
Discusso e criticato, ma anche definito efficace da chi l'ha provato: parliamo del metodo Estivill per l'estinzione graduale del pianto.
Aiutare il bambino ad addormentarsi da solo e gestire autonomamente i risvegli è utile per la sua crescita. Scopriamo perché e come favorire il raggiungimento di questa capacità.
Se nelle prime settimane i neonati trascorrono la maggior parte del loro tempo dormendo, già dopo qualche mese il sonno può iniziare a diventare un problema, rendendo difficile sia l’addormentamento che il mantenimento del sonno notturno.
Un problema cui i genitori pongono rimedio in diversi modi: dall’utilizzo del ciuccio o di altre tecniche per far rilassare il bambino al cullare il piccolo cantandogli una ninna nanna, passando per la definizione di una routine del sonno o del farlo dormire nel letto matrimoniale (co-sleeping) e tanti altri stratagemmi che funzionano per il proprio bambino.
Arriva però poi il momento in cui i figli dovrebbero imparare a dormire da soli; un’esigenza sentita da molti genitori ma che si rivela importante anche nel processo di crescita e indipendenza dei bambini. Parliamo quindi di addormentamento autonomo, anticipando come non esistano regole e tappe da rispettare (il cui raggiungimento comporterebbe un fallimento educativo dei genitori), ma che molto, se non tutto, dipenda dalle caratteristiche di ogni bambino.
Discusso e criticato, ma anche definito efficace da chi l'ha provato: parliamo del metodo Estivill per l'estinzione graduale del pianto.
L’addormentamento autonomo è quel processo per il quale il bambino, con l’aiuto dei propri genitori, impara a gestire in autonomia il sonno, sia in termini di addormentamento che di risvegli notturni.
Inizialmente i bambini non sono in grado di farlo e necessitano dell’intervento dei genitori, tanto che comunemente i primi mesi e anni di vita dei figli sono per le mamme e i papà motivo di significativa riduzione del sonno.
Con l’addormentamento autonomo, quindi, si insegna ai bambini a essere indipendenti. Questo non significa che, improvvisamente, si richieda al bambino di andare in camera sua, mettersi sotto le coperte, chiudere gli occhi e dormire fino alla mattina successiva (magari alzandosi immediatamente quando suona la sveglia), ma di accompagnarlo ad acquisire le capacità necessarie per farlo.
Com’è facile intuire, non esiste un’età fissa cui iniziare con l’addormentamento autonomo. Questo perché sul sonno dei bambini sono poche le regole certe, sia perché ogni bambino ha una sua individualità. Per cui ci sono bambini che iniziano prima di altri senza che questo rappresenti un giudizio positivo o negativo su di loro e sui rispettivi genitori.
Il portale MedicineNet suggerisce come i primi tre anni di vita possa essere la finestra temporale consigliata per insegnare ai bambini a dormire da soli.
È importante ricordare come l’addormentamento autonomo non è solamente il “dormire da soli nel proprio lettino”, ma anche il processo di acquisizione delle capacità di prendere sonno senza l’ausilio dei genitori. Questo in una prospettiva di autoregolamentazione e indipendenza, che rappresentano importanti step dello sviluppo di ogni individuo.
Se non c’è un’età fissa è utile però capire quando può essere il momento ideale per favorire l’addormentamento autonomo. Innanzitutto quando il bambino inizia a manifestare segnali di indipendenza, ma anche quando il non dormire autonomamente causa problemi sia nel bambino che nei genitori.
L’addormentamento autonomo, come anticipato, è una tappa importante nella crescita di ogni bambino. Questo perché gli insegna a imparare a fare da soli cose che lo riguardano in prima persona. Uno dei compiti dei genitori è, infatti, anche permettere ai propri figli di essere autonomi e non dipendere da loro per ottenere ciò di cui hanno bisogno.
Questa forma di indipendenza e di apparente distacco aiuterà sia i bambini che i genitori a trovare altre forme di condivisione e socializzazione. Sebbene spesso buona parte della giornata venga trascorsa, tra scuola e lavoro, in luoghi separati, non necessariamente deve essere il letto il luogo in cui ritrovarsi. Si può sperimentare una migliore qualità della relazione genitori-figli proprio perché è paradossalmente voluta e cercata e non scontata perché propedeutica all’addormentamento.
C’è poi un vantaggio strettamente legato alla qualità del sonno, specialmente dei genitori. Un bambino che si addormenta da solo e che se si sveglia (per bere, andare in bagno o per qualsiasi altra ragione) sa come gestire la situazione riaddormentandosi senza richiedere l’intervento di papà o mamma aumenta la durata e la qualità del sonno di tutti i componenti della famiglia.
Inoltre l’addormentamento autonomo contribuisce a permettere al bambino di imparare ad auto-calmarsi. Questa abilità è fondamentale in tutte le fasi della vita nelle quali sperimenterà tensioni e difficoltà.
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Se l’addormentamento autonomo è un obiettivo da raggiungere, è bene però non forzare il bambino, anche perché si rivelerebbe controproducente esasperando magari le ansie da separazione. È sicuramente importante riconoscere il momento migliore per iniziare questo process,o individuando quando il proprio bambino è pronto per iniziare. Il consiglio è di scegliere un periodo nel quale non ci sono altri cambiamenti (traslochi, spannolinamento, eccetera), ma dove si possa vivere questo passaggio con calma e serenità.
Il bambino imparerà a dormire da solo. Il punto è aiutarlo a raggiungere questo traguardo per evitare che l’incapacità di farlo possa diventare – per tutti i benefici che abbiamo visto – un problema per lui. Che ci voglia tempo significa anche che è necessario avere pazienza. Alcuni bambini possono essere più “predisposti” all’addormentamento autonomo e ci riescono prima e meglio, mentre altri faranno più fatica.
Uno dei problemi comuni del sonno dei bambini è legato all’ora di andare a letto. Anche dopo una giornata di giochi e attività, i bambini sembrano non essere stanchi e vorrebbero continuare a rimanere svegli. Eppure tra i 3 e i 5 anni, come indicato dal Mayo Clinic, i bambini hanno bisogno di dormire dalle 10 alle 13 ore al giorno. Il consiglio, quindi, è quello di tenere conto delle ore di sonno di cui necessitano e iniziare a favorire l’addormentamento a un orario adeguato.
Esistono diversi metodi per favorire l’addormentamento autonomo. Non ce n’è uno migliore di un altro e non tutti sono efficaci per il proprio bambino. In tutti i casi, l’indicazione è quella di procedere gradualmente in modo che il passaggio da un “addormentamento dipendente” a un addormentamento autonomo non sia forzato e per questo difficile da acquisire. Si può iniziare a mettere il bambino nel proprio letto e stare seduti su una sedia vicino a lui, si può definire una nuova routine della buonanotte fatta di momenti di condivisione, libri da leggere e storie da raccontare, così come si può coinvolgere il bambino nella preparazione dell’andare a letto (mettere il pigiama, preparare il letto, eccetera). Riuscire a fare tutto in maniera stimolante e divertente può aiutare, anche se non sempre il metodo che ha funzionato la sera prima funzionerà anche quella successiva.
Qualsiasi tappa dello sviluppo è per i bambini una conquista e come tale anche l’addormentamento autonomo deve essere vissuto. È necessario che il bambino consideri vantaggioso e piacevole questo cambiamento ed è altrettanto indispensabile che ogni passaggio venga condiviso anche verbalmente con lui. Spiegare il senso di ciò che si fa, incoraggiandolo a scegliere di contribuire a farlo, è sicuramente il metodo più sano ed efficace per insegnare il bambino a essere indipendente e autonomo, e quindi libero, e non passivo esecutore di ordini (anche se dei suoi genitori).
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