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La cardiotocografia è una tecnica di monitoraggio non invasiva che permette di individuare precocemente stati di sofferenza fetale dovuti alla carenza di ossigeno. Ecco in quali casi è indicata e come si esegue.
La cardiotocografia in gravidanza è una tecnica non invasiva che permette il monitoraggio elettronico della frequenza cardiaca fetale (FCF-cardiografia) e delle contrazioni uterine (tocografia). Grazie all’esame cardiotocografico è possibile rilevare informazioni sullo stato di ossigenazione fetale, riuscendo a individuare precocemente eventuali stati di sofferenza fetale in gravidanza e in travaglio.
Secondo le linee guida RCOG (Royal College of Obstetricians & Gynaecologists), il monitoraggio cardiotocografico è raccomandato solo nelle gravidanze a rischio ipossico, in presenza di indicazioni specifiche:
Il monitoraggio cardiotocografico può essere svolto sia prima del parto che durante il travaglio. Si tratta di un esame non invasivo, durante il quale la paziente viene distesa in posizione supina con la schiena leggermente sollevata o, in alternativa, in posizione lievemente inclinata sul fianco sinistro. Vengono utilizzati due trasduttori da appoggiare sull’addome materno: il primo serve a rilevare le contrazioni dell’utero, il secondo è una sonda a ultrasuoni che rileva i battiti fetali. I due segnali vengono registrati e costituiscono il cosiddetto tracciato cardiotocografico.
La durata dell’esame è di circa 20 minuti, ma può arrivare anche a 40 minuti, in relazione alla reattività del feto, che potrebbe trovarsi in una fase del sonno in cui la reattività è fisiologicamente assente. In caso di mancata reattività fetale è possibile anche ricorrere alla stimolazione manuale o vibroacustica.
L’esame si svolge tra le 32 e le 34 settimane di gravidanza e, eccezionalmente, tra le 26 e le 28 settimane in caso di gemellarità o di gravidanza ad altissimo rischio, ma con criteri di lettura diversi. Se persiste l’indicazione alla cardiotocografia, il monitoraggio va ripetuto fino al termine della gravidanza. Durante il travaglio può essere fatto anche un monitoraggio in continuo, utilizzando un elettrodo interno da posizionare direttamente sullo scalpo fetale.
Sempre secondo le linee guida dell’RCOG, i parametri di cui tenere conto nel tracciato dell’esame sono:
Tenendo conto dei parametri misurati in un esame cardiotocografico, il tracciato viene definito:
Per quanto riguarda l’attività contrattile uterina, è definita:
La cardiotocografia è una metodica indiretta di valutazione delle condizioni del feto, caratterizzata da una sensibilità quasi del 100%, ma da una specificità che non supera il 50%. Ciò significa che nei casi in cui il tracciato mostri segni di reattività fetale quasi sempre non vi sono danni ipossici. Ma se il tracciato non mostra segni di reattività, non è detto che si tratti di sofferenza fetale.
Come conseguenza della bassa specificità dell’esame, si tende a sovrastimare le situazioni di stress fetale causate da scarsa ossigenazione e ad aumentare il numero dei tagli cesarei.
Un altro grande limite legato a questo tipo di tecnica è la discordanza nell’interpretazione dei risultati. Numerosi studi hanno mostrato che questa variabilità di analisi si osserva non solo tra lettori diversi, ma anche per uno stesso lettore in momenti diversi. Vi è dunque la necessità di uniformare i metodi di lettura dei tracciati.
È importante che la cardiotocografia si esegua solo in presenza di indicazioni specifiche e in un’epoca gestazionale adeguata, per evitare risultati falsati.
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