Nonostante sia in atto da tempo un importante cambiamento sul riconoscere attenzione alle emozioni, provarle e manifestarle risulta spesso motivo di debolezza. Non a caso, esprimere emozioni è associato all’essere infantili (quindi non maturi) o, peggio, “femminucce”, applicando anche in questo caso una forte discriminazione di genere.

È importante porre l’attenzione su questi argomenti per sgomberare il campo da alcuni pregiudizi ed equivoci e per supportare genitori, docenti e caregiver a rispondere in maniera migliore alle esigenze dei bambini. E in modo particolare dei bambini ipersensibili.

Quando si parla di sensibilità applicata all’emotività si fa riferimento alla capacità di un individuo di riconoscere, comprendere e rispondere alle proprie emozioni e a quelle degli altri. È quindi un argomento complesso e articolato che coinvolge tanto le questioni legate all’emotività, quanto quelle legate alla sensibilità.

Cerchiamo di chiarire alcuni elementi chiave per comprendere meglio la realtà dei bambini ipersensibili e di come aiutarli, al pari degli altri bambini, nella loro crescita.

Bambini ipersensibili: una definizione

L’ipersensibilità è comunemente considerata come un’esagerata reazione emotiva di fronte a uno stimolo. Questo, però, avviene spesso in un contesto nel quale la dialettica sulle emozioni e il loro diritto di cittadinanza nel vissuto delle persone è oggetto di stigma, timore e imbarazzo. Dal punto di vista prettamente clinico, invece, questo studio propone la definizione di bambini ipersensibili come quella di “coloro che sperimentano emozioni intense più frequentemente e per periodi di tempo più lunghi”.

L’American Psychological Association (APA) parla delle emozioni come delle reazioni mentali coscienti sperimentate soggettivamente come sentimenti forti che sono accompagnate da cambiamenti fisiologici e comportamentali. Sulle emozioni e sull’emotività molti meccanismi sulle ragioni per cui queste si verificano e si manifestano in determinati modi ci sono numerose ricerche e approfondimenti che ancora non hanno portato a una comprensione esaustiva della materia.

L’evoluzione della sensibilità emotiva in età pediatrica

Per approcciarci meglio alla questione dei bambini ipersensibili, è doveroso anche comprendere come la sensibilità emotiva cambi nel corso della crescita. A questo proposito torna utile un documento della Dottoressa Alessandra Busonera dell’Università di Padova che spiega come le emozioni siano dei fenomeni complessi che derivano dall’interazione tra fattori oggetti e soggettivi. Le emozioni assumono forme specifiche ma possono variare in intensità.

A svolgere un ruolo cruciale sullo sviluppo delle emozioni ci sono sia elementi biologici che fattori culturali. Le risposte emotive dei bambini, infatti, si sviluppano progressivamente durante l’infanzia e l’età prescolare proprio come effetto della maturazione neurobiologica. La maturazione della corteccia cerebrale, infatti, permette una riduzione dei cambiamenti d’umore improvvisi e imprevedibili (tipici dei neonati e dei bambini piccoli) con un incremento dell’autoregolazione delle emozioni. Con l’adolescenza c’è un aumento dei cambiamenti di umore come conseguenza dello sviluppo della corteccia frontale e dell’amigdala.

Nella capacità di autoregolamentazione delle emozioni incide in maniera importantissima l’aspetto culturale. Al di là della dimensione etica del definire positive o negative alcune emozioni e in modo particolare alcune specifiche configurazioni, ci sono notevoli differenze etnologiche sull’espressione delle emozioni. Questo vale anche dal punto di vista educativo nel quale cresce il bambino (genitori, insegnanti, caregiver, eccetera) in quanto il comportamento degli adulti contribuisce alla regolazione neurobiologica delle emozioni del bambino.

Le figure di riferimento dei bambini nel corso della loro crescita offrono inoltre valori culturali tali da incidere sul modo in cui si percepiscono le emozioni e come si reagisce a esse (considerandole, appunto, sbagliate o giuste).

Rientra in questo discorso la questione, che qui possiamo solamente accennare, legata per esempio ai capricci dei bambini o ad alcuni loro comportamenti. Un genitore che consola il bambino, per esempio, e non lo rimprovera perché sta piangendo o perché è triste, gli insegna il valore delle emozioni e non ne colpevolizza la percezione e la manifestazione, oltre a ridurre il livello degli ormoni dello stress.

Quello che per alcuni può apparire scontato in realtà non lo è, essendoci diverse scuole di pensiero educative (messe in pratica per tanto tempo anche senza essere state codificate “istituzionalmente”) per cui esprimere le emozioni “negative” (come il pianto e la tristezza) sia una “cosa da bambini” da superare quanto prima per poter essere considerati adulti, uomini (anche qui nell’accezione discriminatoria).

L’evoluzione della sensibilità è poi legata anche all’acquisizione di una competenza emotiva, ovvero la capacità di riconoscere l’emozione (propria e altrui), esprimerla e affrontarla in maniera funzionale. Anche in questo caso c’è una dimensione culturale e sociale da non sottovalutare, essendo una manifestazione emotiva considerata più o meno adeguata in base ai vari contesti.

Infine va anche ricordato come a cambiare nel corso dello sviluppo sono anche le stesse emozioni. Nella prima infanzia, infatti, la sensibilità emotiva si esprime mediante il pianto e i sorrisi. Nei primi mesi di vita i bambini percepiscono emozioni come la paura (paura dell’estraneo, ansia da separazione, eccetera), mentre verso i 18 mesi compaiono le espressioni emotive auto-consapevoli (vergogna, orgoglio, senso di colpa).

Crescendo e con l’arrivo dell’età scolare, l’evoluzione della sensibilità emotiva va incontro a una maggiore comprensione delle emozioni, a un loro controllo, a una maggiore empatia e all’abilità di utilizzare strategie per orientare gli stati d’animo.

Come riconoscere un bambino ipersensibile

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Fonte: iStock

In uno studio pubblicato su Frontiers in Psychology si descrivono i bambini ipersensibili come quelli che percepiscono, elaborano e rispondono in maniera più forte agli stimoli. L’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer aggiunge come l’elevata sensibilità (condizione che interessa il 20-30% della popolazione e non è un disturbo psichico ma un tratto del temperamento) non sempre è associata a timidezza, introversione o fragilità.

I bambini ipersensibili sono quelli che prestano maggiore attenzione a ciò che accade intorno a loro cercando di comprendere quella realtà in modo dettagliato andando a coglierne le sfumature. Alcuni elementi che li possono “descrivere” sono il vederli pensierosi, l’essere facilmente distratti dagli stimoli e il trovarli in difficoltà di fronte alle aspettative sociali.

Tra le caratteristiche dei bambini ipersensibili il portale Psychology Today aggiunge anche:

  • le reazioni esagerate agli input sensoriali;
  • il percepire condizioni estreme senza alcuna via di mezzo;
  • l’essere più soggetti ai crolli emotivi;
  • l’avere una maggiore empatia;
  • il rivelarsi rigidi e inflessibili;
  • l’essere più timorosi nelle situazioni che non conoscono;
  • il sopportare poco la frustrazione;
  • la maggiore difficoltà ad accettare la sconfitta;
  • il non sopportare le correzioni;
  • possono risultare più impacciati.

Altri tratti tipici dei bambini ipersensibili sono l’essere facilmente sovrastimolati, la capacità di notare cambiamenti anche lievi nel loro ambiente, sentirsi sopraffatti dalle sorprese, avere un linguaggio avanzato rispetto alla loro età, saper riconoscere le emozioni degli altri, fare molte domande, rispondere meglio ai gesti di gentilezza e sentirsi a disagio all’interno di un gruppo.

Come comportarsi con i bambini ipersensibili? 7 consigli

1. Confermarli nelle emozioni

Anche considerando come i loro coetanei e le persone esterne alla famiglia potrebbero avere un atteggiamento opposto, è importante che i bambini ipersensibili sentano dai propri genitori che le emozioni che stanno provando non sono sbagliate. Frasi come “calmati” o “non piangere” potrebbero portare questi bambini a sentirsi ancora più incompresi nelle emozioni che stanno provando proprio perché le provano più intensamente.

2. Parlare delle emozioni

Nonostante la cultura dominante ha spesso insegnato a non esprimere le proprie emozioni e a non doverlo fare con i propri genitori è sicuramente utile dare ai figli l’occasione di esprimere e condividere ciò che provano. Questo li aiuterà a chiamare le emozioni con il loro nome, a non sentirsi sbagliati e a imparare ad autoregolarsi.

3. Routine e organizzazione

Un bambino ipersensibile potrebbe vivere peggio le sorprese e le novità, così come necessitare di più tempo per prepararsi. Anche se non è sempre possibile prevedere e organizzare tutto è utile il più possibile considerare i bisogni del bambino, anticipargli ciò che accadrà e prepararlo alle emozioni con le quali probabilmente si dovrà confrontare.

4. Accettare il proprio temperamento

Così come per altre condizioni e realtà che sono oggetto di stigma o che non sono comuni, anche l’ipersensibilità emotiva è un tratto del temperamento del bambino che non deve essere corretto. Il bambino ha bisogno di imparare ad accettare questa sua caratteristica ed è importante che non senta mai i genitori e i caregiver che parlino di lui come di un “bambino difficile”.

5. Prevedere del tempo per rilassarsi

Un bambino ipersensibile è un soggetto che prova le emozioni più intensamente e per un periodo di tempo prolungato. Questo provoca inevitabilmente un consumo di energie e risorse mentali ed emotive che possono renderlo più esposto ad alcune situazioni critiche. Meglio quindi programmare i suoi impegni in maniera tale da consentirgli di scaricare quanto accumulato e, specie nelle situazioni sociali, aiutarlo a non sentirsi in imbarazzo e in colpa per ciò che prova.

6. Imparare per insegnare

Essere genitori non è facile, esserlo di bambini ipersensibili può essere ancora più stimolante e complesso. Farsi aiutare per poter supportare meglio il proprio bambino, senza coinvolgerlo direttamente con il rischio di farlo sentire sbagliato, è un passo da valutare e che può portare tante conseguenze positive. In questo modo si riesce anche ad avere un maggiore controllo sulle proprie emozioni e a mantenere la calma nelle situazioni critiche.

7. Dare l’esempio

È il consiglio più difficile, ma uno dei più preziosi. In questo ambito è utile che i genitori sappiano gestire le proprie emozioni (come gli eccessi di rabbia, il nervosismo, eccetera) e le sappiano condividere con i propri figli insegnando loro delle tecniche per gestirle e affrontarle.

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Categorie

  • Bambino (1-6 anni)