Nonostante si tratti di materiale di rifiuto espulse dal nostro organismo, le feci rappresentano potenzialmente un ottimo indicatore per la diagnosi di diverse condizioni, soprattutto quelle a carico dell’intestino. La coprocoltura è l’esame deputato ad analizzare le feci e sebbene non sia uno degli esami effettuati di routine durante le settimane di gestazione può essere prescritto in presenza di particolari sintomi e possibili rischi e complicanze a carico sia del feto che della gestante. Vediamo, quindi, tutto quello che c’è da sapere sulla coprocoltura in gravidanza.

Cos’è la coprocoltura e quando viene richiesta in gravidanza

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) definisce la coltura delle feci (coprocoltura) come l’esame con il quale identificare la presenza all’interno dell’intestino di microrganismi patogeni, potenzialmente responsabili di causare una malattia. Questi microrganismi si differenziano da quelli presenti normalmente nella flora batterica e che svolgono un ruolo utile al mantenimento della salute intestinale. Sebbene molte delle infezioni gastrointestinali si risolvano spontaneamente senza particolari trattamenti, in alcuni casi è necessario individuare la causa così da predisporre l’adeguata terapia. Considerando i rischi che le infezioni possono dare in una gravidanza la coprocoltura viene prescritta solitamente quando la gestante lamenta sintomi quali:

  • diarrea persistente
  • crampi addominali
  • nausea
  • febbre
  • sangue nelle feci

Trattandosi di sintomi aspecifici la coprocoltura viene prescritta quando c’è un reale sospetto di un’infezione gastrointestinale. Oltre alla presenza dei sintomi, la coprocoltura in gravidanza viene solitamente richiesta quando la gestante viene a contatto con possibili fonti di contaminazione. Viaggi in Paesi a rischio o contatto con persone con infezioni gastrointestinali possono essere un motivo valido per richiedere una coprocoltura così da monitorare la situazione.

L’infezione gastrointestinale (gastroenterite), spiega sempre l’Istituto Superiore di Sanità, può avvenire sia per il contatto diretto con i germi (tramite le mani e la bocca) ma anche indirettamente tramite l’uso di stoviglie e utensili non puliti o ingerendo alimenti o bevendo acqua contaminati.

È importante infatti ricordare i rischi delle infezioni gastrointestinali in gravidanza. Le più comuni sono quelle causate da virus (come il Norovirus e il Rotavirus), da batteri (come la Salmonella, l’Escherichia coli, il Listeria monocytogenes e il Campylobacter) e da parassiti (come la Giardia).

Ponendo l’attenzione sul Listeria monocytogenes, l’American College of Obestricians and Gynecologysts (ACOG) spiega che l’incidenza della listeriosi (l’infezione causata da questo batterio) nelle donne in gravidanza è di circa 13 volte superiore rispetto alla popolazione generale. È un’infezione che può portare al parto pretermine, alla sepsi neonatale, alla meningite e alla morte del feto.

In riferimento al Campylobacter, invece, uno studio pubblicato su ScienceDirect evidenzia come questa infezione sia stata associata a un aumento del rischio di aborto spontaneo, morte fetale e parto pretermine. Inoltre l’infezione da Camylobacter può generare diverse sequele, tra cui la sindrome di Guillain-Barré e la sindrome di Reiter.

È possibile quindi inserire queste infezioni tra quelle più pericolose durante la gravidanza. Inoltre i sintomi tipici delle gastroenteriti (soprattutto diarrea e nausea) possono provocare disidratazione e malnutrizione, condizioni entrambe pericolose sia per lo sviluppo del feto che per la sopravvivenza e la morbilità della gestante.

Come si esegue la coprocoltura: preparazione e procedura

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Fonte: iStock

Per seguire la coprocoltura è necessario che il campione di feci sia stato raccolto non più di due ore prima della consegna al relativo laboratorio. Le feci non devono essere contaminate con urina e acqua e devono essere raccolte in un apposito contenitore sterile. Nella maggior parte dei casi i batteri ricercati con la coprocoltura sono Campylobacter spp, Salmonella spp e Shigella spp, mentre per altri patogeni deve essere richiesti esplicitamente.

I possibili risultati della coprocoltura in gravidanza

Un risultato negativo della coprocoltura in gravidanza significa che non sono stati individuati agenti patogeni e la causa degli eventuali sintomi lamentati dalla gestante deve essere ricercata altrove. In realtà potrebbe comunque trattarsi di una gastroenterite non provocata da batteri; l’esame delle feci, infatti, permette di identificare solo questa tipologia di germe.

L’esito positivo, invece, indica la presenza di batteri normalmente non presenti nella flora intestinale. Viene quindi prescritto ed eseguito un antibiogramma che consente di individuare gli antibiotici più efficaci contro quei germi.

Salute intestinale in gravidanza: prevenzione e consigli

A questo punto è doveroso comprendere come prendersi cura anche della propria salute intestinale. Dal punto di vista alimentare le gestanti devono preferire alimenti ricchi di fibre soprattutto cereali integrali, legumi, frutta e verdura (specialmente cotta). È fondamentale bere molta acqua (e anche passati di verdura, minestre e centrifughe) e svolgere regolare attività fisica (soprattutto nuoto e yoga). Va poi posta particolare attenzione all’assunzione di uova crude o poco cotte, latte non pastorizzato, acqua potabile proveniente da acquedotti, carne cruda o poco cotta. La Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) aggiunge anche le salse e i condimenti per le insalate, i gelati, i preparati per dolci e creme e la frutta e la verdura contaminati durante il taglio. È quindi fondamentale evitare di assaggiare la carne durante la cottura o le verdure non adeguatamente lavate e prestare sempre la massima attenzione all’igiene delle mani, delle stoviglie e delle superfici di lavoro.

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  • Esami in gravidanza