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A cosa serve, come funziona, come si fa, i pro e i contro: ecco tutto quello che c'è da sapere sul metodo holding, "l'abbraccio che cura".
Vediamo cosa è e come funziona.
Ideato negli anni ’70 negli Usa e teorizzato da Martha G. Welch nel libro del 1989 L’abbraccio che cura, il metodo holding consiste in una serie di tecniche per “abbracciare” e calmare un bambino per risolvere un conflitto o un momento di crisi.
Lo scopo è sviluppare un legame, fiducia e un sentimento di sicurezza attraverso un contatto sia corporeo che visivo tra il bambino e il genitore o il caregiver che, «avvolge tra le proprie braccia (contiene) il bambino, regolando la pressione del corpo, orientando il proprio capo e quello del bambino, in modo da ricercarne il contatto visivo, e modulando la propria voce».
Welch spiegava che:
Ho scoperto che le risposte del genitore e del bambino durante l’holding di solito seguono una sequenza specifica: 1 Confronto, 2 Rifiuto e 3 Risoluzione. La prima fase è quella del confronto poiché il bambino protesta per essere trattenuto. A volte questa fase iniziale sfocia in un felice scambio tra i due. La seconda fase è il rifiuto poiché il bambino lotta per scappare. Quando ciò accade, la madre esprime i suoi sentimenti e le sue preoccupazioni al bambino. A questo punto la madre usa la sua forza e tenacia per evitare che il bambino si stacchi dal suo abbraccio. Man mano che la lotta si intensifica, alla fine e invariabilmente c’è una dissoluzione della lotta mentre la relazione diventa tenera e intima, con un intenso contatto visivo, tocco e conversazione relativa ai sentimenti. Questa è la fase finale della risoluzione ed è caratterizzata da sentimenti di vicinanza e contentezza.
Il metodo è nato inizialmente come approccio terapeutico ai bambini autistici o con disturbi comportamentali, ma successivamente è stato applicato anche nella gestione dei disagi infantili – come crisi di rabbia o panico – delle crisi bambini piccoli (ovviamente con un contenimento molto minore per non creare traumi fisici e per non indurre a un senso di disagio e di oppressione) e, secondo alcuni studi, anche degli adolescenti violenti.
Il metodo holding non consiste “semplicemente” nell’abbracciare in maniera stretta il bambino impedendogli di muoversi: come dicevamo, sono coinvolti anche il contatto visivo e la voce.
Come spiega l’Associazione Il Filo dalla Torre, che si occupa di fare educazione e formazione sui temi dell’autismo e della disabilità, quando si pratica l’holding ci sono tutta una serie di accorgimenti che è importante seguire:
Uno dei principali benefici dell’abbraccio contenitivo – e l’obiettivo con cui nasce – è alimentare il legame tra il bambino e la persona che se ne prende cura, sia esso un genitore o un caregiver: è da questa relazione basata sulla fiducia che deve svilupparsi un sentimento di sicurezza capace.
Non si tratta, quindi, solo di gestire i malesseri emotivi e calmare un bambino in un momento di forte stress, ma di farlo sentire accudito e compreso, e libero di esplorare le proprie emozioni all’interno di uno spazio sicuro.
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Per trasmettere un senso di fiducia e sicurezza, l’adulto deve rappresentare un punto di riferimento per il bambino e, per questo, è necessario che sia in controllo delle proprie emozioni e che riesca a mantenersi calmo anche di fronte a crisi o capricci. Se è nervoso o arrabbiato, il bambino lo percepirà.
Non solo: i promotori del metodo holding raccomandano di utilizzarlo esclusivamente nei momenti di estrema eccitazione e agitazione del piccolo e di farlo in uno spazio protetto, in cui non ci siano distrazioni o altri elementi che potrebbero minare l’atmosfera.
Sebbene sia nato e si sia sviluppato per la gestione dei bambini, il metodo holding in alcuni caso viene applicato anche nella risoluzione dei conflitti tra adulti. Questo può diventare problematico, in particolare nei casi in cui “l’abbraccio contenitivo” viene utilizzato durante un litigio e, ancora di più, quando viene praticato da una persona che è tossica per chi, in questo caso, lo subisce.
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