Emofilia nei bambini: come riconoscere la malattia, sintomi, diagnosi e cura

Una malattia rara la cui prognosi è molto cambiata nel corso degli ultimi anni: ecco cosa c'è da sapere sull'emofilia in età pediatrica.

Un bambino su 5000 è emofilico. Un’incidenza bassa di una malattia, l’emofilia, rara che interessa prevalentemente i maschi e che se non gestita correttamente, come segnalato in questo studio, può portare a malattie croniche e disabilità permanenti. Oggi, rassicura l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, la disponibilità di nuove terapie sta cambiando la gestione della malattia offrendo un miglioramento sia del controllo degli episodi emorragici che della protezione a lungo termine delle articolazioni.

Emofilia infantile: cos’è e quali tipi esistono

Per capire l’emofilia dobbiamo brevemente ricordare come si coagula il sangue, ovvero il processo mediante il quale il sangue da liquido diventa gel per formare un coagulo grazie al quale (emostasi) bloccare la fuoriuscita di sangue (emorragia).

Il sangue, infatti, scorre nel corpo attraverso le arterie, le vene e i capillari e  quando un vaso sanguigno si rompe, l’organismo attiva un meccanismo per fermare l’emorragia. Il vaso si contrae per ridurre il flusso, mentre le piastrine si aggregano formando un primo tappo. Successivamente, i fattori della coagulazione presenti nel plasma innescano una serie di reazioni chimiche che portano alla formazione di una rete di fibrina, stabilizzando il coagulo e bloccando la fuoriuscita di sangue.

Nelle persone con emofilia, uno dei fattori della coagulazione è assente o non funziona correttamente. Di conseguenza, il reticolo di fibrina non si forma adeguatamente e il sangue continua a fluire, rendendo difficile fermare il sanguinamento.

Esistono due forme di emofilia a seconda del fattore carente. L’emofilia A, spiega l’Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica (AIEOP) è quella nella quale è carente il fattore VIII, mentre l’emofilia B è quella dovuta alla carenza del fattore IX. Inoltre, l’emofilia è una malattia ereditaria legata al cromosoma X, motivo per cui colpisce quasi esclusivamente i maschi e le femmine possono essere o portatrici sane della mutazione genetica (quindi non avere la malattia) o avere un’inattivazione del cromosoma X sano.

Il John Hopkins Medicine aggiunge anche l’emofilia C facendo riferimento all’espressione spesso utilizzata per indicare la mancanza del fattore XI.

La Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) riporta che l’incidenza dell’emofilia A è di circa 1 caso su 5.000 nati maschi, mentre quella dell’emofilia B di 1 caso su 30.000 nati maschi. A livello mondiale l’emofilia è una malattia che interessa circa mezzo milione di persone (emofilia A) e solo in Italia secondo i dati dell’Osservatorio Malattie Rare (OMAR) sono circa 7000 i pazienti affetti da questa condizione.

I primi segni dell’emofilia nei neonati e nei bambini

La preoccupazione per l’emofilia nei bambini è legata al fatto che una perdita di sangue, anche quella dovuta a una banale ferita, può durare più a lungo e risultare pericolosa per la sua salute. L’emofilia può essere lieve, moderata o grave a seconda della percentuale di attività del fattore coagulante carente nel plasma. Come riportato dalla rivista Medico & Bambino, la classificazione delle emofilie può essere:

  • emofilia lieve – attività tra 5% e 40%
  • emofilia moderata – attività tra 1% e 5%
  • emofilia grave – attività inferiore all’1%

Nella forma lieve i sanguinamenti di solito si verificano solamente dopo un incidente, l’estrazione di un dente o un intervento chirurgico e in alcuni casi la malattia potrebbe anche non essere rilevata. Nelle forme moderate i sanguinamenti si verificano in seguito a interventi chirurgici o traumi, mentre nelle forme gravi anche senza una causa apparente ma a seguito delle normali attività quotidiane. I sanguinamenti spontanei dell’emofilia grave, aggiunge lo Stanford Medicine Children’s Health, interessano prevalentemente le articolati e la testa.

Nei neonati generalmente non si hanno problemi che invece iniziato a manifestarsi quando il bambino inizia a stare seduto o a camminare, quindi dopo i 6-9 mesi. I segnali più precoci che possono far sospettare l’emofilia sono: ecchimosi (lividi) ricorrenti, episodi di sanguinamento eccessivo o prolungato, emorragie nelle articolazioni (emartri) ed ematomi muscolari.

Solitamente i lividi si verificano anche a seguito di piccole contusioni o anche quando i bambini vengono presi in braccio o sollevati. Un altro segnale da monitorare sono la tendenza a sanguinare dal naso o dalle gengive e la presenza di un gonfiore doloroso che condiziona il movimento di un braccio o di una gamba.

Come si diagnostica l’emofilia in età pediatrica

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Fonte: iStock

La diagnosi dell’emofilia nei bambini, spiega l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), avviene quando il bambino inizia a gattonare o a camminare. Questo vale per le forme gravi della malattia, mentre per quelle lievi spesso è un evento emorragico a far sospettare la malattia.

Il sospetto di emofilia porta a valutare la storia medica (anamnesi) sia del bambino che della famiglia, per quanto circa un terzo delle mutazioni responsabili della malattia insorge “de novo” (emofilia sporadica). Quindi si procede all’esame fisico per valutare i lividi e gli eventuali segni di sanguinamento per poi procedere con le analisi del sangue. Il principale test ematico è quello che esamina il tempo di tromboplastina parziale (PTT) che nei bambini emofilici è più lungo del normale. Altri esami riguardano il dosaggio dei fattori della coagulazione per confermare il tipo di emofilia e la sua gravita così come gli studi di miscelazione che hanno come obiettivo quello di valutare il tempo di coagulazione si corregge, chiarendo se c’è un’effettiva carenza, mediante l’aggiunta di specifici fattori della coagulazione.

Vita quotidiana, attività e scuola: come affrontare l’emofilia

Come abbiamo anticipato all’inizio di questo approfondimento dedicato all’emofilia nei bambini oggi, complici gli importanti miglioramenti sia nella diagnosi che nelle opzioni di trattamento, i bambini emofilici possono condurre una vita quasi normale. La terapia, infatti, ha come obiettivo quello di aumentare la concentrazione del fattore di coagulazione mancante così da prevenire o arrestare gli eventuali sanguinamenti.

La terapia (profilassi) consiste nell’infusione regolare del fattore mancante così da preservare la funzione articolare nelle forme gravi di emofilia. Per essere efficaci le infusioni vengono eseguite 2-3 volte la settimana, risultando comunque impegnativa. Generalmente, infatti, il trattamento dell’emofilia va previsto in ospedale (Centro Emofilia) ma in alcuni casi anche i bambini possono ricorrere alle infusioni a domicilio, previa formazione dei genitori e utilizzando farmaci di nuova generazione (farmaci ricombinati) che risultano più maneggevoli e possono essere conservati anche a temperatura ambiente. L’indicazione è di iniziare la profilassi prima dei 3 anni.

Per quel che riguarda l’attività fisica, a differenza di quanto si possa immaginare, essa è raccomandata anche per i bambini emofilici. Il problema, sottolinea l’Associazione Italiana Centri Emofilia (AICE), è che spesso i pediatri e gli specialisti in medicina dello sport non sono al corrente delle recenti possibilità terapeutiche e diagnostiche per l’emofilia in età pediatrica e tendono a non riconoscere l’idoneità all’attività fisica a questi bambini. In realtà anche per loro l’attività fisica è fondamentale per lo sviluppo articolare e muscolare così come per il mantenimento di un buono stato di salute psicofisica. Avere articolazioni forti e un buon tono muscolare, infatti, riduce sbilanciamenti e sovraccarichi che possono favorire i sanguinamenti. È comunque importante preferire attività fisiche a basso rischio traumatico evitando gli sport di contatto.

Un’attenzione particolare va poi rivolta al mondo della scuola. A questo proposito può essere molto utile il documento A scuola in sicurezza: note per gli insegnanti di piccoli pazienti emofilici pubblicato sul sito della Federazione delle Associazioni Emofilici che fornisce indicazioni su come riconoscere e gestire correttamente tagli, ferite, emorragie e traumi nei bambini durante l’orario scolastico. È importante sottolineare la necessità di includere i bambini e non emarginare i soggetti con emofilia. Non vanno adottati atteggiamenti iperprotettivi e sapere come gestire un colpo o una ferita.

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  • Bambino (1-6 anni)