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Spesso asintomatica ma potenzialmente responsabile della perdita (reversibile o irreversibile) della capacità uditiva scopriamo come riconoscere e gestire l'otite media effusiva, nota anche come otite catarrale.
È una condizione che rappresenta la principale causa di deficit uditivo nell’infanzia (raramente irreversibile) che nelle forme ricorrenti (è generalmente limitata nel tempo) può avere ripercussioni anche sullo sviluppo del linguaggio e sul comportamento del bambino. È stato inoltre dimostrato come l’otite catarrale abbia un ruolo importante nello sviluppo dei disturbi dell’iperattività e dell’attenzione.
L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ricordando come piccole quantità di liquido sono normalmente presenti nell’orecchio medio (lo spazio tra il timpano e la chiocciola), spiega come l’otite catarrale sia propriamente un accumulo di muco (effusione) nell’orecchio medio. È una condizione comune nei bambini piccoli con meno di 2 anni e diventa meno frequente dopo gli 8 anni.
L’accumulo di liquidi o di muco nell’orecchio medio, spiega il Manuale MSD, avviene a causa dell’ostruzione dell’apertura della tuba di Eustachio (il condotto che unisce il naso con l’orecchio). Questa può essere favorita, come riportato dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer, da un’insufficienza tubarica e/o dalla presenza di ipertrofia adenoidea, ma anche infiammazioni della rinofaringe, allergie o tumori (benigni o maligni) possono provocare l’ostruzione dell’apertura della tuba di Eustachio tale da determinare l’accumulo di liquidi. Liquidi che comunemente sono sterili, ma che in alcuni casi possono contenere batteri.
Tra i principali fattori di rischio che possono contribuire all’insorgenza dell’otite catarrale ci sono: avere un fratello maggiore, l’età (è più comune tra i 6 e gli 11 mesi di vita), l’essere a contatto con più bambini (come negli asili nido), il fumo passivo, le infezioni, le allergie, i deficit immunitari, il reflusso gastro-esofageo, la palatoschisi e altre anomalie cranio-facciali, obesità infantile e una certa predisposizione genetica.
Sono a maggior rischio di comparsa di sindrome catarrale anche tutti quei bambini nei quali vi è una condizione o una sindrome legata alla presenza di una disfunzione congenita del sistema di ventilazione dell’orecchio medio. È il caso della palatoschisi, ma anche della Sindrome di Down, della Sindrome di Turner, delle sindromi degli archi branchiali (tra cui la Sindrome di Di George) e della fibrosi cistica.
Tra le particolarità dell’otite catarrale è quella di essere spesso asintomatica e, anche per questo motivo, sottostimata e misconosciuta. I sintomi più comuni con i quali si accompagna sono i problemi dell’udito che è possibile percepire quando il bambino chiede spesso di ripetere cosa gli è stato detto o aumenta il volume della TV e la sua maggiore disattenzione o facile distraibilità.
L’otite media effusiva si caratterizza dalla presenza di essudato nella cavità dell’orecchio da più di 3-6 mesi in assenza di segni infiammatori acuti. Solitamente è una condizione che si risolve spontaneamente nell’arco di 3 mesi, ma il 30-40% dei bambini sperimenta episodi di otite catarrale ricorrente con un 5-10% di bambini che presenta episodi che durano anche un anno o più.
La diagnosi dell’otite media secretiva avviene mediante esame con otoscopia pneumatica, durante la quale un particolare insufflatore viene posto all’estremità dell’otoscopio per spostare la membrana timpanica. In presenza di liquido nell’orecchio medio, infatti, questo movimento è inibito. Il ricorso alla timpanometria può rivelarsi utile per confermare il versamento nell’orecchio medio, mentre per gli adolescenti (e per gli adulti) è consigliato anche un esame nasofaringeo per escludere la presenza di neoplasie.
I rimedi più comuni sono legati all’utilizzo di decongestionanti nasali, antistaminici e della terapia steroidea. Le terapie farmacologiche per il trattamento dell’otite catarrale si sono rivelate poco efficaci. Nel caso in cui le condizioni del bambino non migliorano spontaneamente si potrebbe rivelare necessario il ricorso a un intervento chirurgico per la rimozione del catarro.
L’intervento è quello di drenaggio transtimpanico che viene eseguito in anestesia generale e prevede l’utilizzo di un otomicroscopio per seguire un taglio sulla membrana timpanica, aspirare il fluido e prevedere il posizionamento di un tubicino tramite il foro creato.
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