Tra gli esami che è possibile svolgere in epoca prenatale rientrano anche tutti quelli che analizzano i cromosomi. Normalmente un essere umano ha 23 coppie di cromosomi (22 coppie autosomiche e una coppia sessuale), per un totale di 46, ricevuti per metà da ciascun genitore.

I cromosomi, come spiega il Cleveland Clinic, sono parti delle cellule che contengono i geni che formano il DNA. Alcune patologie e disturbi, per questo dette genetiche o cromosomiche, hanno un’anomalia nei cromosomi: possono essere più o meno di 46 oppure avere dimensioni, forma o sequenza anormali.

L’esame del cariotipo fetale consente proprio di analizzare questa realtà e ottenere preziose informazioni genetiche e cromosomiche.

Cos’è il cariotipo?

Cariotipo
Fonte: iStock

Il National Human Genome Research Institute definisce il cariotipo come il complesso insieme di cromosomi di un individuo.

Di per sé il termine fa riferimento anche all’immagine dei cromosomi ottenuta in laboratorio isolati da una singola cellula e disposti in ordine numerico. Questa immagine serve per individuare anomalie nel numero o nella struttura dei cromosomi in quanto il cariotipo descrive la quantità e la morfologia dei cromosomi.

Quando è necessario l’esame del cariotipo?

L’esame del cariotipo, proprio per le sue caratteristiche, si rivela utile sia in epoca prenatale, e si parla di esame del cariotipo fetale, che per effettuare analisi e indagini sulle malattie tumorali. Si rivela utile anche per comprendere le funzioni cellulari, le relazioni tassonomiche e per ottenere informazioni sugli eventi evolutivi.

Il ricorso all’esame del cariotipo, come riportato dal portale MedlinePlus, si rivela utile per indagare la presenza di malattie cromosomiche sul feto, analizzare una familiarità per una malattia genetica, ma anche per individuare la causa dell’infertilità (maschile e femminile), della poliabortività e di un feto nato morto.

Il test del cariotipo può essere condotto, quindi, sui futuri genitori che stanno pianificando una gravidanza o che hanno ottenuto risultati dei testi di screening prenatali anormali, in presenza di una storia familiare per un disturbo cromosomico, in presenza di sintomi di una particolare malattia genetica o a seguito di una diagnosi di tumore o malattia del sangue come leucemia, linfoma, anemia e mieloma multiplo.

Esame del cariotipo fetale: come si svolge

Per l’esame del cariotipo fetale esistono diverse tipologie di test. I principali sono il prelievo dei villi coriali (villocentesi) e il prelievo del liquido amniotico (amniocentesi). Il NIPT, il Non Invasive Prenatal Test (che consente di rilevare alcune trisomie fetali e le aneuploidie dei cromosomi sessuali mediante prelievo del sangue materno), consente un’analisi parziale del cariotipo fetale.

Le linee guida del Ministero della Salute, infatti, precisano come “L’analisi completa del cariotipo fetale è possibile solo utilizzando una tecnica invasiva (villocentesi o amniocentesi)”.

Nell’amniocentesi si effettua un prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico, in quanto questo fluido contiene cellule del feto che possono essere analizzate. Questo esame diagnostico viene eseguito generalmente tra la quindicesima e la ventesima settimana di gravidanza.

La villocentesi prevede invece il prelievo di una porzione di tessuto dai villi coriali, ovvero parti della placenta che generalmente hanno gli stessi cromosomi del feto e possono quindi essere analizzati. Questo esame viene condotto solitamente tra la decima e la tredicesima settimana di gravidanza.

Per questi esami non è prevista una particolare preparazione se non la necessità, secondo le indicazioni del centro presso il quale ci si rivolge, di non urinare prima del test e bere molti liquidi. Entrambi gli esami sono invasivi e hanno una piccola percentuale di rischio di causare un aborto spontaneo.

Quali possono essere i risultati dell’esame?

Il risultato del test del cariotipo fetale può essere negativo o positivo. Nel primo caso il set genetico del feto non ha anomalie nel numero o nella morfologia dei cromosomi, mentre l’esito positivo indica un’anomalia.

Tra le più comuni anomalie cromosomiche rilevabili dal test del cariotipo fetale, come riportato dal portale WebMD, ci sono:

  • Sindrome di Down (Trisomia 21), nella quale il feto ha un cromosoma 21 in più.
  • Sindrome di Edwards (Trisomia 18), nella quale il feto ha un cromosoma 18 in più.
  • Sindrome di Patau (Trisomia 13), nella quale il feto ha un cromosoma 13 in più.
  • Sindrome di Turner, nella quale il feto di sesso femminile ha un cromosoma X assente o danneggiato.
  • Sindrome di Klinefelter, nella quale il feto di sesso maschile ha un cromosoma X in più (XXY).
  • Mosaicismo, nella quale vi è la presenza di due o più linee genetiche diverse.

Tra le anomalie strutturali dei cromosomi rilevabili con il test del cariotipo fetale, come evidenziato in questo approfondimento del National Human Genome Research Institute, troviamo:

  • Delezioni – manca una porzione del cromosoma.
  • Duplicazioni – una porzione del cromosoma è duplicata determinando la presenza di materiale genetico extra.
  • Traslocazioni – una porzione di un cromosoma viene trasferita su un altro cromosoma.
  • Inversioni – una porzione del cromosoma si separa per poi riattaccarsi capovolta.
  • Formazione di anelli – una porzione del cromosoma si è staccata formando un anello.

È bene precisare come la formazione delle anomalie genetiche conosce una grande variabilità. Alcune si verificano da subito al momento del concepimento e sono rilevabili da subito in ogni cellula del corpo. Per alcune condizioni, invece, l’anomalia avviene dopo il concepimento ed è rilevabile solo in alcune cellule.

Inoltre, le anomalie cromosomiche possono essere ereditarie, quindi ottenendo una copia alterata da uno o entrambi i genitori, o svilupparsi “ex novo”.

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  • Esami in gravidanza