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Un carcinoma mammario non esclude del tutto la possibilità di allattare al seno. Ecco tutto quello che c'è da sapere.
Il tumore al seno è il cancro più frequente nelle donne ed è, secondo i dati riportati in questo studio, una malattia la cui incidenza andrà ad aumentare nel corso dei prossimi anni arrivando a circa 3 milioni di nuovi casi e 1 milione di decessi all’anno entro il 2040. Sebbene nei Paesi occidentali, come evidenziato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, la mortalità per tumore al seno è in costante diminuzione resta alta l’attenzione su questa condizione anche in relazione alle donne che vogliono programmare una gravidanza.
È quindi necessario chiarire alcuni elementi sul rapporto tra allattamento e tumore al seno, rispondendo alle legittime e comprensibili preoccupazioni delle donne che vogliono capire quale può essere l’impatto della malattia e del relativo trattamento sulla possibilità di allattare al seno.
La Società Italiana di Pediatria (SIP), spiegando i benefici dell’allattamento al seno, illustra anche la capacità di ridurre il rischio, tra gli altri, del tumore mammario. Diversi studi hanno ampiamente dimostrato non solo che l’allattamento al seno riduce il rischio di tumore, ma anche che maggiore è la durata dell’allattamento più alta è la riduzione del rischio di andare incontro a questa e altre malattie. L’effetto protettivo sembrerebbe essere legato ai cambiamenti ormonali, fisiologici e immunologici che si verificano nel periodo dell’allattamento.
Diversi studi, come anticipato, hanno analizzato le implicazioni tra allattamento e tumore al seno. L’European Society for Medical Oncology (ESMO) riporta i risultati di alcune ricerche recenti per le quali l’allattamento al seno è sicuro per le donne che hanno avuto un carcinoma mammario, con effetti positivi sia sulla salute della donna che sulla crescita del bambino.
Le ricerche epidemiologiche riassunte dal portale WebMD, invece, evidenziano come le donne che allattano per almeno sei mesi hanno una probabilità ridotta del 20% di sviluppare la malattia rispetto a quelle che non lo fanno.
La Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro riporta i risultati di uno studio che ha evidenziato che le donne che allattano per più di 12 mesi riducono il rischio della malattia del 26% rispetto a quelle che non allattano. La particolarità di questo studio è legata al fatto che è stato suggerito come per ogni mese di allattamento il rischio di sviluppare il carcinoma mammario si riduca del 4,3%.
Sulla stessa linea anche quanto riferito dalla Fondazione Veronesi che, illustrando i dati di diversi studi, conferma come la durata dell’allattamento sia legata alla riduzione del rischio di sviluppare il tumore, tanto che un allattamento superiore ai 18 mesi può ridurre il rischio anche del 30%.
Le evidenze scientifiche possono rassicurare le donne con una storia di tumore al seno in quanto non solo l’allattamento al seno è considerato sicuro, ma può contribuire anche a migliorare lo stato di salute generale della donna.
Un altro aspetto importante da affrontare è quello legato alla possibilità di allattare dopo aver ricevuto una diagnosi di tumore al seno. Questo perché c’è la preoccupazione se le terapie per questo tipo di carcinoma possano condizionare la possibilità di allattare (e viceversa).
A questo proposito la Società Italiana di Pediatria (SIP) riporta i risultati di una review condotta dai ricercatori del Vanderbilt University Medical Center di Nashville (TN, USA). I ricercatori sostengono sia possibile proporre l’allattamento al seno anche alle donne con patologia tumorale. L’allattamento al seno, infatti, non sembra influire negativamente sulla salute della madre e del bambino e le terapie oncologiche non influiscono sulla qualità del latte materno.
L’indicazione è anche quella di confrontarsi con un team di specialisti per gestire al meglio le sfide di allattare durante la gestione di un tumore al seno.
Non è, ovviamente, sempre tutto lineare e possibile e molto dipende dalla gravità del tumore, dallo stadio di sviluppo e dalle terapie che si devono seguire. L’allattamento al seno, infatti, è controindicato durante la chemioterapia, in quanto molti dei farmaci utilizzati possono passare nel latte materno. Ogni caso, comunque, va valutato singolarmente in quanto si può eventualmente, se lo si desidera, allattare negli intervalli tra i diversi cicli di chemioterapia.
La terapia chirurgica conservativa del seno (BCT, Breast Conserving Therapy), il trattamento che mira a rimuovere il tumore e la porzione limitata di tessuto mammario circostante, è invece considerata compatibile con l’allattamento. Anche la radioterapia è considerata compatibile, ma in alcuni casi può ridurre la produzione di latte dalla mammella irradiata.
Possono invece essere eseguite le diagnosi strumentali di routine per i controlli sul tumore al seno, come l’ecografia e la radiografia, in quanto sono considerate sicure durante l’allattamento. Anche la mammografia può essere eseguita, anche se può avere una sensibilità ridotta, mentre la tomografia computerizzata con mezzo di contrasto iodato non presenta rischi durante l’allattamento.
Cosa avviene, invece, in caso di mastectomia, l’intervento chirurgico che prevede la rimozione della mammella? Il seno sottoposto a questo trattamento non può produrre latte in quanto, anche se presente il capezzolo, è privo della ghiandola. L’allattamento al seno può comunque essere percorso utilizzando l’altra mammella in quanto è sufficiente per fornire la quantità adeguata di latte al bambino.
Abbiamo visto come l’allattamento al seno sia considerato non solo sicuro ma anche utile per la salute della donna, anche quella con carcinoma mammario. Per questo motivo l’allattamento al seno è considerata una strategia di prevenzione anche e soprattutto per le donne che hanno una storia di familiarità con il tumore al seno. Inoltre l’allattamento protegge le donne portatrici della mutazione BRCA1 e può contribuire a migliorare il benessere mentale e a ridurre lo stress, offrendo vantaggi importanti per la qualità della vita della donna.
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