Le diete vegetariane o vegane non sono adeguate nei bambini e nelle donne in gravidanza. La nostra posizione è fermamente critica”. È quanto afferma il Dott. Giuseppe Di Mauro, Presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS), allarmato dal grande interesse che le due tipologie di diete stanno suscitando nelle famiglie italiane e dalla confusione sugli effetti che possono provocare.

La gravidanza è l’unico periodo della vita in cui la dieta alimentare influenza non solo lo stato di salute della donna ma anche quello del nascituro. Le donne vegetariane possono andare incontro a seri problemi di carenza di micro e macronutrienti. La dieta ideale rimane quella mediterranea che soddisfa tutte le esigenze nutrizionali.

In Europa, attualmente, il 7,6% della popolazione segue una dieta vegetariana, di cui il 3% quella vegana e il 4,6% quella L.O.V. (lacto-ovo-vegetariana). A confermare questa “moda veg” è il dottor Salvatore Barberi, pediatra dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano:

Nelle famiglie italiane le scelte alimentari vegetariane dipendono nel 47,6% dalla convinzione che le proteine vegetali siano più salutari di quelle animali, mentre nel 31,7% la causa che innesca il cambiamento di stile alimentare è il profondo rispetto degli animali. Vi è ormai una reale necessità di prendere atto di questo fenomeno.

Su proposta della dottoressa Margherita Caroli, coordinatrice scientifica di progetti finanziati dall’UE, la SIPPS, in collaborazione con FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) e SIMP (Società Italiana di Medicina Perinatale), ha quindi deciso di approfondire il problema dell’adeguatezza delle diete vegetariane relativamente alla crescita e allo sviluppo neuro-cognitivo dei bambini, nonché dei loro effetti come fattori di esposizione (sia di rischio che di prevenzione) per patologie trasmissibili e non trasmissibili e per i disturbi della condotta alimentare. Spiega la dottoressa Caroli:

Le diete vegetariane pongono un serio rischio di alterato sviluppo cerebrale perché carenti di vitamina B12, DHA e ferro, tutti nutrienti disponibili naturalmente in un’alimentazione inclusiva di prodotti animali, senza bisogno di supplementi. Un’alimentazione sana ed equilibrata, infatti, non ha bisogno di supplementazioni.

È dimostrato scientificamente (nel documento “Consensus Help – Human Early Life Prevention”) che in tutti coloro che seguono una dieta vegetariana, e ancor più vegana, a causa della digeribilità più bassa e di una composizione aminoacidica differente delle proteine di origine vegetale rispetto alle animali, i fabbisogni proteici aumentano del 5-10%.

Neonati di madri vegetariane presentano più bassi livelli di DHA nel plasma e nel cordone ombelicale rispetto ai figli di non-vegetariane. Le donne vegetariane e vegane in gravidanza e in allattamento dovrebbero scegliere alimenti fortificati e utilizzare un integratore di DHA derivato dalle microalghe.

Altri nutrienti critici per le donne vegetariane in allattamento includono la vitamina B12, il calcio, lo zinco, la vitamina D, lo iodio e il ferro. La supplementazione di vitamina B12 attiva è indicata non solo per le donne vegane in allattamento, ma anche per i loro lattanti, poiché le riserve vitaminiche alla nascita sono basse e il latte materno fornisce scarsi quantitativi di vitamina B12.

Il ferro nei cibi vegetali è esclusivamente ferro non-eme, che è sensibile alle situazioni che ne inibiscono o facilitano l’assorbimento, per tale motivo per soddisfare il fabbisogno metabolico, i vegetariani/vegani dovrebbero incrementare l’assunzione di ferro dell’80%.

Le sostanze che inibiscono l’assorbimento del ferro includono: fitati, calcio, polifenoli presenti in tè, caffè, tisane e cacao. La vitamina C e altri acidi organici presenti nella frutta e nella verdura sono in grado di aumentarne l’assorbimento e contrastare l’effetto dei fitati. Come sottolinea la dottoressa Maria Carmen Verga, Segretario Nazionale della SIPPS

Il documento affronta anche altri problemi abbiamo per esempio valutato l’efficacia preventiva delle diete vegetariane sulle malattie non trasmissibili, come il diabete, le malattie cardiovascolari ed i tumori. Per quanto riguarda questi ultimi, le conclusioni sono coerenti con quelle del World Cancer Research Fund: mentre è documentato l’aumentato rischio di sviluppare alcuni tipi di tumore con il consumo di carni rosse, soprattutto lavorate, non c’è alcuna prova sulla necessità di eliminare completamente tutte le carni, il pesce e gli alimenti di origine animale (latticini e uova). I risultati degli studi dimostrano che le diete vegetariane non hanno alcuna efficacia preventiva se confrontate con una dieta bilanciata, associata ad uno stile di vita complessivamente sano.

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