
Fin dalle prime settimane di gestazione il sistema immunitario del bambino si forma e sviluppa; ecco 7 consigli utili per rafforzarlo e renderlo pi...
Una predisposizione del sistema immunitario può scatenare un insieme di eventi che se non prontamente gestito causa la morte del bambino. Ecco cosa fare in caso di shock anafilattico.
Una forma particolare che si caratterizza per la sua gravità e per essere potenzialmente pericolosa per la vita è il cosiddetto shock anafilattico, una reazione allergica generalizzata che si manifesta improvvisamente e che ha un decorso rapido e che va trattata prontamente.
I bambini con meno di 6 anni e che si trovano in un contesto domestico sono quelli maggiormente esposti al rischio di shock anafilattico ed è fondamentale conoscere i fattori di rischio, l’evoluzione della crisi e cosa fare per evitare un esito tragico.
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Lo shock anafilattico (o anafilassi) è rappresentato da una rapida sequenza di eventi che si scatenano al contatto di particolari anticorpi con un allergene. Si tratta di una condizione clinica grave, che in alcuni casi è irreversibile (e reversibile se prontamente trattata) che si verifica in soggetti precedentemente sensibilizzati alla sostanza responsabile dello shock anafilattico.
Più specificatamente lo shock anafilattico si verifica per l’interazione tra gli anticorpi IgE e un allergene in pazienti predisposti alla produzione di quegli anticorpi. In soggetti non predisposti, invece, tale interazione risulta del tutto innocua.
La prima volta che un allergene entra a contatto con l’organismo risulta innocuo, ma nei soggetti predisposti vi è la produzione di anticorpi IgE che, in un successivo contatto, può provocare lo shock anafilattico. Durante i successivi contatti vi sarà il rilascio di grandi quantità di mediatori dell’infiammazione e di istamina, i principali responsabili della reazione allergica da shock anafilattico.
Sono diversi gli allergeni responsabili di uno shock anafilattico e i più comuni sono quelli provenienti dall’ingestione di alimenti che contengono anche una piccolissima quantità di allergene. Uova, latte, pesce, grano, crostacei, nocciole, arachidi, eccetera, per i bambini predisposti possono essere responsabili dello shock anafilattico.
Parallelamente gli allergeni più diffusi sono quelli provenienti da farmaci (FANS, penicillina, farmaci biologici, eccetera), veleni di insetti (vespa, ape, calabrone, eccetera), proteine (trasfusioni di sangue, eccetera), ma anche l’esercizio fisico e il lattice (presente nei ciucci, nei giocattoli e nelle tettarelle dei biberon).
Lo shock anafilattico provoca una reazione allergica multisistemica (che colpisce l’apparato respiratorio, cardiovascolare, neurologico, gastrointestinale e dermatologico) caratterizzata da un esordio acuto di sintomi respiratori o cardiovascolari associati generalmente a reazione cutanee e sintomi gastrointestinali gravi.
Tra i primi effetti del contatto tra l’allergene e gli anticorpi IgE troviamo le contrazioni della muscolatura liscia, la vasodilatazione e l’aumento della permeabilità vascolare. I sintomi tipici dello shock anafilattico comprendono le vampate di calore alla testa e alle estremità, il respiro sibilante, nausea, vomito, diarrea e anche l’ischemia miocardica.
Per quel che riguarda le reazioni cutanee, le più diffuse nei bambini, si hanno eritemi, lacrimazioni, rossori, prurito a occhi, bocca, naso e pelle, angioedemi (rigonfiamenti diffusi del tessuto sottocutaneo nel dorso elle mani e dei piedi, nelle labbra, nelle palpebre e nei genitali) orticaria (gonfiore e arrossamento locale nel derma), mentre per i sintomi respiratori i principali sono il respiro sibilante, il gonfiore della lingua, il dolore toracico, la voce rauca, la difficoltà a parlare, il formicolio alla bocca o alla gola e la dispnea.
I sintomi cardiovascolari sono il pallore, le palpitazioni, la bradicardia, la tachicardia e anche l’arresto cardiaco. Il coinvolgimento del sistema neurologico può portare a mal di testa, vertigini, confusione e alterazione della coscienza.
La gravità dello shock anafilattico è data anche da tutti quei fattori di rischio che possono renderla fatale. Una forma di asma sottovalutata, un’allergia, un ritardo nella terapia immediata o condizioni cardiache e respiratorie preesistenti possono rendere irreversibile lo shock anafilattico portando anche al decesso del bambino.
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La gestione dello shock anafilattico nei bambini prevede una terapia immediata e una successiva. La prima consiste nella somministrazione di adrenalina (0.2-0.5ml, in base all’età e al peso del bambino, da iniettare per via intramuscolare nella coscia) e, successivamente, presso il Pronto Soccorso più vicino una terapia a base di antistaminici, cortisonici e broncodilatatori.
L’adrenalina, considerato un farmaco salvavita, è disponibile in fiale predosate, resistenti al calore e che hanno una durata di 18 mesi (se tenute a temperatura ambiente). I genitori di bambini con fattori predisponenti allo shock anafilattico oltre a prevenire il contatto con gli allergeni responsabili dell’anafilassi devono essere pronti a intervenire tempestivamente utilizzando la siringa di adrenalina che, dopo l’iniezione, va tenuta per 10 secondi in modo da consentire che il farmaco penetri nei tessuti.
Durante la terapia immediata bisogna evitare che il bambino stia in piedi o cammini. È infatti fondamentale che rimanga in posizione supina tenendogli gli arti sollevati e monitorando i segni vitali.
Se dopo 5-10 minuti dalla somministrazione della siringa di adrenalina i sintomi non dovessero scomparire è necessario somministrare un’altra dose. Parallelamente può essere utile il ricorso a antistaminici, infusioni intravenose e broncodilatatori, motivo per cui ogni bambini con gravi allergie deve avere sempre a portata di mano un kit salvavita e i genitori essere educati a gestire correttamente ogni crisi.
Dopo la risoluzione completa dei sintomi è comunque necessario rivolgersi alla struttura ospedaliera più vicina per sottoporre il bambino a un controllo che escluda danni, complicazioni e il sopraggiungere di una reazione bifasica (una recidiva dei sintomi dopo la loro risoluzione iniziale).
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