Adhd nei bambini, come si riconosce il disturbo dell'attività e dell'attenzione?

L'Adhd è un disturbo del neurosviluppo, sempre più diffuso nei bambini, che va trattato seriamente. Non va ricondotto a incapacità genitoriale o, peggio ancora, a "cattiveria" del bambino. Ecco la diagnosi, i sintomi e il trattamento.

L’Adhd è un disturbo dell’attività e dell’attenzione che nel nostro Paese coinvolge circa il 2% dei bambini maschi. Vediamo di cosa si tratta, le cause del disturbo, i sintomi, la diagnosi, il trattamento e la cura, compresi gli interventi didattici.

Cos’è l’Adhd?

L’Adhd (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un disturbo del neurosviluppo che può configurarsi come disturbo di iperattività con deficit dell’attenzione o come disturbo del deficit dell’attenzione con iperattività, in base alla predominanza di una delle due componenti. Le tipologie di difficoltà specifiche di questo disturbo sono, appunto, riconducibili agli ambiti attentivo-motivazionale e a quello iperattivo-comportamentale.

Si tratta di un disturbo che coinvolge tutti gli ambiti della vita quotidiana, compresi quelli dell’educazione e dell’amicizia. In Italia sono soprattutto i maschi a presentarlo. La maggior parte delle diagnosi avvengono in età infantile, ma è importante sapere che l’Adhd può persistere anche più avanti con l’età, in adolescenza ed età adulta.

Occorre chiarire che l’Adhd è un disturbo che va preso seriamente e non va confuso con quella che i genitori potrebbero ritenere la normale fase di crescita che un bambino iperattivo deve superare. Non bisogna ricondurlo neppure a incapacità genitoriale, o a metodi educativi troppo morbidi. E soprattutto, non è dovuto a una presunta “cattiveria” del bambino.

Le cause dell’Adhd

Le cause dell’Adhd sono diverse e possono riferirsi principalmente a fattori di tipo:

  • genetico;
  • neurobiologico;
  • ambientale.

Alcuni studi mostrano un collegamento tra l’Adhd e determinati geni, come quello deputato alla produzione di dopamina che, se alterato, potrebbe concorrere a scatenare il disturbo. La dopamina è una sostanza alla base del funzionamento di diversi processi cognitivi, quali l’attenzione e la memoria. Inoltre, i bambini con Adhd hanno 4 volte maggiori probabilità di condividere il disturbo con un parente; e un terzo dei padri con Adhd hanno un figlio col medesimo disturbo.

In merito ai fattori ambientali, ce ne sono alcuni, soprattutto prenatali, che costituiscono un rischio, perché aumentano la probabilità del manifestarsi di alterazioni genetiche che porterebbero successivamente all’insorgenza della patologia. Ecco i principali:

  • esposizione al fumo prolungata (madre fumatrice);
  • assunzione da parte della madre di alcool/droga in gravidanza;
  • stress;
  • parto prematuro;
  • altre complicazioni durante il parto.

Quando si può diagnosticare?

L’Adhd si può diagnosticare dall’ingresso alla scuola primaria. Non ha senso, infatti, parlare di neonati iperattivi. A partire dal settimo anno d’età, è possibile effettuare la diagnosi di Adhd.

A farlo deve essere un neuropsichiatra infantile dopo aver condotto una valutazione del bambino. In alcuni casi, possono farlo anche medici e psicologi che abbiano determinate conoscenze in merito all’Adhd, oltre a quelle relative ai disturbi che possono presentarsi in comorbilità, come quello dello spettro autistico.

La valutazione coinvolge il bambino, i genitori e gli educatori/insegnanti; è necessario raccogliere quante più informazioni possibili sui comportamenti del bambino e le difficoltà manifestate. Gli strumenti diagnostici più diffusi sono soprattutto le interviste semistrutturate e alcuni questionari standardizzati.

I sintomi dell’Adhd

I sintomi più comuni del disturbo dell’attenzione e iperattività sono i seguenti:

  • difficoltà a mantenere l’attenzione focalizzata;
  • difficoltà a mantenere la concentrazione per un lasso di tempo prolungato;
  • spiccata impulsività nei comportamenti e nelle relazioni;
  • difficoltà a stare fermi e necessità di muoversi in continuazione.

Si presentano in modo definito e si ripetono in modo continuo.

Trattamento e cura

I trattamenti sono di tipo farmacologico e non-farmacologico. Naturalmente i primi sono utilizzati nei casi più critici. I farmaci più diffusi sono il metilfenidato o l’atomoxetina, che agiscono direttamente sulle funzioni del cervello (che nei bambini è, naturalmente, ancora in via di sviluppo).

Il neuropsichiatria infantile che attua la presa in carico deve valutare, oltre che eventuali comorbilità, l’impatto che il disturbo ha nella vita quotidiana del bambino e, anche in base a quello, decidere se sia necessaria la prescrizione di farmaci.

I trattamenti di tipo non farmacologico puntano a un approccio multimodale, che coinvolge diverse figure: i bambini (child training), i genitori (parent training), e gli educatori/insegnanti (teacher training).

Anche il digitale ha fornito un aiuto nel trattamento dell’Adhd. Ad esempio, il videogioco Endeavor è stato progettato per migliorare la capacità attentiva dei bambini con Adhd.

Adhd: le difficoltà a scuola

A scuola i bambini con Adhd presentano una serie di difficoltà, sia sul piano dell’attenzione e motivazione, sia sul piano iperattivo comportamentale. Per quanto riguarda le prime, ecco le più comuni:

  • selezionare le informazioni necessarie e mantenere l’attenzione per il tempo utile a completare la consegna;
  • resistere a fonti di distrazione nell’ambiente o a pensieri divaganti;
  • applicare strategie di studio per memorizzare le informazioni a lungo termine;
  • seguire i ritmi di apprendimento della classe;
  • affrontare le frustrazioni e posticipare la gratificazione.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, queste sono le difficoltà maggiori:

  • seguire le istruzioni e rispettare le regole;
  • regolare il comportamento motorio che risulta eccessivamente irrequieto;
  • aspettare il proprio turno (nel gioco e nella conversazione);
  • costruire e mantenere relazioni positive coi compagni;
  • regolare le proprie emozioni e controllare i livelli di aggressività.

Strategie didattiche per bambini con Adhd

Nella C.M. 4089 del 15/6/2010 vengono individuate alcune strategie e metodologie didattiche da adottare per gli alunni con questo disturbo. Per fronteggiare l’iperattività, ecco alcuni degli interventi da proporre:

  • introdurre attività di routine in classe e rituali significativi, che abituino il bambino a una certa regolarità (il saluto iniziale e finale, l’appello, il momento della pausa/merenda e di segnare i compiti a casa);
  • definire un nucleo di regole e convenzioni con l’intera classe, che siano semplici e ridotte nel numero (l’uscita dall’aula, il fare domande, il rispetto dei turni, il mantenere in ordine il banco);
  • non sanzionare i comportamenti dell’alunno ipercinetico; è sbagliato proibirgli l’attività motoria, non fargli assumere incarichi o responsabilità in classe, o assegnargli consegne lunghe e complesse.

Per orientare l’interesse e sviluppare la motivazione del bambino, affinché possa migliorare le sue capacità di concentrazione, si possono adottare altre tecniche:

  • predisporre l’ambiente in modo da evitare le fonti di distrazione;
  • strutturare le attività esperienziali e laboratoriali in classe e prevedere dei tempi di lavoro intervallati da frequenti pause;
  • favorire l’ascolto e la riflessione;
  • gratificare il bambino per ogni piccola conquista.
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Categorie

  • Bambino (1-6 anni)