Ogni generazione di genitori si trova ad affrontare sfide nuove e diverse da quelle delle generazioni precedenti. Le nuove generazioni di genitori si trovano a gestire il fenomeno dei social network e della digitalizzazione non solo in termini di accesso dei bambini a queste tecnologie (quando dare il telefono a un figlio?) ma anche di condivisione di foto e dati dei propri figli.

È il fenomeno dello sharenting.

Cosa significa sharenting?

Definizione-Sharenting
Fonte. iStock

Mediamente, ogni anno i genitori condividono online qualcosa come 300 foto e dati sensibili riguardanti i propri figli. Il The Journal of Pediatrics che cita lo studio europeo che ha analizzato questo fenomeno, indica come le piattaforme più utilizzate sia Facebook (54%), Instagram (16%) e Twitter (12%). Questo fenomeno prende il nome di sharenting dalla fusione dei termini inglesi share (condividere) e parenting (genitoralità).

È opportuno precisare, riprendendo quanto sottolineato dall’UNICEF, che per sharenting è da intendersi qualsiasi condivisione di informazioni relative ai propri figli al di fuori della propria cerchia familiare. Non solo post social, quindi, ma anche contenuti del blog e condivisione di contenuti tramite applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp.

Le origini dell’impulso alla condivisione

Si tratta di un fenomeno complesso le cui cause vanno individuate innanzitutto nei motivi per cui condividiamo contenuti online. Il Customer Insight Group del New York Times ha pubblicato lo studio The Psychology of Sharing nel quale individua le seguenti motivazioni: la volontà di informare, divertire e aiutare le persone; definire sé stessi; far crescere e alimentare le relazioni; per realizzarsi; per diffondere la voce su alcuni prodotti, idee o fenomeni.

Nel caso dei genitori, pur consapevoli (in tutto o in parte) dei rischi legati allo sharenting, la Cleveland Clinic individua queste motivazioni:

  • condividere i risultati raggiunti dai propri figli;
  • costruire un archivio digitale della vita del bambino;
  • far sapere alla propria cerchia di amici cosa si sta vivendo;
  • necessità di sfogarsi e trovare conforto;
  • contribuire a cause specifiche.

Ci sono poi motivazioni più critiche legate alla ricerca di attenzioni e di attestati di stima e a chi vive situazioni di solitudine, depressione ed emarginazione. Lo sharenting, quindi, può avere diverse cause e, per quanto si tratti di un comportamento pericoloso, non tutte derubricabili all’immaturità o alla superficialità dei genitori.

I rischi e le conseguenze per i figli

Il Garante della Privacy pone l’attenzione sul fatto che postare foto e video della vita di un minore, accompagnandole magari da informazioni sul nome, l’età o il luogo in cui si trova, sono dati che contribuiscono a definire l’immagine e la reputazione online di una persona. Inoltre c’è il grande problema per cui ciò che viene condiviso online non è più oggetto del proprio diretto controllo.

Ci sono, quindi, pericoli legati all’incolumità dei minori che possono essere oggetto di sfruttamento sessuale, futuro disagio emotivo e violazione della privacy ma anche, come evidenziato nello studio pubblicato su Frontiers in Psychology, un impatto negativo sullo sviluppo della personalità dei bambini. I minori, infatti, vengono ampiamente rappresentati dai loro genitori e con il fenomeno dello sharenting rischiano di non poter creare la propria identità online.

I pericoli, quindi, sono sia nell’immediato (rischio di adescamento, utilizzo del materiale per attività pedopornografiche, eccetera) che nel medio-lungo periodo, con i bambini che crescendo ed entrando da protagonisti nel mondo digitale e dei social dovranno, loro malgrado, dover fare i conti con una grande quantità di materiale che non hanno scelto di condividere.

Quando si parla di sharenting non si fa riferimento solo alla foto di famiglia delle vacanze o del bambino dietro la torta di compleanno. Alcuni esempi comuni riguardano la condivisione della pagella del bambino, di un loro referto medico, di foto che ritraggono il minore mentre utilizza il vasino accompagnate dai consigli su come procedere con lo spannolinamento, così come, ancora, riferire di un’esperienza che ha coinvolto il proprio figlio per partecipare a una discussione online.

7 consigli per un uso consapevole della tecnologia

1. Consapevolezza e attenzione

Lo sharenting non è un problema marginale o un qualcosa che i genitori dovrebbero evitare ma che tutto sommato alla fine non crea grossi danni. Come evidenziato anche dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) c’è anche un problema prettamente legale. L’immagine di una persona, infatti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore e dal Codice Civile che, sebbene tra alcune contraddizioni, esplicita che nulla possa essere pubblicato e condiviso senza il consenso del diretto interessato.

2. Attenzione al tipo di contenuto

Al netto di tutte le buone intenzioni che animano i genitori va sempre assolutamente evitata la condivisione di immagini nelle quali il bambino è in uno stato di nudità.

3. Rendere irriconoscibile il volto

L’uso delle emoticon sui volti dei bambini o l’utilizzo di funzioni per “pixelare” il viso sono tutte abitudini utili per continuare a condividere contenuti online senza per questo violare la privacy del bambino o, per questo, esporlo a tutti i rischi dello sharenting.

4. Controllare il web

Anche nell’ottica di voler porre rimedio a una condivisione poco responsabile di contenuti inerenti i propri figli è possibile avvalersi di sistemi di monitoraggio che avvisano i genitori quando il nome del proprio figlio compare nei motori di ricerca.

5. Non condividere informazioni sui minori

Oltre alle foto e a ai video che li ritraggono, Save the Children pone l’attenzione sull’evitare di condividere abitudini, informazioni, interessi e dati personali che identifichino il proprio figlio.

6. Non aprire profili social

Per tutelare la privacy e il futuro dei minori è importante anche evitare di creare account social con il nome del bambino.

7. Leggere l’informativa sulla privacy

Difficilmente leggiamo i termini e le condizioni di utilizzo di un servizio prima di iscriversi e accedervi, ma è fondamentale conoscere quali sono le regole della piattaforma digitale che si utilizza. Allo stesso tempo è importante verificare e aggiornare regolarmente le impostazioni della privacy dei propri account così da limitare il numero di persone con le quali condividere i propri contenuti online.

Sharenting e proposte di legge

A oggi in Italia non esiste una legge che regolamenti (o vieti) la condivisione dei contenuti inerenti un minore. Anzi, le norme esistenti impongono il consenso del diretto interessato per poter pubblicare foto e video, ma fino ai 18 anni tale responsabilità è in capo ai genitori essendo questi, quindi, privi di alcun controllo e limitazione.

Il 12 marzo 2024 è stata presentata una proposta di legge dal titolo Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minorenni. La proposta, presentata da Europa Verde con la firma degli onorevoli Angelo Bonelli, Luana Zanella, Elisabetta Piccolotti, e Nicola Fratoianni prevede di:

  • Modificare la normativa sul sistema radiotelevisivo per garantire una maggiore tutela per i minori di 14 anni in caso di diffusione dei contenuti sulle piattaforme digitali. È previsto l’obbligo per i genitori di informare l’AGCOM per limitare l’esposizione mediatica dei minorenni.
  • Prevedere che gli eventuali guadagni ottenuti dai genitori dalla pubblicazione di contenuti inerenti i minori vengano depositati in un conto corrente intestato al minore così che, una volta maggiorenne, ne disponga lui direttamente.
  • Diritto all’oblio digitale; la proposta prevede al compimento del quattordicesimo anno di età i minori possano richiedere la completa rimozione di tutti i contenuti nei quali sono protagonisti.
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Categorie

  • Bambino (1-6 anni)