Parlare di gravidanza significa porre l’attenzione su quell’insieme di eventi e realtà che portano alla nascita di un bambino. Spesso però la si considera come un evento sé, indipendente, ignorando o trascurando quello che è il trascorso, il passato e il vissuto di coloro che sono coinvolti in questa realtà. In questo senso parlare dei cosiddetti bambini arcobaleno significa fare luce sulla nascita di un figlio dopo aver vissuto l’esperienza dell’aborto (spontaneo o volontario).

Affrontare questo argomento non è solamente una questione cronologica o biologica (di per sé un aborto, sia volontario che spontaneo, non impedisce una successiva gravidanza, anche dalla prima ovulazione), ma anche e soprattutto psicologica e relazionale, tanto per il bambino quanto per i suoi genitori.

Chi sono i bambini arcobaleno?

Per bambini arcobaleno si intendono quei figli nati dopo un lutto perinatale. Si tratta di un evento che può verificarsi a seguito di un aborto spontaneo o di un’interruzione volontaria di gravidanza, ma anche di una morte in utero, di un bambino nato morto o della morte di un gemello in una gravidanza gemellare. È quindi un evento che può avere diverse cause e manifestazioni che possono incidere in diverso modo sui genitori ma anche sul bambino stesso.

Perché si chiamano così?

Come l’evento atmosferico e meteorologico dell’arcobaleno si manifesta con uno spettro continuo di luce, così la nascita di un bambino arcobaleno porta luce dopo un periodo di sofferenza e dolore.

La definizione e il modo di chiamare questi bambini ha diverse implicazioni ed è importante non darle per scontate né banalizzare la questione. Già normalmente la nascita di un figlio è un evento che nella narrazione comune è legato solamente a sentimenti positivi, di gioia e felicità. Sicuramente ci sono questi elementi, ma l’ignorare le dinamiche di difficoltà, tensione e sofferenza che anche la nascita di un figlio può rappresentare, significa chiudere gli occhi di fronte a una realtà molto più complessa di qualsiasi tipo di semplificazione buonista.

Questo vale a maggior ragione per i bambini arcobaleno, che loro malgrado si ritrovano sulle spalle un peso emotivo non indifferente. Possono infatti essere considerati come “figli della rinascita” (o espressioni simili) e come tali andare incontro a una serie di aspettative e pressioni (anche involontarie) che possono condizionarne la crescita.

Così come, all’opposto, sono bambini che possono crescere all’ombra del fratello/sorella che non c’è, con tutte le conseguenze che anche in questo caso ci possono essere in termini di pressioni, condizionamenti e sentimenti contrastanti.

I bambini arcobaleno, quindi, possono essere oggetto di eccessiva protezione, per la quale il figlio non viene mai lasciato solo o in compagnia di altre persone che non siano i suoi genitori, ma anche sperimentare la cosiddetta colpa del sopravvissuto, sviluppando sentimenti di colpa e indegnità di essere nati cosa che non è stata possibile al figlio precedente.

La gravidanza dopo uno o più aborti spontanei

Dal punto di vista fisico e medico un singolo episodio di aborto non costituisce un impedimento per una successiva gravidanza. L’American College of Obstetricias and Gynecologists (ACOG) spiega come il ciclo riprenda circa 4-6 settimane dopo l’aborto, ma si può rimanere incinte anche prima del ritorno delle mestruazioni.

Il discorso cambia radicalmente se invece si analizza il fenomeno dal punto di vista psicologico. Senza sottovalutare come aborti ricorrenti (poliabortività) possano rappresentare una causa di infertilità tale da divenire motivo di ansia, stress e depressione per l’impossibilità di ottenere una gravidanza. Questo studio riporta come ansia, angoscia e depressione siano sintomi psicologici comuni nelle donne che hanno avuto un aborto e che questi sono associati a diversi esiti avversi della gravidanza, come il travaglio pretermine e il basso peso alla nascita.

C’è, però, da considerare come una gravidanza successiva a uno o più aborti spontanei sia inevitabilmente spesso condizionata da un senso di timore che quell’evento si possa verificare nuovamente. Il rischio che si verifichino delle complicanze nella gravidanza successiva a un aborto, come riportato dal MedicalNewsToday, è piuttosto basso (2,1% dei casi di cui lo 0,23% sono gravi). I rischi maggiori si verificano quando l’aborto avviene nelle fasi avanzate della gravidanza.

Per quel che riguarda l’impatto emotivo e psicologico, l’International Federation of Gynecology and Obstetrics (FIGO) riporta come il lutto perinatale è paragonabile per natura, intensità e durata al dolore che si sperimenta a fronte di altre perdite gravi. Inoltre aggiunge come da uno studio del 2016 sia emerso che il 40% delle donne che hanno avuto un aborto ha manifestato sintomi di disturbo da stress post-traumatico. Sintomi che includono incubi, il rivivere sentimenti associati alla perdita e l’evitare situazioni (come il frequentare parenti e amici) che ricordassero loro l’evento drammatico.

Un altro studio del 2010 ha evidenziato come le donne che avevano subito un aborto spontaneo sperimentavano più ansia e disagio per la gravidanza, anche se avevano avuto successivamente un bambino.

5 consigli per i genitori di bambini arcobaleno

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Fonte: iStock

1. Accettazione del lutto

È l’aspetto più complicato e doloroso da affrontare, anche perché spesso pensiamo che accettare significhi dimenticare. Superare un lutto non significa rimuoverlo, ma accogliere l’idea che esista una realtà da continuare a vivere, una realtà che non può essere modificata e dalla quale ripartire. Questo vale a maggior ragione in presenza di un figlio arcobaleno, che non ha colpe di quanto accaduto e che ha bisogno di genitori presenti. Il lutto è una ferita che lascia conseguenze e non vanno ignorate, ma va ricostruita la propria identità ferita per vivere il presente e il futuro nel modo più sereno possibile. Evitando di pensare che essere sereni sia un togliere qualcosa alla memoria del figlio morto.

2. Parlare per aiutare e farsi aiutare

La comunicazione forse non risolve tutti i problemi, ma il silenzio ne favorisce la diffusione e l’amplificazione. Non bisogna vergognarsi di parlare di quanto accaduto e di quanto si soffre per tale perdita e il bambino arcobaleno non deve crescere nell’ignoranza del fratello/sorella che non c’è. Parlare della morte ai bambini, nei modi e nei tempi migliori, non deve essere un tabù; per quanto difficile è anche questo un modo per aiutare il bambino a gestire una serie di emozioni con le quali, inevitabilmente, dovrà prima o poi confrontarsi.

3. Pazienza e comprensione

Il lutto perinatale è un dramma a tutti gli effetti e come tale va vissuto. Questo significa che tanto per i genitori quanto per il bambino arcobaleno c’è bisogno di pazienza e comprensione. Quanto accaduto ha segnato la vita di tutti; c’è un prima e un dopo che non può essere ignorato. È un evento che lascia segni indelebili con i quali imparare a convivere.

4. Crescere figli liberi

Ogni genitore dovrebbe crescere figli liberi. Liberi dalle aspettative dei genitori e liberi da condizionamenti e pressioni. Questo vale anche per i bambini arcobaleno, che non devono portare il peso di un evento di questo tipo, potendo crescere senza un atteggiamento iperprotettivo nei loro confronti né con uno indifferente o poco attento.

5. Chiedere aiuto

Gestire il dolore del lutto non è mai semplice e non lo è quando coinvolge un figlio. Rivolgersi a un terapeuta è forse motivo di paura, imbarazzo e difficoltà, ma può rappresentare quel supporto senza il quale non si riesce a essere un genitore pienamente presente nella vita del proprio bambino.

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