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Lo sviluppo del linguaggio è soggetto a diverse variabili. Vediamo le principali tappe e quando preoccuparsi se il bambino non parla.
I bambini pronunciano le prime parole tra i 12 e i 20 mesi. Questo arco di tempo così ampio permette di capire che le variabili in gioco sono tante; l’età “giusta” per iniziare a parlare non c’è: moltissimo dipende da bambino a bambino. In generale, però, a 2 anni la maggior parte conosce almeno 50 parole e ne comprende più di 100.
Quando un bambino tarda a parlare molti genitori si chiedono se sia normale e quando occorre preoccuparsi. In linea generale, se il bambino comprende quello che gli viene detto, i genitori possono aspettare prima di rivolgersi al pediatra. Se invece all’età di 3 anni mostra ancora difficoltà a comprendere, occorre contattare il logopedista.
Bisogna chiarire che i bambini che non parlano spesso utilizzano i gesti per comunicare con i loro genitori, con altri adulti o bambini. Usano, cioè, il linguaggio non verbale: le espressioni del volto, il contatto fisico o visivo. La parola, il linguaggio verbale arriva più tardi. Nella maggior parte dei casi la comprensione del linguaggio è nella norma.
Si tratta di bambini il cui vocabolario “sboccia” tra i 2 e i 3 anni, e che riescono senza problemi a recuperare il ritardo accumulato e “raggiungere” velocemente i bambini che hanno iniziato prima.
Questi bambini, parlatori tardivi, sono conosciuti anche col nome di “late talkers“. Si tratta di quei bambini che a 2 anni non padroneggiano le 50 parole del lessico di base; inoltre, non riescono ancora a formare e combinare insieme delle frasi. In questi casi di può parlare di un ritardo del linguaggio. Questo non significa che successivamente svilupperanno necessariamente una patologia.
Nella maggioranza dei casi, questi bambini iniziano a parlare più tardi, riuscendo a combinare quelle parole e frasi che non avevano fino a quel momento pronunciato. Si tratta dei cosiddetti “late bloomers” (da bloom: “fiorire”), bambini che, appunto, “sbocciano” un po’ più tardi, verso i 3 anni.
Non occorre allarmarsi creando un inutile stress all’interno del nucleo familiare, ma se intorno ai 24/30 mesi il bambino non è in grado di combinare insieme delle frasi semplici, è opportuno indagare le cause di questo ritardo.
Tra i 2 anni/2 anni e mezzo, i late talkers hanno un lessico limitato e non formano delle frasi perché non hanno attraversato tutte le tappe dello sviluppo linguistico (come la lallazione o un lessico limitato a 1 anno e mezzo). Questo ritardo va indagato per capire se si tratta di un late bloomer che, semplicemente, svilupperà il linguaggio più tardi degli altri, o se c’è un altro tipo di difficoltà.
I neonati fino a 3 mesi interagiscono con la mamma attraverso sorrisi o gorgoglii; dopo i 6/7 mesi inizia la lallazione con la reiterazione di suoni come ba-ba, ma-ma. A circa 1 anno i bambini cominciano a pronunciare parole e piccole frasi (“bau bau” per “cane”). A questo punto inizia lo sviluppo del lessico, che si amplia a circa un anno e mezzo (si parla addirittura di “esplosione lessicale”).
Dai 12 mesi in poi si sviluppa il lessico, che a 18 mesi diventa più ampio e vario (si parla di una vera e propria “esplosione lessicale”). Per comunicare, i bambini pronunciano delle frasi nucleari di una sola parola. Dicendo “papà” possono voler dire “ecco papà che torna dal lavoro”; “miao miao” può significare “lì c’è un gatto”.
Lo sviluppo del linguaggio nei bambini continua con la tappa della ricombinazione lessicale, che consiste in frasi di due o tre parole vicine. Per dire “andiamo a casa della zia”, il bambino dirà le parole “casa” e “zia”. Questo processo inizia a partire da 1 anno e mezzo fino ai 2 anni, ossia l’età in cui i bambini dovrebbero riuscire a formare combinazioni di piccole frasi.
Per favorire lo sviluppo del linguaggio esistono diversi accorgimenti. Innanzitutto alcuni giochi e le attività ludiche, come il “forziere delle parole”, le flashcards o il racconto di fiabe e favole prima di andare a dormire.
Leggere, infatti, è un ottimo modo per sviluppare il linguaggio nei bambini; la lettura si può fare con i genitori, prediligendo libri con immagini. Il linguaggio deve essere quello quotidiano; inoltre, è importante leggere senza semplificare o ridurre il lessico.
Un altro consiglio è coinvolgere i bambini nelle attività quotidiane. Il bambino impara a verbalizzare quegli oggetti ed esperienze con cui viene a contatto. Come aiutarlo? Per esempio ripetendo ad alta voce ciò che vediamo o facciamo (“guarda, lì c’è una pecora!”, oppure “oggi è una brutta giornata, piove”, o “adesso ci mettiamo la giacca e andiamo dai cuginetti”).
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