Quando si parla del “prodotto del concepimento”, quello che sarà il futuro nascituro, si utilizzano diversi termini: embrione, feto e bambino. Ovviamente non si tratta di sinonimi e ciascuno di essi indica una precisa fase, non solo cronologica, dello sviluppo.

Ogni fase è poi a sua volta più articolata e nel caso delle primissime fasi della formazione dell’embrione, i giorni immediatamente successivi al concepimento, si parla della morula, ovvero del primo cambiamento strutturale che lo zigote conosce.

Cos’è una morula?

Comprendere le primissime fasi del concepimento è utile per capire cosa avviene all’interno del corpo umano, ma anche per conoscere i termini che spesso vengono utilizzati nei casi di tecniche di procreazione medicalmente assistita. È il caso dello zigote, della morula, della blastocisti e, infine, dell’embrione.

La morula, di cui stiamo parlando, è fondamentalmente lo stadio evolutivo che raggiunge lo zigote (la cellula ottenuta dalla fecondazione del gamete femminile e quello maschile) al terzo giorno dopo il concepimento. Dopo la fecondazione, infatti, lo zigote inizia un processo, detto di segmentazione, che prevede una divisione cellulare, raddoppiando il numero di cellule (da una a due, da due a quattro, da quattro a otto, da otto a sedici, eccetera).

L’aumento del numero delle cellule non aumenta però il volume dell’embrione. La divisione cellulare avviene nelle ore e nei giorni successivi alla fecondazione fino a quando, indicativamente verso il sesto giorno, l’embrione che si è formato non raggiunge l’utero e non si impianti in esso, dando il via alla gravidanza vera e propria.

Le caratteristiche della morula

La morula è quindi lo zigote che al terzo giorno di sviluppo è composta da una serie di blastomeri, le cellule formatesi dalla divisione cellulare e che nel passaggio da otto a sedici si “ammassano” portando all’ottenimento di una massa cellulare compatta nella quale i contatti tra le cellule siano massimi. La morula che si è formata aumenta esponenzialmente il numero delle cellule mantenendo costante il diametro e, grazie alla compattazione che ha eliminato tutti gli spazi vuoti prima presenti tra le diverse cellule, formando un rivestimento continuo.

Nelle tecniche di PMA, grazie a questo processo, è possibile eseguire la valutazione dell’embrione verificando il livello di compattazione cellulare (che deve interessare tutto il volume dell’embrione). Successivamente vi è la fase di cavitazione della morula, che prevede la creazione della blastocele, la cavità che racchiude un fluido che può essere analizzato per individuare delle anomalie dell’embrione.

Raggiunto lo stadio di morula, l’embrione conosce cambiamenti strutturali e metabolici (aumento di RNA e proteine). La morula cessa poi di essere tale quando diventa blastocisti al quarto giorno dal concepimento.

Dalla morula alla blastocisti

Lo step successivo, che avviene nel quarto giorno dalla fecondazione, è quello che porta la morula a diventare blastocisti. Questo avviene grazie al secondo cambiamento strutturale con il quale si formano due gruppi di cellule deputati alla formazione dei tessuti extraembrionali e dell’embrione vero e proprio.

I passaggi da zigote a morula prima e da morula a blastocisti poi, possono andare incontro a rallentamenti o blocchi. Se questo avviene in maniera naturale non se ne percepisce il cambiamento; in laboratorio, dietro attenta analisi, è un indicatore della poca qualità dell’embrione per l’ottenimento di una gravidanza evolutiva. Per questo motivo generalmente si tende a eseguire il trasferimento dell’embrione solamente allo stadio di blastocisti in quanto è questa la fase in cui l’embrione è pronto per l’impianto in utero e per l’inizio della gravidanza. Con l’impianto la blastocisti riceve il proprio nutrimento dall’utero materno potendo proseguire il proprio sviluppo.

L’impianto è un processo che inizia indicativamente tra il sesto e il settimo giorno e si conclude intorno al tredicesimo-quattordicesimo. In questi giorni la blastocisti penetra nel tessuto uterino ed entra a contatto con le cellule materne.

Il processo dell’impianto inizia a metà della fase luteale del ciclo quando vi è una maggiore concentrazione di progesterone rispetto agli estrogeni. È in questa fase che interviene la cosiddetta pillola del giorno dopo che aumenta la quantità di estrogeni, ribaltando l’equilibrio altrimenti esistente e impedendo che l’impianto avvenga. L’efficacia della pillola è tale anche perché vi è un periodo di tempo limitato in cui l’impianto è possibile; questo periodo dura ventiquattro ore.

È fondamentale conoscere questo periodo di ricettività uterina per ottimizzare l’efficacia delle tecniche di riproduzione assistita. Sebbene enormi progressi siano stati fatti in materia, ancora oggi molti elementi che determinano il processo di impianto dell’embrione è lontano dall’essere pienamente compreso.

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  • Concepimento