Come il tumore del colon-retto può influenzare la fertilità
Rimanere incinta dopo una diagnosi di tumore al colon-retto? Ecco quando (e come) è possibile e cosa c'è da sapere.

Rimanere incinta dopo una diagnosi di tumore al colon-retto? Ecco quando (e come) è possibile e cosa c'è da sapere.
Il 3% circa dei casi di tumore, riporta la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, viene diagnosticato in persone con meno di 40 anni, nel periodo di tempo in cui generalmente si cerca una gravidanza. Tra le neoplasie più diagnosticate in questa fascia d’età, precisa questo studio, c’è il tumore del colon-retto. Nonostante i progressi nelle terapie aumentano le possibilità di guarigione e che sia possibile portare a termine una gravidanza dopo un tumore è importante non sottovalutare o ignorare l’impatto che una malattia di questo tipo può avere sulle scelte riproduttive, sia individuali che di coppia. Vediamo quindi più da vicino qual è il rapporto tra tumore del colon-retto e fertilità.
Il tumore del colon-retto, spiega il Manuale MSD, insorge solitamente sulla superficie della mucosa intestinale o rettale per poi invadere, con l’aumento delle dimensioni, la parete dell’intestino o del retto. Oltre a poter interessare anche i linfonodi adiacenti può metastatizzare anche al fegato tramite il sangue proveniente dalle pareti dell’intestino e del retto.
Sebbene l’incidenza complessiva e la mortalità del carcinoma del colon-retto siano diminuite, i casi diagnosticati di carcinoma del colon-retto a insorgenza giovani sono aumentati in modo significativo. Le preoccupazioni sulla fertilità futura sono seconde solo alle preoccupazioni per la sopravvivenza e possono influire significativamente sulla qualità della vita dei giovani sopravvissuti al cancro. Nonostante il numero dei decessi sia in costante diminuzione il tumore del colon-retto è la seconda causa di morte per cancro nei Paesi occidentali.
Per questo motivo, come spiegato anche in questo studio, subito dopo le preoccupazioni sulla sopravvivenza vi sono i timori legati alla fertilità futura. La conservazione della fertilità è, quindi, una questione importante in questi pazienti.
Statisticamente il tumore del colon-retto interessa di più gli uomini rispetto alle donne con un impatto differente sulla loro fertilità. Nelle donne, come riportato in questo studio, la diagnosi di cancro al colon ha comportato una riduzione del tasso di fertilità, in particolare tra i 20 e i 24 anni. Per le donne con cancro al retto, invece, non si è registrata una differenza significativa nei tassi di fertilità specifici per età, ma si è osservata una riduzione complessiva del tasso di fertilità totale. Negli uomini, invece, la diagnosi di cancro al colon o al retto non ha comportato differenze significative sui tassi di fertilità rispetto agli uomini senza diagnosi di cancro al colon-retto.
Il tumore del colon-retto ha quindi un impatto maggiore sulla fertilità femminile, anche se si tratta sostanzialmente di un’influenza indiretta, per via dei trattamenti necessari per curare la malattia. Nello specifico, come evidenziato anche dall’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI), la chemioterapia e la radioterapia possono avere un effetto tossico sulle gonadi (ovaie nelle donne, testicoli negli uomini), compromettendone la funzionalità.
Nelle linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) si pone l’attenzione su come la chirurgia, soprattutto quella rettale o che coinvolge gli organi riproduttivi femminili, può avere un impatto negativo sulla fertilità femminile, mentre negli uomini potrebbe influenzare l’eiaculazione o la funzione ormonale.
Inoltre, aggiunge l’I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele, molte terapie oncologiche, come la chemioterapia e la radioterapia nella zona pelvica, possono avere effetti collaterali a lungo termine, compromettendo la funzione ovarica e causando infertilità o menopausa precoce.
Preservare la fertilità è, quindi, un’opzione che tutti i pazienti con una diagnosi di tumore del colon-retto dovrebbero valutare prima di intraprendere qualsiasi trattamento. Le linee guida internazionali raccomandano di informare tutte le pazienti in età riproduttiva che si devono sottoporre degli effetti che queste possono avere sulla fertilità e sulle tecniche disponibili per ridurre il rischio. Le strategie a cui fare riferimento includono la crioconservazione (degli ovociti, degli embrioni o del tessuto ovarico) e la trasposizione ovarica.
La crioconservazione degli ovociti è indicata nelle pazienti che hanno la possibilità di posticipare di qualche settimana l’inizio della chemioterapia e che hanno un’adeguata riserva ovarica. La tecnica richiede la stimolazione ormonale per indurre la crescita dei follicoli e poi procedere con il prelievo e la crioconservazione degli ovociti. Nel caso in cui non si potessero attendere le settimane necessarie per la stimolazione ovarica è possibile procedere per via laparoscopia al prelievo del tessuto ovarico per poi essere reimpianto al termine delle cure oncologiche. La particolarità di questa tecnica, come riferito da Insalutenews, è la possibilità di essere utilizzata anche nelle bambine e nelle adolescenti prepubere.
La crioconservazione degli embrioni, invece, consente la possibilità di fecondare gli ovociti e crioconservare gli embrioni formatisi per poi utilizzarli al termine del trattamento oncologico.
Infine nelle pazienti che devono effettuare la radioterapia pelvica è possibile procedere con la trasposizione ovarica (Ovarian transposition). Si tratta di una procedura che permette di spostare chirurgicamente le ovaie fuori dal campo di irradiazione così da preservarne la funzionalità.
È importante sottolineare che la scelta dell’opzione per la preservazione della fertilità siano valutate e scelte prima dell’inizio dei trattamenti antitumorali in quanto richiedono tempo per essere messi in atto. Da questo punto di vista è necessario anche prevedere un accesso rapido ai percorsi per la crioconservazione.
Gli studi più recenti pongono l’attenzione sulla necessità di un counselling pretrattamento sulla fertilità, soprattutto per le giovani pazienti con tumore del colon-retto. È stato infatti osservato che la discussione sulla fertilità avviene solamente in una minoranza di pazienti sotto i 40 anni con diagnosi tumore del colon-retto, ponendo l’attenzione sulla necessità di educare i professionisti sanitari sull’importanza del rischio per la fertilità.