
Eutocico, distocico e cesareo: si procede con un tipo di parto oppure con gli altri a seconda delle condizioni della mamma e del feto. Vediamoli ne...
Gli esami per epidurale servono ad accertare che la donna abbia i requisiti per poter richiedere, una volta in procinto di partorire, l'anestesia che allevia il dolore del parto.
Si usa solitamente per l’analgesia del travaglio, mentre in genere per il parto cesareo si procede con anestesia o analgesia spinale, in cui a differenza della precedente il farmaco viene iniettato nello spazio tra due delle membrane che rivestono il midollo spinale, dando effetti più immediati.
Gli esami per l’epidurale servono ad accertare che la donna abbia i requisiti per poter richiedere, durante il travaglio, l’anestesia. Abbiamo chiesto al medico anestesista Filippo Poncina quali sono questi esami e quali i metodi per la gestione del dolore:
C’è la parte inalatoria con protossido di azoto a chiamata. Si tratta di una maschera: la paziente fa una sorta di analgesia di breve durata mettendo sul viso una mascherina e inalando. Ovviamente l’efficacia non è pari all’epidurale. Alcuni centri procedono per via endovenosa, con un derivato della morfina, che però ha una durata breve.
La procedura non è garantita gratuitamente in tutte le strutture ospedaliere, h24 e 7 giorni su 7. I nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) la prevedono in particolare negli ospedali che effettuano almeno 1.000 parti l’anno.
Negli altri centri la si può richiedere in libera professione, con un costo variabile a seconda del tariffario dello specialista (da 800 a 2.000 euro circa). Di base, molto dipende dalla disponibilità di risorse, aggiunge il medico:
Nei grandi ospedali c’è un team che fa solo quello, nei piccoli ospedali tutti fanno tutto, dalla rianimazione all’anestesia. In questo caso non può essere garantito. Tutti gli ospedali di secondo livello hanno l’obbligo della parte anestesia, negli altri è consigliata ma non è garantita, proprio per carenza di organico.
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Per poter richiedere un’epidurale durante il travaglio, prima del parto, è necessario aver preventivamente effettuato alcuni importanti esami che servono a stabilire se ci sono tutte le condizioni affinché si possa procedere con un’eventuale anestesia in sicurezza. Ecco di seguito gli esami per l’epidurale:
Chi intende richiedere l’epidurale deve fare una visita anestesiologica preventiva. Questa visita si effettua nel corso dell’ultimo trimestre di gravidanza.
Oltre alla visita si effettua, nel corso dell’ultimo mese di gravidanza, anche un esame del sangue, per valutare l’emocromo e alcuni parametri relativi alla coagulazione, come il tempo di protrombina e tromboplastina parziale attivata.
È inoltre necessario firmare un consenso informato. Il dottor Poncina spiega:
Alcuni centri fanno l’incontro con l’anestesista al momento del corso pre parto: si fa una sorta di lezione-visita con il gruppo di mamme. E questo diventa propedeutico per poi richiedere l’epidurale, perché quegli ospedali il consenso informato lo acquisiscono in quel momento, al momento del corso pre parto, quando c’è una spiegazione esaustiva della tecnica e le donne possono fare domande e informarsi bene per decidere se richiederla o meno. Per questo alcuni ospedali si rifiutano di procedere senza il consenso firmato in quel momento: ovviamente in fase di travaglio la partoriente ha altro per la testa, vorrebbe solo eliminare il dolore il prima possibile e potrebbe non capire bene ciò a cui va incontro e cosa c’è scritto nel consenso informato.
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La visita anestesiologica per partoanalgesia si svolge come una normale visita anestesiologica. Viene condotta dal medico anestesista per stilare un’approfondita anamnesi della paziente, valutando:
Questa visita permette di garantire alla partoriente una procedura condotta in sicurezza, nel rispetto della salute sua e del nascituro, riducendo al minimo disagi ed effetti collaterali.
In questa sede il medico, dopo aver raccolto i dati necessari, illustra alla paziente le modalità di esecuzione dell’anestesia epidurale per il parto e procede a far firmare il consenso informato.
Aver effettuato la visita non obbliga poi a sottoporsi alla procedura. Importante è dare tutte le informazioni relative al ricorso all’analgesia farmacologica, così che sia possibile richiederla al personale medico o agli infermieri in fase di travaglio.
Aver effettuato la visita e ovviamente avere le condizioni di salute idonee alla procedura, sono condizioni obbligatorie per procedere.
In alcune situazioni il ricorso all’epidurale è del tutto sconsigliato. In particolare, come spiega il dottor Filippo Poncina, ci sono alcune condizioni specifiche in cui non è possibile effettuare un’anestesia epidurale:
L’allergia ai farmaci è il caso in cui c’è assoluta controindicazione. Poi ci sono alterazioni della coagulazione al di fuori di certi parametri o malattie come l’emofilia. Alcune controindicazioni sono legate anche all’equipe: alcune procedono con vecchi protocolli, dunque non la fanno con una dilatazione inferiore ai 4 cm (dunque a travaglio già avviato). Accade soprattutto in realtà con carenza di organico, proprio perché aumenta la durata del periodo dilatativo e questo implica un impiego maggiore di risorse. Mettendola prima dei 4cm di dilatazione si aumenta la durata di almeno un paio d’ore, con un sovraccarico di lavoro da parte di tutti, a cui non tutti i centri possono far fronte.
Può anche succedere che l’epidurale non faccia effetto, e questa eventualità, spiega il medico, è legata solo a due casi, conclude l’esperto:
Un malposizionamento o sposizionamento del catetere. Questo è fissato con un cerotto, ma la donna mentre si muove può causarne una rimozione accidentale. In quel caso si rimette, se la partoriente è d’accordo.
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