Nonostante una semplicistica narrazione veda l’età pediatrica come la migliore di tutte in quanto si sarebbe esenti da preoccupazioni e fatiche, non mancano i motivi di tensione e difficoltà per i bambini e i ragazzi di tutte le età. Una di queste è l’ansia da prestazione, un fenomeno che non interessa esclusivamente gli adulti ma che può coinvolgere diverse dimensioni e avere ripercussioni enormi sia sulla qualità della vita che sulla crescita di bambini e ragazzi.

È quindi opportuno parlare di ansia da prestazione nei bambini e cosa possono fare i genitori per aiutare i propri figli.

Cos’è e da cosa dipende l’ansia da prestazione

L’American Psychological Association definisce l’ansia da prestazione come quello stato di apprensione e paura per le conseguenze di non essere in grado di svolgere un compito, o di svolgerlo a un livello tale da aumentare le aspettative nei propri confronti. È una realtà che negli adulti è spesso associata alla sfera sessuale e a quella sessuale, ma che invece può coinvolgere diverse dimensioni.

Nei bambini l’ansia da prestazione può dipendere dalla scuola e dallo sport, ma anche dalle attività artistiche, dalle competizioni che si instaurano tra compagni, così come dalle aspettative dei genitori e dalle pressioni esercitate dai social media.

È una tipologia di ansia che comporta sostanzialmente la percezione di non essere in grado di effettuare una qualsiasi prestazione. Può trattarsi di un esame scolastico così come di una gara o un’esibizione, ma anche di una quotidianità in cui ci si sente costantemente sotto giudizio e di dover dimostrare di essere all’altezza. Oltretutto di un modello ideale spesso irreale, o con standard neanche lontanamente avvicinabili.

Le cause di ansia da prestazione nei bambini

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Fonte: iStock

È difficile individuare con certezza le cause dei disturbi d’ansia, compresi quelli da prestazione, per giunta in una fascia d’età così delicata come quella pediatrica. Giocano un ruolo importante, spiega il Manuale MSD, i fattori genetici, quelli ambientali, lo sviluppo psicologico e, ancora, l’eventuale presenza di una patologia fisica.

Sempre il Manuale MSD precisa come i disturbi d’ansia non abbia una singola causa psicologica ma spesso sembrano svilupparsi all’interno delle famiglie mediante due meccanismi. Da una parte c’è una sorta di inibizione comportamentale ereditario e dall’altra dal modellamento messo in atto dai genitori. Esistono anche disturbi d’ansia che si sviluppano senza una causa antecedente chiaramente identificabile.

Nel caso dei bambini è possibile individuare una serie di concause, di fattori che possono far detonare una realtà già “predisposta” e che in un contesto simile è molto probabile che sviluppi uno stato d’ansia di questo tipo. La competizione sportiva, tanto quanto quella scolastica o nelle attività extrascolastiche (musica, teatro, danza, eccetera), può innescare l’ansia da prestazione.

I bambini possono quindi sviluppare paura del fallimento, paura di deludere, paura del giudizio e di essere derisi, timore di non essere adeguati alle aspettative eccessive di genitori, insegnanti e istruttori e il soffrire comparazioni con altri bambini e modelli. Questi sono tutti rischi altamente diffusi anche in una cultura, come quella contemporanea, per cui è esaltata l’idea del successo, del farcela, del raggiungere risultati e obiettivi con l’aggravante di dovercela fare da soli, contro tutto e tutti, a qualsiasi prezzo.

In un contesto di questo tipo, la maggior parte dei bambini e dei ragazzi non solo non eccelle, ma rimane bloccata in una costante paura di provare per la quasi certezza di fallire. Non per il risultato raggiunto, ma per il livello dell’asticella, posto sempre oltre quello che si è riusciti a ottenere.

In molti casi, l’ansia da prestazione si sviluppa in un contesto di genitori e figure di riferimento che soffrono di questa condizione e dai quali i bambini osservano il comportamento, imitandolo.

Uno studio pubblicato su ScienceDirect riporta l’importanza del fattore biologico. Tra i 3 e i 4 anni, per esempio, ci sono livelli elevati di cortisone prima delle esibizioni in pubblico, e i livelli di ansia tendono poi ad aumentare durante l’adolescenza, raggiungendo il livello massimo tra i 14 e i 19 anni.

I segnali e i sintomi dell’ansia da prestazione

Come riconoscere un bambino o un ragazzo che soffre di ansia da prestazione? Egli vive una situazione di angoscia in preparazione e a ridosso dell’evento, tende a evitarlo e va incontro a manifestazioni psicosomatiche quali mal di pancia, febbre, vomito, mal di testa, sudorazione e battito cardiaco accelerato.

Segnali utili da monitorare sono l’abbassamento del rendimento scolastico, la perdita di interesse verso la scuola, lo sport, la musica, la danza, l’essere particolarmente intollerante e insofferente, avere reazioni aggressive, commettere molti errori, vivere un senso di frustrazione e avere una reazione eccessiva all’ironia nei propri confronti.

Come aiutare un bambino a superarla?

Il primo consiglio per genitori, insegnanti e istruttori è quello di monitorare sempre i bambini. Qualsiasi comportamento fuori luogo, esagerato e improvviso può essere il segno di un problema sottostante, ma anche l’occasione per comunicare con il ragazzo.

Il Johns Hopkins Medicine suggerisce, innanzitutto, di chiedere al bambino cosa prova e come si sente avendo cura di ridurne l’impatto. Commenti critici, confronti con altre persone o altre situazioni e la colpevolizzazione dello stato d’animo sono assolutamente da evitare, in quanto il ragazzo ha bisogno di sapere che quello stato d’animo è normale.

A seconda dell’attività, può essere utile insegnare alcune tecniche di concentrazione. È un modo per evitare a tenere sotto controllo la pressione e a mantenersi concentrati sullo svolgimento di questi compiti, evitando che il nervosismo prenda il sopravvento. Anche la respirazione e la comunicazione positiva sono strumenti utili per aiutare un bambino a superare l’ansia da prestazione.

È importante anche che tanto i genitori quanto gli insegnanti e gli istruttori sappiano riconoscere il loro ruolo. Che non è quello di un terapeuta. Il loro compito è vitale ed essenziale in quanto è il primo intervento che viene messo in atto, ma non necessariamente deve essere suo il dovere (per non generare anche altre ansie da prestazioni) quello di curare. Il ricorso a un terapeuta può essere indispensabile, provvedendovi con un atteggiamento sano e positivo.

5 consigli per i genitori

1. Investire sull’autonomia

Tra il rischio di adultizzazione precoce e quello di infantilizzazione è indispensabile aiutare i bambini ad acquisire una sempre maggiore autonomia. Che non è tanto “fare le cose da soli” ma sentirsi capaci di poterlo fare. Dalle piccole azioni quotidiane, anche e soprattutto quelle nelle quali i bambini più piccoli esprimono interesse, a quelle tipiche dell’età scolastica (come i compiti) è importante sostenere il bambino incoraggiandolo a farcela da solo.

2. Più libertà (e libertà di scelta)

Non è raro che i bambini sviluppino ansia da prestazione perché ogni dimensione che vivono è un continuo giudizio e confronto. Quante volte le attività, specie quelle extrascolastiche, non sono frutto di una loro scelta ma di un condizionamento – neanche troppo velato – dei genitori? Genitori che (spesso vittime a loro volta) dicono ai propri figli che devono fare sport, devono imparare una seconda lingua, devono saper suonare uno strumento musicale, etc… aumentano il rischio che il bambino si trovi circondati da pressioni e aspettative contro le quali è destinato il più delle volte a fallire. A volte è meglio fare meno ma meglio e lasciare più spazio allo svago, al gioco e ad attività non necessariamente associate al raggiungimento di un traguardo.

3. Il buon esempio

Perché i bambini non riescono a vivere in maniera sana lo studio, lo sport e le altre attività? Perché spesso i primi a non farlo sono i rispettivi genitori. Genitori che vivono con ansia e apprensione interrogazioni, esami, gare ed esibizioni sia perché temono che il figlio possa non farcela (portandocelo a credere) sia perché dai successi dei figli vorrebbero costruirne di propri.

4. Coinvolgimento e ascolto

L’educazione non è l’insieme di regole da stabilire e far rispettare; è importante anche che i genitori siano il più possibile coinvolti nella vita dei bambini. Senza invaderla o banalizzarla, ma entrando in questo modo in contatto con loro così da saperli ascoltare e, quando necessario, consolare. Crescere in un ambiente emotivamente sano è uno degli aiuti migliori che si possano fare ai propri figli anche in termini di capacità di permettergli di raggiungere i propri obiettivi.

5. I rinforzi positivi

Un aiuto concreto verso i bambini è quello di non avere una strategia educativa tale da accentuare solamente gli errori. Quante volte i genitori di oggi potrebbero riferire di essersi sentiti dire “hai fatto il tuo dovere” quando si è preso un buon voto e, invece, essere rimproverati duramente quando si è avuta la, anche minima, insufficienza? Questo non significa che gli errori non vadano segnalati e corretti, ma che è importante investire anche sul riconoscimento delle cose buone. Senza inventarle, fingere o esaltarle, ma prevedono di elogiare il bambino quando è giusto e doveroso farlo.

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  • Bambino (1-6 anni)