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L'ipogalattia è una patologia caratterizzata dalla ridotta produzione di latte ed è secondaria ad altre problematiche preesistenti.
Attenzione a non confondere l’ipogalattia con la produzione di latte non sufficiente ai bisogni del bambino, che lamentano a volte alcune neomamme e che è invece una problematica dovuta a una gestione sbagliata dell’allattamento. In quest’ultimo caso, le motivazioni sono del tutto fisiologiche e risolvibili con il giusto supporto.
Ne abbiamo parlato con la nostra ostetrica, la dottoressa Sara Menzione.
Iniziamo l’intervista con la dottoressa Menzione partendo proprio dalla definizione: che cosa si intende per ipogalattia?
Quando parliamo di ipogalattia ci riferiamo a una vera e propria patologia legata all’allattamento che indica, come dice il nome stesso, una ridotta produzione di latte. È una condizione diversa dall’agalattia, che è invece caratterizzata dalla completa assenza di latte.
Quali potrebbero essere le cause di questa ridotta produzione di latte?
L’ipogalattia potrebbe essere riconducibile alla mancanza di tessuto mammario, che rende quindi difficile la formazione del latte. Tra le cause di questa patologia potrebbe esserci anche un’alterazione nel rilascio di ormoni ipofisari necessari per la produzione del latte, quali ossitocina e prolattina. Questo deficit potrebbe, a sua volta, essere ricondotto a neoplasie a carico dell’ipofisi. O, ancora, un’altra causa dell’ipogalattia potrebbe essere un intervento chirurgico alle mammelle, ad esempio a causa di un cancro, e quindi ritorniamo di nuovo alla condizione di mancanza di tessuto mammario.
Sostanzialmente, possiamo dire che l’ipogalattia si manifesta in donne che sono già consapevoli di avere altre patologie che potrebbero compromettere l’allattamento, come appunto il cancro, o problemi ormonali che, tra l’altro, rendono anche più difficile avere un bambino. Ma, fortunatamente, l’ipogalattia non è una condizione con un’alta prevalenza: in Italia si calcola interessi solo il 3-5% delle donne in allattamento. Ѐ una problematica quindi rarissima.
La dottoressa Menzione ci spiega che è importante fare una distinzione tra la ridotta produzione di latte e l’ipogalattia vera e propria, intesa come patologia:
Spesso molte mamme alle prese con l’allattamento al seno lamentano una ridotta produzione di latte. Nella maggior parte di questi casi, però, ci troviamo di fronte a un problema che nasce da una gestione sbagliata dell’allattamento al seno e la mancanza di latte è dunque una conseguenza fisiologica. Diverso è il caso dell’ipogalattia, in cui c’è comunque una ridotta produzione di latte, ma le cause sono ben diverse.
Chiediamo quindi alla dottoressa quali soluzioni si potrebbero adottare in caso di ipogalattia:
Ritornando alla differenza tra ipogalattia, intesa come patologia, e alla carenza di latte dovuta invece a una gestione sbagliata dell’allattamento, nel primo caso non ci sono grosse soluzioni: non esistono metodi per incrementare la produzione di latte se mancano il tessuto mammario o gli ormoni che ne inducono la formazione ed è necessario ricorrere all’allattamento artificiale; nel secondo, invece, è necessaria innanzitutto una maggiore e più corretta informazione sull’allattamento al seno, per evitare anche che si arrivi all’equivoco tra l’ipogalattia patologica e la riduzione nella produzione che è invece fisiologica.
In quest’ultimo caso, le mamme dovrebbero essere seguite da un’ostetrica specializzata che spieghi il modo corretto per far attaccare il bimbo al seno, perché più si va a stimolare la suzione, più aumenta la produzione di latte.
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