Anonimo

chiede:

Buon pomeriggio. Sono la mamma di due bambine di 7 e 2 anni. Lavoro part tima la mattina e al pomeriggio mi occupo delle bambine e della casa (pulizie, cucina, stiro, bollette, ricerca di modi per il risparmio, visto che non navighiamo nell’oro…). Vivo un periodo difficile con mio marito a causa dell’educazione delle bambine. Siamo comuni nel pensare che le bambine vadano sempre ascoltate e vada sempre loro motivato un no. Non vengono denigrate né abbiamo mai parlato a terzi di marachelle o altro perché crediamo che in tal modo possa venire meno la fiducia che le bimbe hanno nei ns confronti. Se facciamo una promessa la facciamo solo se sappiamo di poterla mantenere e se dobbiamo prendere una decisione che le possa mettere in “difficoltà” la motiviamo sempre. Siamo Cristiani, cattolici praticanti, nella ns famiglia si prega assieme e si ringrazia Dio per il cibo che chi dona, partecipiamo alla Santa Messa e parliamo tanto insieme, di tutto. Il problema sorge perché mio marito ritiene che noi si debba attendere i tempi delle bambine per cui se la grande dice no ai compiti io devo pazientare e aspettare i suoi tempi. O se la grande dice che non ha voglia di occuparsi di sua sorella mentre io cucino io dovrei accettare la cosa perché non le si possono imporre le cose. Hai voglia io di spiegarle che ho bisogno del suo aiuto perché sto cucinando e bla bla bla, la bimba mi dice no e così è. Io invece son del parere che in questi casi io debba impormi e qui sorgono le discussioni con mio marito. Cosa è giusto dottore? Altro esempio è questo: la piccola gioca tranquilla, la grande comincia a stuzzicarla; la piccola le dice no, basta, poi inizia a piagnucolare chiedendo di esser lasciata stare, io intervengo redarguendo la grande che continua imperterrita al ché la piccola si alza e fa il gesto di picchiare la sorella (noi non abbiamo mai dato una sculacciata perché mio marito ritiene che la violenza richiami violenza) e io al punto devo redarguire anche la piccola perché non vogliamo si utilizzi violenza in famiglia, ma mi rendo conto che povera in quel momento, a due anni era l’unica cosa potesse fare per far capire alla sorella di smetterla. A mente nervosa avrei voluto mollare una bella sculacciata alla grande, farla filare in camera sua fino a che non mi ero sbollita, ma non l’ho fatto onde evitare di andare contro alle volontà di mio marito. Per tirare le somme dottore, una sculacciata o una punizione fanno così tanto male come sostiene mio marito? È giusto che se lui dice a mia figlia grande “S. è giusto che cominci a diventare grande e ad aiutare la famiglia nel momento del bisogno” lei gli risponda “devi crescere anche tu papà”, e lui non batta ciglio alla risposta? E io devo tacere onde evitare di scatenare una lite con mio marito? Io sono del parere che una sculacciata per interrompere un atteggiamento che è stato ammonito in precedenza varie volte non è da escludere a priori. Così come una piccola punizione (ad esempio oggi non ti do una big babol perchè i big babol sono per bimbi grandi e il tuo comportamento ha fatto emergere che ancora non sei abbastanza grande)? Mi accorgo di non riuscire più a sostenere la cosa con mio marito. Ammetto, è un mio limite, ma quando accadono certe cose se son tranquilla riesco a mandare giù e stare zitta, ma se, come oggi, ho già tanti pensieri di lavoro poco sicuro e altro non riesco a tacere e zac, scatta la lite furiosa con mio marito davanti alle bimbe, perché poi io divento una iena e tacere fino a che non vanno a letto non ce la faccio. Sto mettendomi seriamente in discussione come madre perché ascoltando ciò che dice mio marito, contrario a sculacciate, punizioni leggere o altro di simile, vedo un mostro in ciò che penso io. Oggi gli ho detto che una sculacciata non ha mai fatto male a nessuno e mi son vista recapitare da lui in ufficio mail con vari articoli internet (presi non so da dove) dove si parla che castighi distolgono il bambino dall’imparare come risolvere i conflitti in modo umano ed efficace o che metodi severi della disciplina di Re Salomone condussero suo figlio Rehoboam, a diventare un dittatore oppressivo e tirannico o ancora che Le punizioni compromettono il legame tra genitori e figli, perché è contro natura provare amore verso chi ci ferisce o ancora che gli scapaccioni assestati sul sedere, una zona erogena nell’infanzia, possono stabilire nella mente del bambino una correlazione tra il dolore e il piacere sessuale, e creare difficoltà alla persona adulta… Ecco, io davanti a queste mail ammetto che non ho più capacità di reazione e mi viene solo da pensare che io sono pazza se penso di dare una sculacciata a mia figlia e che questa possa creare tutto questo scompiglio psicologico… Vi chiedo il vostro parere se non altro per avere uno spunto su cui lavorare e per capire se necessito di una terapia. Grazie di cuore, una vostra assidua lettrice.

Gentile amica, la problematica che lei porta è fondamentale nell’educazione dei figli, e penso come lei dall’altra parte che una condivisione nella coppia dei metodi educativi sia necessaria. I ragionamenti che lei porta sono condivisi da me pienamente, salvo fare alcuni distinguo che possono risultare utili. Il bambino nella seconda infanzia ha una percezione del mondo che lo circonda di una dicotomia assoluta: ha la tendenza a suddividere l’universo in categorie ben precise (buono cattivo, brutto bello, bianco nero e via dicendo). Questo tipo di categorizzazione avviene anche con le persone che sono importanti per lui: c’è la tendenza ad idealizzare i propri care-giver, con il risultato che papà o mamma sono i migliori del mondo o tutto il contrario. Questo tipo di categorizzazione dovrebbe modificarsi parallelamente alla percezione dei genitori per quello che sono: ossia nella fanciullezza si dovrebbe avere le capacità di integrare quelle categorie dicotomiche e assolute, in categorizzazioni più sfumate e ricche di sfaccettature: sostanzialmente se nella seconda infanzia dopo che il papà riprende in modo deciso il figlio se gli chiedessimo come è papà, probabilmente risponderebbe “papà è cattivo perché mi ha fatto piangere” ed avrebbe perfettamente ragione, ma nel qui ed ora. Al termine della fanciullezza un bambino nella stessa situazione dell’altro alla stessa domanda potrebbe rispondere: “papà mi vuol bene, ma quando ne faccio una di troppo si arrabbia tanto”. La differenza è sostanziale: le sue bambine potrebbero descriverla così, non suo marito, di cui parleremo dopo. Queste tipo di categorizzazioni richiamano viceversa un diverso tipo di approccio educativo e relazionale: se la sua piccola infilasse il dito nella famosa presa di corrente rischiando la frittura del dito (ci sono passato in entrambe le fasi) sicuramente lei, ma anche io redarguirei la piccola, in modo deciso dicendo: ”non si fa! È pericoloso! Ti fai la bua! Magari dando uno schiaffetto alla mano per indicare dove avrebbe sentito male e per lasciarlo impresso. Se capitasse alla più grande suppongo le direbbe magari con ironia: ”ma cosa hai deciso di fare, friggerti il dito, guarda che se non stai attenta ti fai male, perché li ci scorre la corrente elettrica e se infili il dito lì passerà dentro te e farà un bel po’ male, sai a me è capitato fidati”. La differenza dei due interventi educativi è significativa: nel primo caso l’intervento è stato autoritario e consono al tipo di categorizzazione che il bambino usa. Poco importa se non sa che ci sei passato che lì c’è la corrente ecc.. ci interessa che abbia capito che non si fa e che deve rispettare la regola. Stiamo costruendo il super-io della piccola. Un super-io dicotomico come le categorizzazioni di cui è capace. Giusto o sbagliato, in un modo assolutistico che non ammette deroghe. Guardi, a me capitò intorno ai 6 anni di sentirmi dire da una mia zia disabile di prenderle un rametto di geranio da un vaso non nostro, al quale non poteva accedere: una sciocchezza dirà lei, ed anche io, ma la mia reazione fu: ”no! Io non rubo il geranio!!” chiaramente mi fu spiegato la distinzione che si fa quando si giudicano certi comportamenti, ed il mio non era di certo punibile. Ora certi tipi di discorsi si fanno a fanciulli che lì al momento possono rimanere basiti, ma in base all’autorità del genitore che ha dettato delle regole ben chiare prima, ora grazie alla sua autorevolezza può fare distinzioni che piano piano integrerà nel suo super-io arcaico facendolo diventare flessibile e maturo. Tuttavia questo sviluppo deve essere aiutato dai genitori altrimenti in alcune circostanze si rimane nel ragionamento concreto e settori del proprio se continuano a lavorare per categorie dicotomiche. Se accade che da quell’orecchio la sua figlia non ci vuol proprio sentire è perfettamente normale che lei diventi una belva, ed è giusto che sua figlia che ostinatamente insiste a fare il suo comodo, prendendosi gioco della madre si prenda una lavata di capo, o una sberla. Certo la sberla si potrebbe evitare e dobbiamo fare in modo che non avvenga, ma la perfezione, dovrebbe sapere anche suo marito, non è di questo mondo, e che si può sbagliare. Acconsentire che reiteri un comportamento per il quale era stata intimata a smettere, che fa imbestialire i genitori che non reagiscono, sapendo che il suo comportamento spocchioso è tollerato in casa, porterà al di fuori a trovare qualcuno che 4 ceffoni glieli da sicuramente… sa come succede a scuola.. i tempi di cui parla non esistono. Esiste il buon senso dei genitori che insegnano ai figli a prendersi piccole responsabilità, fino a divenire autonomi e indipendenti.
il fanciullo non è erba medica alla quale basta l’acqua per crescere. il fanciullo ha bisogno di persone autorevoli che gli indichino i limiti, e autorità in casi estremi che glieli impongano come nella seconda infanzia. Magari la maggiore cercava di capire quanto tirare la corda con lei, laddove suo marito pare abbia un’ancora legata ad una lunga corda.. Un tal Winnicott ci insegna che la madre deve essere sufficientemente buona, non perfetta.. che ad ogni rottura segue una riparazione, che ci possono essere dei momenti nei quali non si riesce a viaggiare nella stessa frequenza d’onda dei figli tanto meno dei partner, ma che la discussione i chiarimenti servono per cresce individualmente e far crescere la relazione. Non c’è crescita in una relazione perfetta. Stia tranquilla lei mi sembra una madre sufficientemente buona, Winnicott approverebbe! Veniamo alla coppia genitoriale. Ho avuto l’impressione leggendo la sua mail e non sa quante volte l’ho letta, che suo marito abbia la tendenza a non manifestare la propria aggressività o aspetti avversivi e che giocando con i suoi sentimenti di colpa li faccia agire a lei. Tant’è che lei dice :“io davanti a queste mail ammetto che non ho più capacità di reazione e mi viene solo da pensare che io sono pazza se penso di dare una sculacciata a mia figlia e che questa possa creare tutto questo scompiglio psicologico..” . Immagino che lei in quei momenti debba sentirsi avvilita, inutile, e fallita come madre. Cosa che io non penso di lei. però, penso anche che lei debba fare luce sulle dinamiche che la portano a stare con un uomo con evidenti problemi legati alla assertività/avversività che sembrerebbe far agire a lei. In sostanza cosa ottiene facendo da capro espiatorio (torna la religione sembra) e passando da pazza o cattiva di turno. Leggere le sue parole ha fatto sentire in me quanto possa stare male lei. E’ chiaro che sentirci bacchettati via mail coll’ ammonizione su usare l’autorevolezza e autorità, pena fantomatiche difficoltà future legate a botte/zona erogena, citando Jan Hunt. La qui citata che non sembrerebbe nemmeno essere psicologa o psichiatra ci fa un decalogo di quello che non si deve fare nell’educare i figli ma non ci dice cosa dovremmo fare.
Lei mi chiede se sia necessario che vada in terapia. Io le rispondo che lei non dovrebbe andare in terapia per i presunti problemi che suo marito le indica, ma dovrebbe considerare seriamente una terapia di coppia, perché ci sono delle dinamiche nel vostro rapporto come lei mi ha fatto notare e io le ribadisco proprio non vanno. Sembrerebbe lei assumersi tutti gli oneri e lui gli onori e ciò chiaramente influisce nell’educazione e nel rapporto con i figli e nel vostro rapporto intimo coniugale.
Rimango a sua disposizione!

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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