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Quanto dura l'allattamento? Dopo i 6 mesi di alimentazione esclusiva quando è il momento di interrompere? Facciamo il punto senza pregiudizi e colpevolizzazioni.
Tra l’esperienza (anche diversa dalle aspettative) delle donne e le raccomandazioni (appunto) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e delle altre autorità nazionali e internazionali, è importante affrontare la questione con la giusta attenzione. Quella che eviti, in un senso o nell’altro, di colpevolizzare le donne o di privare il bambino di ciò di cui ha bisogno.
L’Istituto Superiore di Sanità, riprendendo quelle che sono le posizioni anche dell’OMS, dell’UNICEF e degli altri enti che si occupano di queste tematiche, indica come
il latte materno rimane un elemento chiave della dieta dei piccoli dai 6 mesi ai 2 anni e oltre, finché mamma e bambino lo desiderano.
Se c’è abbastanza chiarezza (nel corso degli anni tale approccio è mutato sulla base delle nuove evidenze scientifiche) sull’inizio dell’allattamento, ce n’è meno sulla sua fine.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, suggerisce che l’allattamento al seno inizi entro la prima ora dalla nascita e prosegua esclusivamente per i primi 6 mesi di vita. Successivamente inizia l’alimentazione complementare (lo svezzamento), ma da quell’età i bambini dovrebbero continuare a essere allattati fino a 2 anni e oltre.
Inoltre viene suggerito che i neonati dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere allattati a richiesta, tutte le volte che lo desiderano e senza utilizzare biberon, tettarelle e ciucci. Così l’OMS.
L’allattamento a termine, quindi, è la disponibilità della donna a fornire il proprio latte fino a quando il bambino lo desidera. O, nell’altra espressione utilizzata, “finché mamma e bambino lo desiderano”.
L’allattamento a termine è molto semplice in quanto significa attaccare il bambino al seno ogni volta che egli lo desideri. È bene però considerare come l’attaccamento al seno non sia solamente un bisogno alimentare del bambino, ma anche un modo per rilassarsi, calmarsi e vivere l’attaccamento con la propria mamma.
Se sull’inizio dell’allattamento c’è più precisione temporale, sul suo termine gioca un ruolo fondamentale la libertà dei soggetti coinvolti, anche se non è da sottovalutare i condizionamenti sociali e culturali. È quelli a cui fa riferimento il documento del Ministero della Salute redatto dal Tavolo tecnico operativo interdisciplinare per la promozione dell’allattamento al seno nel quale si tenta di rimuovere un’ingiusta cattiva fama dall’allattamento prolungato, quello che viene continuato oltre i 2 anni. Nel documento, infatti, si legge come l’allattamento di lunga durata “non interferisce negativamente sulla progressione dell’autonomia del bambino e sul benessere psicologico e/o psichiatrico della madre”.
Una ricerca scientifica condotta sugli effetti dell’allattamento al seno sulla salute mentale materna evidenzia come, rispetto alle aspettative iniziali, diverse donne hanno avuto esperienza di depressione e ansia associata all’allattamento. Secondo il tavolo tecnico del Ministero della Salute “Eventuali documentati disagi psicologici o vere patologie psichiatriche del bambino e/o della madre non hanno con l’allattamento al seno un rapporto di causa-effetto, ma sono eventualmente e semplicemente da intendersi come contemporanei ad un allattamento al seno che si prolunga”.
La durata dell’allattamento è legata a numerosi benefici, sia per il bambino che per la madre. L’International baby food action network (IBFAN) nella traduzione a cura del Movimento allattamento materno italiano (Mami) pubblicata sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità riporta una serie di vantaggi associati all’allattamento al seno.
Per il bambino vi è un miglioramento della sopravvivenza, la riduzione delle malattie infettive, delle allergie e del rischio di asma, così come il miglioramento del QI e il contrasto all’obesità. Per le donne, invece, si parla dell’aiuto al distanziamento delle nascite, alla riduzione dei rischi di anemia, di cancro al seno, cancro alle ovaie e osteoporosi.
Ma quali sono le ragioni per cui una donna smette di allattare prima del termine, ovvero decidendo di farlo ed educando il bambino a rinunciare a questa dimensione? Secondo quanto emerso da questo studio ci sono diverse cause: dolori ai capezzoli, carenza di latte, disagi, fatica e implicazioni sul ritorno al lavoro.
Non vi è una risposta univoca in quanto, qui come in altri casi, bisogna considerare tutti i fattori in gioco che determinano una decisione. Sull’allattamento al seno in generale e su quello a termine in particolare ci sono evidenze che ne raccomandano (suggeriscono) la pratica, tanto che non mancano esempi di mamme che continuano ad allattare i propri figli anche oltre i 3-4 anni.
Anche se da contestualizzare alla situazione degli Stati Uniti (dove meno del 15% dei bambini viene allattato al seno fino a 6 mesi) in questo senso fece molto scalpore la copertina del Times che raffigura una donna che allatta al seno un bambino evidentemente più grande di 2 anni. La copertina recitava “Sei abbastanza mamma? Perché l’attaccamento genitoriale porta alcune madri agli estremi”.
La risposta a fino a quando allattare, quindi, non è univoca perché è una scelta e come tale va sempre rispettate e mai giudicata. Sia quella delle donne che decidono di perseguire l’allattamento a termine (come fatto dal Tavolo tecnico del Ministero della Salute) sia quelle che, per un motivo o per un altro, decidono di interromperlo.
Il rapporto madre-figlio e in generale quello tra i genitori e i propri bambini è una realtà da costruire e, senza negare o sminuire le evidenze scientifiche, vivere nella propria dimensione personale. Non è migliore una madre che allatta solo per 6 mesi così come non lo è quella che prosegue negli anni, così come non è peggiore quella che avrebbe voluto continuare ma per stanchezza, lavoro, dolori o altro decide o subisce la condizione di non poterlo fare.
L’allattamento a termine è una di quegli esempi su come spesso le raccomandazioni tendano a diventare cause di colpevolizzazione, quando ciò di cui tutti, genitori e bambini, hanno bisogno è di quella sana e serena libertà di decidere, con la consapevolezza necessaria, cosa fare della propria vita e come guidare quella dei propri figli.
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