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Tutto quello che c'è da sapere sull'autismo: dalle cause (e le presunte correlazioni con i vaccini) ai primi segnali per riconoscerlo e, soprattutto, cosa fare per aiutare i bambini.
Una realtà, quella dell’autismo, che può essere lieve e non incidere sulla qualità della vita o grave e incidere negativamente su di essa. Tra le particolarità, segnala sempre l’OMS, c’è anche la difficoltà di diagnosticare tempestivamente l’autismo proprio per le sue caratteristiche.
Cerchiamo quindi di fare chiarezza offrendo elementi utili per riconoscere, capire e affrontare l’autismo.
Si parla di disturbi dello spettro autistico (DSA, dall’inglese Autism Spectrum Disorders) in quanto si tratta di un insieme di diverse alterazioni del neurosviluppo. L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù spiega come queste alterazioni dipendano da un’anomala maturazione del cervello che inizia già durante l’epoca fetale.
L’Associazione di Psicologia Cognitiva precisa come l’autismo è caratterizzato da una compromissione grave e generalizzata in due aree dello sviluppo: capacità di comunicazione e interazione sociale e area degli interessi e delle attività. La compromissione di queste capacità risulta anomala rispetto all’età mentale e al livello di sviluppo del bambino.
Spesso i disturbi dello spettro autistico sono accompagnati da condizioni concomitanti come l’iperattività, i deficit di attenzione, l’epilessia, l’ansia, la depressione, la difficoltà di dormire e l’autolesionismo. Inoltre i disturbi dello spettro autistico sono associati a numerose anomalie genetiche come la sindrome di Down e la sindrome dell’X fragile.
Si stima, come riferito dal Ministero della Salute, che diversi studi epidemiologici internazionali registrano un incremento di questi disturbi e solo in Italia circa 1 bambino su 77 tra i 7 e i 9 anni presenta un disturbo dello spettro autistico. Nel nostro Paese sono maggiormente interessati i maschi che, rispetto alle femmine, sono 4.4 volte di più.
Le cause alla base dell’insorgenza dei disturbi dello spettro autistico non sono del tutto note anche si sospetta un condizionamento genetico. Infatti, riporta il Manuale MSD, i genitori con un bambino affetto da autismo hanno una possibilità del 3-10% di avere un altro figlio con disturbi dello spettro autistico.
Tra le condizioni che potrebbero rappresentare un fattore di rischio rientrano le infezioni prenatali (come la rosolia e il citomegalovirus), il parto pretermine (maggiore è la prematurità più alto è il rischio di un DSA) e un basso peso alla nascita. L’American Psychiatric Association indica anche la presenza di un fratello con autismo, l’assunzione di acido valproico e talidomide durante la gravidanza e l’età avanzata dei genitori come fattori di rischio per l’autismo.
È doveroso però precisare, anche superando diversi stereotipi e pregiudizi, che l’insorgenza dei disturbi dello spettro autistico non è associata né ai conflitti familiari né a presunti errori educativi. Non vi è alcuna responsabilità da parte dei genitori: i bambini nascono con questo disturbo così come avviene per altre condizioni.
Il timore che l’autismo possa essere generato dalla somministrazione di vaccini è un’ipotesi che è iniziata a circolare a partire dagli anni Novanta. Il sospetto era legato al vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia (MPR), tuttavia tutti gli studi condotti in materia non hanno rilevato alcuna correlazione e le percentuali di bambini diventati autistici è identica tra quelli vaccinati e quelli non vaccinati.
Anche la presenza del conservante tiomersale e gli adiuvanti di alluminio all’interno dei vaccini inattivati, come analizzato dalle revisioni delle prove sulla potenziale associazione della vaccinazione come responsabile del rischio di autismo, non aumenta in alcun modo il rischio dei DSA.
Come anticipato, i disturbi dello spettro autistico comprendono una grande variabilità di gravità e manifestazioni tanto che la definizione di questa condizione è andata incontro a diversi sviluppi ed evoluzioni nel corso degli anni, a partire dalla prima descrizione avvenuta nel 1943. Per questo motivo in passato i DSA errano classificati in: autismo classico, sindrome di Asperger, sindrome di Rett, disturbo disintegrativo dell’infanzia e disturbo pervasivo dello sviluppo altrimenti specificato.
Alla luce della grande sovrapposizione di queste condizioni che rendeva estremamente complicato fare distinzioni, oggi i medici fanno rientrare nei disturbi dello spettro autistico sia la sindrome di Asperger che il disturbo autistico ad alto funzionamento che il disturbo pervasivo dello sviluppo altrimenti specificato. Non vi rientra, invece, la sindrome di Rett, in quanto rappresenta un distinto disturbo genetico.
I sintomi dei DSA compaiono generalmente nei primi 2 anni di vita, motivo per cui l’autismo viene considerato, come riportato dal National Institute of Mental Health, come un disturbo dello sviluppo. Per alcuni bambini lo sviluppo nei primi 18 mesi risulta normale per poi interrompersi e andare incontro a una regressione delle competenze già acquisite.
I primi sintomi e elementi d’allarme sono:
I bambini con autismo non guardano negli occhi, evitano lo sguardo, sembrano ignorare le espressioni facciali, non utilizzano i gesti e la mimica facciale per comunicare e manifestano uno scarso interesse per gli altri e ciò che fanno. Inoltre hanno movimenti stereotipati e un uso stereotipato del linguaggio e dei movimenti, così come un eccessivo ricorso a routine, rituali motori e verbali, fissazione anormale per interessi ristretti e iperreattività o iporeattività agli stimoli sensoriali dell’ambiente in cui si trovano.
I DSA sono caratterizzati da deficit che riguardano la teoria della mente e la metarappresentazione, la percezione e l’espressione delle emozioni, l’attenzione condivisa, l’orientamento sensoriale, l’imitazione, il gioco simbolico, la comunicazione, il linguaggio, l’attaccamento e il comportamento intenzionale o finalistico.
Tra gli elementi che possono rappresentare un campanello d’allarme, suggerisce l’Istituto Superiore di Sanità, rientrano:
Per la diagnosi dei disturbi dello spettro autistico non esistono esami di laboratorio o di imaging che possano confermarne il sospetto e ci si basa esclusivamente sull’osservazione del bambino e su quanto riferito dai genitori. In questo senso esistono due test specifici: l’Autism Diafnostic Observation Shedule-2nd Edition (ADOS-2) con il quale si osserva il bambino mentre gioca e l’Autism Diagnostic Interview-Revides (ADI-R) con cui si intervistano i genitori per indagare la presenza dei sintomi tipici dell’autismo.
Complice anche l’assenza di una “diagnosi specifica”, l’eterogeneità dei sintomi e dovendosi basare su quanto riferito dai genitori non è raro che la conferma dell’autismo avvenga tardi impedendo di offrire al bambino e ai suoi genitori il supporto di cui hanno bisogno.
I primi controlli sono quelli condotti durante i bilanci di salute e le visite pediatriche di routine o mediante le segnalazioni che i genitori ricevono dagli insegnanti degli asili e della scuola. Parallelamente vengono prescritti esami del sangue ed esami genetici per individuare eventuali patologie sottostanti che possono richiedere un trattamento specifico.
La tempestività di riconoscere precocemente i sintomi dei disturbi dello spettro autistico è strettamente legata alla qualità della vita assicurata al bambino. Diagnosticare l’autismo negli adolescenti e negli adulti è estremamente più difficile in quanto i sintomi dei DSA possono confondersi con quelli di altri disturbi della salute mentale. Inoltre con una diagnosi precoce si consente al bambino di intraprendere l’adeguata terapia che deve essere adeguata alla fase dello sviluppo del singolo paziente in modo da ridurre le difficoltà e sviluppare propri punti di forza per apprendere nuove competenze.
Bisogna ricordare, infatti, che tutte le persone, comprese quelle con autismo, hanno il diritto di godere del più alto livello possibile di salute fisica e mentale. Questo si scontra con i bisogni sanitari delle persone con autismo che sono spesso complessi e richiedono l’accesso a un’ampia gamma di servizi integrati (promozione della salute, cura e riabilitazione).
Data anche la complessità e la varietà delle manifestazioni dei disturbi dello spettro autistico, sono previste diverse terapie. L’Istituto Superiore di Sanità, elaborando le Linea Guida per il Trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti (distinte da quelle per gli adulti), prevede due tipologie di trattamenti efficaci: i programmi psicologici e comportamentali strutturati (come l’Applied Behavioral Analysis, l’Early Intensive Behavioural Intervention e l’Early Start Denver Model), che hanno lo scopo di modificare i comportamenti del bambino per favorirne il miglior adattamento alla vita quotidiana e gli interventi mediati dai genitori per gestire quotidianamente le modalità di comunicazione adeguate a favorire lo sviluppo e le capacità comunicative del bambino.
Un intervento per i disturbi dello spettro autistico si considera appropriato quando è precoce (entro i 2-3 anni), è intensivo (prevede 20/25 ore a settimana), è accompagnato da una costante misurazione dei progressi e, aspetto non secondario, prevede un coinvolgimento attivo sia dei genitori che della scuola. Il ricorso ai farmaci si rende necessario per il trattamento di alcuni sintomi specifici (iperattività, irritabilità, ansia, depressione, eccetera).
Non esiste una cura risolutiva dell’autismo e vanno quindi previsti diversi interventi finalizzati al miglioramento delle competenze del bambino. Tra questi rientrano la formazione sulle abilità sociali, la terapia occupazionale, la logopedia e la terapia del linguaggio e l’accesso a servizi educativi specifici.
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