Non c’è un unico modo per educare i figli. Magari non riesce a dargli un nome o a definirlo, ma ogni coppia genitoriale (talvolta anche il singolo genitore) adotta un metodo educativo nella convinzione, anche inconsapevole, che sia il modo migliore per crescere il bambino o la bambina accompagnandola verso un modello ideale di adulto.

Ci sono i fautori della linea dura e quelli della genitorialità positiva, quelli che le lasciano passare tutte, quelli predisposti all’ascolto e (almeno a guardare i commentatori sui social) quelli che non disdegnano le punizioni fisiche nella convinzione che niente è come uno sculaccione ben dato, secondo la massima “si stava meglio quando si stava peggio”.

Ma è davvero così? Tra i metodi educativi ce n’è uno più efficace dell’altro?

Metodi educativi a confronto

L’autoritario

Forza, controllo, rigore e disciplina sono i tratti caratteristici di un metodo educativo che, nonostante sia stato ampiamente sconfessato non solo dall’esperienza ma anche dall’unanimità della letteratura scientifica, continua a essere proposto come il migliore, perché “tradizionale”.

È il modo in cui sono cresciute molte delle generazioni passate, e anche molti di noi: nella convinzione che l’autoritarismo e la severità siano gli unici modi per ottenere il rispetto e che i bambini debbano essere dei soldatini in grado di adattarsi perfettamente alle aspettative degli adulti, i genitori che applicano questo modello tendono ad alzare la voce e non disdegnano di alzare le mani, convinti che la rigidità e la violenza – anche se chi la pratica si rifiuta di riconoscerla come tale – siano formative del carattere e garanzia di bambini beneducati e non fonte di traumi che generano ansia, insicurezza e sfiducia in se stessi.

Il permissivo

Un approccio indulgente può essere la scelta di chi, magari proprio sulla base della propria esperienza, decide di proteggere il figlio da traumi ed estrema serenità.

Se un rapporto aperto e affettuoso, pronto a soddisfare le necessità e le esigenze del bambino, è sicuramente un fattore positivo, questo deve accompagnarsi a regole e modelli di condotta che invece molti genitori sono restii a dare, non solo perché non vogliono fare la “parte del cattivo” ma anche perché hanno aspettative basse riguardo alla maturità e alle capacità di autocontrollo dei piccoli, nascoste dietro la scusa “sono bambini, che vuoi farci?”.

Accogliere le esigenze dei piccoli e rispettarli in quanto esseri umani dotati di competenze e sentimenti non significa sottomettersi al loro volere, spesso volubile o, giustamente, immaturo: significa guidarli nel mondo, aiutandoli a interiorizzare, senza imporle, le norme sociali per vivere assieme agli altri.

I bambini non hanno bisogno solo di amore, comprensione e affetto, ma anche di regole e modelli, non solo per imparare a vivere in società, ma per il loro stesso benessere: le regole, infatti, danno un senso di sicurezza, permettendogli di vivere situazioni che già conoscono e che diventano, quindi, prevedibili.

L’autorevole

No, non è una ripetizione. Autorevole e autoritario sono due termini simili ma due concetti profondamente diversi, soprattutto quando si parla di metodi educativi. In questo caso, parliamo di un metodo che si fonda sul dialogo e che tenta di trovare una sintesi tra rispetto del bambino, educazione alle regole e valorizzazione dell’indipendenza.

Il genitore, consapevole che i bambini non sono adulti in miniatura né dei pupazzi privi di capacità o sentimenti reali, accoglie il figlio con le sue esigenze e le sue necessità, aiutandolo a sviluppare la propria autonomia e fornendo nutrimento e conforto ma anche stabilendo delle regole che devono essere rispettate e fornendo un modello comportamentale a cui il bambino può guardare.

Rispetto al modello autoritario (dove ad avere il controllo totale sono i genitori) e a quello permissivo (dove è invece nelle mani del piccolo), si tratta di un rapporto democratico, sebbene non paritario: i genitori stabiliscono regole e limiti che però possono essere adattati, grazie al dialogo, alle esigenze e richieste dei figli.

Il Metodo Montessori

Libertà, autonomia, spazi a misura di bambino: il Metodo sviluppato dalla pedagogista Maria Montessori si basa sul rispetto della spontaneità del bambino e, sebbene sia stato pensato per gli educatori in seno alle istituzioni scolastiche, può essere applicato a ogni fase dello sviluppo infantile, fin dai primissimi mesi.

Il principio di base è dare fiducia ai bambini, lasciando che eseguano anche quei compiti che non sembrano alla loro portata. «Aiutami a fare da solo» è lo spirito che anima questo metodo, il cui obiettivo è svilupparne autonomia e indipendenza. Due tratti che possono essere raggiunti grazie al contatto con la natura, prendendosi cura di piante e animali, e puntando sui talenti dei bambini e non sui loro difetti, imparando ad andare al loro ritmo senza forzarli ma rendendoli partecipi non solo delle attività ma anche delle scelte, preferendo alle punizioni le spiegazioni che possano far comprendere le conseguenze delle azioni sbagliate.

Quale metodo educativo è più efficace?

Innanzitutto, dovremmo capire cosa significa “efficace” quando parliamo di metodi educativi. Ogni genitore ha desideri e aspettative, che però non sempre sono realistici. Aspettarsi, ad esempio, che un bambino di pochi mesi o pochi anni dorma tutta la notte non considera la fisiologia del sonno.

Allo stesso modo, pretendere che i bambini stiano fermi immobili e zitti senza disturbare in contesti sociali come il ristorante significa non comprendere che i bambini sono, appunto, bambini e che non dovremmo aspettarci che siano in grado di comprendere fino in fondo le regole del vivere civile.

Dobbiamo quindi aiutarli, con regole e con modelli virtuosi, a interiorizzarle e svilupparle, senza imporle con la violenza: in questo caso, sarà solo la paura a guidarli.

In quest’ottica, non possiamo dire quale sia il metodo più efficace, perché dipende da quale significato ogni genitore attribuisce a questo termine. Se l’obiettivo è quello di crescere persone libere, indipendenti, fiduciose in sé stesse e capaci di vivere in società rispettando le regole non perché imposte ma perché le ritengono giuste, la migliore strada è fatta di apertura, confronto e dialogo.

Spesso fornire un modello di comportamento che rende partecipe il bambino, mettendolo anche di fronte alle conseguenze delle sue azioni quando sbaglia, può costituire una buona base per il suo sviluppo.

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  • Bambino (1-6 anni)