di cui mi hanno parlato bene, ma ho paura di non essere seguita a sufficienza sia sul piano medico sia su quello
psicologico. Per me è stato pesante sentirmi dire che non posso avere bambini, so che probabilmente potrò fare delle cure, ma ora sono confusa; mi sembra di essere “anormale”, come se il mio corpo mi tradisse, e mi sento in difetto nei confronti di mio marito, che desidera un bambino almeno quanto me. Inoltre a complicare le cose, ci si mette pure uno suocero che, guardando
i suoi coetanei con i nipotini, ne sta facendo una malattia e non manca mai
di ricordarci che noi… ancora niente. Come posso superare questo periodo difficile?
La ringrazio per l’attenzione, scusandomi per lo sfogo.
Cara Monica,
a volte certi medici si concentrano sul problema organico e si dimenticano
che la patologia di cui discutono appartiene ad una persona, con pensieri,
sentimenti ed emozioni, e non ad un corpo inerte, come un soggetto
sottoposto ad anestesia totale o, peggio, un cadavere. È così che, a volte,
riescono a raggiungere livelli del tutto inaspettati di inconsapevole
sadismo. Per fortuna i medici non sono tutti uguali e bene ha fatto lei a
cercarsi qualcun altro, capace di guardare al paziente nella sua interezza,
e non solo al suo sintomo. Quanto al confronto con i familiari “in attesa
dell’attesa” è certamente doloroso: l’unica cosa da fare è non pensarci e,
come dicevano le nonne, farsi invidiare per qualche altra cosa, piuttosto
che lasciarsi compatire. Questo atteggiamento la aiuterà a superare il
periodo difficile di analisi e terapie che la aspetta: la prima a crederci
deve essere lei, che deve combattere fino all’ultimo la sua battaglia,
possibilmente evitando di informare la parentela su quello che sta o non sta
facendo. Dica semplicemente: non sto facendo assolutamente nulla, né per
avere bambini, né per non averne, al momento sto bene così.
Cari saluti ed auguri.
* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento
Specializzazione
- Psicologo